Fu questo fu l’incipit
del lungo racconto che scrissi all’indomani del terremoto del 6 aprile 2009,
una testimonianza raccolta da molte testate della stampa italiana all’estero.
Dieci anni sono passati da allora. Oggi è il giorno del ricordo di quella notte
sconvolgente, quando il terremoto squassò L'Aquila
e 55 altri comuni, sconvolgendo le vite delle popolazioni del cratere sismico.
La città capoluogo d'Abruzzo fu lacerata, paralizzata nei suoi servizi,
mutilata e ferita nel suo straordinario patrimonio d'arte e d'architetture, uno
dei centri storici più preziosi e vasti d’Italia. 309 le vittime. Di loro faremo sempre memoria.
A loro va il nostro raccoglimento, la nostra preghiera muta, rispettosa dei
familiari rimasti con la lacerazione perenne del cuore.
In questo primo decennale molti saranno i bilanci, le analisi, i giudizi. Sulle condizioni dell’Aquila, sullo stato della ricostruzione materiale e sociale, sugli obiettivi raggiunti, su quelli ancora lontani, sui ritardi, sui problemi, sulle criticità. Com’è comprensibile, molte saranno le voci che giudicheranno questi 10 anni, tanti i servizi giornalistici e gli speciali televisivi, le testimonianze, gli approfondimenti scientifici sui terremoti e sulla prevenzione sismica. Le analisi certamente riferiranno sui risultati finora raggiunti nella ricostruzione dell’Aquila e degli altri centri, sulle innovazioni ardite e sulle tecniche d’avanguardia che stanno restituendo una città sicura - caso di studio per molte università italiane e straniere -, tra le più sicure d’Europa. E tra le più belle città d’arte, diventata sin da quel 6 aprile di dieci anni fa città patrimonio del mondo, come universale è il messaggio di pace e di perdono che da otto secoli essa custodisce nel dono della Perdonanza, il primo giubileo della cristianità, e nell’eccezionale magistero di papa Celestino V.
Ma l’attenzione dei media si concentrerà soprattutto sugli
errori, sui ritardi e sulle occasioni mancate nei dieci anni trascorsi dal quel
tragico 6 aprile del 2009. E’ giusto che sia così. Ho grande rispetto e
gratitudine per questa attenzione scrupolosa verso la nostra città. Aiuta a
tenere accesa sempre una luce su ogni aspetto della nostra rinascita. Molte le
analisi già svolte in questi giorni che precedono il 6 aprile, alcune rigorose,
altre meno per il retaggio di consumati stereotipi, sovente lontani dalla
realtà. Mi asterrò, in questa circostanza, da valutazioni e da personali giudizi
nei confronti dei governi che si sono succeduti e delle amministrazioni che hanno
guidato la Regione, gli enti locali e in particolare la Città capoluogo. Ho
avuto l’onore di servire L’Aquila
per quasi un trentennio, nelle funzioni di consigliere, assessore e vicesindaco,
fino al 2007. So quanto peso gravi sulle spalle di ogni amministratore civico
che con serietà e coscienza si mette al servizio della propria comunità.
Figurarsi quale sia la responsabilità e l’immane onere di doverlo fare in
situazioni tragiche ed eccezionali, dopo un terremoto come quello del 2009, i
cui precedenti similari per gravità, nella storia della città che tanti ne ha
subìti, furono quelli del 1703, 1461 e 1349.
Vorrei invece tornare oggi con il pensiero, quantunque nella
tristezza degli eventi di cui facciamo memoria - le cui immagini restano nitide
come fossero di qualche giorno fa -, non solo al ricordo del dolore di quei
giorni tremendi, ma anche dell’affetto immenso che ci circondò. Non possiamo non
rammentare, con profonda gratitudine, l’abnegazione, la solidarietà, l’impegno
straordinario e generoso dei Vigili del
Fuoco e delle decine di migliaia di Volontari giunti da ogni parte
d'Italia, organizzati nelle associazioni che resteranno per sempre nel nostro
cuore (Alpini dell’ANA, Croce Rossa, Protezione Civile delle varie Regioni italiane, Misericordie, Caritas, e tante altre ancora), delle Forze dell'Ordine (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di
Finanza), dell'Esercito. Una
gara di affettuosa premura verso la popolazione dell’Aquila e dei borghi
colpiti dal sisma.
Non potremo mai dimenticare questa che è stata una pagina splendida, l’immagine della più bella Italia, quella del Volontariato e della Solidarietà. Come pure non dimenticheremo mai l'amore e la solidarietà di tutti gli Italiani nel mondo - in particolare degli Abruzzesi e delle loro associazioni -, espresse con innumerevoli gesti di grande valore morale e di significativa generosità. In questi anni, visitando le nostre comunità all’estero nelle Americhe, in Australia, in Africa e in tutta Europa, il mio primo e preminente pensiero è stato sempre quello di ringraziare tutti i nostri connazionali dal profondo del cuore, come semplice cittadino ma anche a nome dell’intera comunità aquilana (quando si è stati amministratori civici lo si rimane moralmente per sempre). Li ho ringraziati per l’affetto, la vicinanza, la tenerezza profonda dei gesti d’aiuto e di solidarietà nei giorni e nei mesi del dopo terremoto. Tantissimi italiani sono venuti a soccorrerci. Un numero impressionante a trovarci nei mesi e negli anni successivi al sisma. Tanti ci hanno poi accolti ed ospitati, per qualche giorno di serenità, dal Trentino alla Sicilia, dal Piemonte alla Puglia, dalla Lombardia alla Sardegna, dal Friuli alla Calabria. Un’Italia premurosa e materna, fortemente unita nei suoi abitanti dalle Alpi fino a Lampedusa. In ogni dove sempre con il cuore aperto, come aperto e generoso è sempre il cuore dell’Italia in occasione delle calamità che ci colpiscono, esaltando in ciascuno il senso della comunità nazionale e della fratellanza tra italiani. Serve ricordare queste fatti, sono davvero educativi per i tempi complicati che stiamo ora vivendo, quando sembrano affermarsi i messaggi più beceri, egoisti e lontani dalla nostra umanità.
Vorrei anche qui ricordare l'attenzione di tanti Paesi del
mondo di fronte alla nostra tragedia, alcuni dei quali ebbero occasione di
verificare direttamente le lacerazioni inferte dal sisma al patrimonio
architettonico e artistico dell’Aquila nel luglio del 2009, quando la città ospitò
i capi di Stato e di governo nelle
riunioni del G8 e G20. Alcuni degli Stati più potenti al
mondo s’impegnarono meritoriamente a restaurare dei monumenti, altri hanno
generosamente contribuito con donazioni a comuni, università e ospedali, per costruire
opere di pubblica utilità o ricostruire importanti emergenze architettoniche.
Qualche Stato non ha dato seguito alla promessa solennemente assunta. Orbene, grazie
alle risorse assicurate dal governo nel 2013 con un impegno pluriennale, i
centri colpiti dal terremoto stanno risorgendo dalle macerie, la ricostruzione
sta andando avanti. L’Aquila tornerà
più bella di prima.
In questi anni difficili la comunità aquilana ha dato un
grande esempio di dignità e di resilienza. Come nei secoli passati, dopo gli
altri terremoti che sconvolsero L’Aquila,
anche questa volta ce la faremo. Nella tragedia è emersa la parte migliore
della nostra gente, l’indole forte e tenace. Ma non possiamo tuttavia nasconderci
che ha messo in luce, in una ridotta minoranza, anche i lati peggiori del
comportamento umano, piccole e grandi miserie morali. C’è pure da registrare
che sul "cantiere più grande d'Europa", come è stato definito, hanno
girato e girano anche altri interessi poco chiari, che tuttavia Magistratura e
reparti dedicati della polizia giudiziaria, con un assiduo efficace e
penetrante controllo, vanno man mano scoprendo, inquisendo i sospettati, rinviando
a giudizio e condannando i responsabili dei reati. Fenomeni contenuti,
tuttavia, rispetto alla dimensione economica della ricostruzione. Non aggiungo
altre considerazioni su questa parte un po’ squallida delle vicende legate alla
gestione dell’emergenza post sismica e alla ricostruzione.
Un
pensiero ancora sento di esprimere sulla ricostruzione morale, sulla rinascita
d’un nuovo senso della comunità degli aquilani. La ricostruzione materiale è in
corso, andrà comunque avanti con tempi più o meno soddisfacenti. Ma la cura che
più ci preme riguarda la ricostruzione morale delle lacerazioni interiori delle
persone, poco o per nulla apparenti, conseguenti al terremoto. Tralasciamo
riferimenti più puntuali a studi scientifici e sociali, che pure in questi anni
sono stati prodotti. Mi sembrano illuminanti al caso alcuni spunti che traggo
dal messaggio per il decennale dell’arcivescovo dell’Aquila, Cardinale Giuseppe Petrocchi, ieri uscito
sulla stampa.
Inizia con queste parole l’intenso messaggio agli aquilani del Cardinale Petrocchi: «Per la decima volta, quest’anno, sentiremo i rintocchi della campana che ricordano i 309 “martiri” del terremoto. Facciamo memoria di tutte le vittime di quella immane tragedia; le stringiamo a noi con un unico abbraccio e, al tempo stesso, le chiamiamo per nome: una ad una. La “notte crocifissa” del sisma ha suscitato lunghi giorni di dolore, ma anche ha acceso la luce di una graduale “risurrezione”, più forte della furia devastante del sisma. Le lacrime versate si sono rivelate feconde, ed hanno generato una abbondante fioritura di fraternità e solidarietà. La ricorrenza – che celebriamo con raccoglimento e volontà di ricostruzione “integrale” – ci obbliga a fare, insieme, una seria revisione. Per questo, non parlerei di “terremoto”, ma di “terremoti”, non solo perché abbiamo avuto nuove repliche telluriche (nel 2016 e 2017), ma anche perché il sisma è un evento complesso e multiforme, difficile da cogliere nella sua distruttiva “globalità”. Quando sono venuto a contatto con gli effetti demolitivi delle scosse, mi sono accorto che, accanto alle macerie “visibili” (materiali), c’erano pure quelle “invisibili” (spirituali); allora ho cominciato a parlare di “terremoto dell’anima”, che costituisce l’altra faccia (quella meno esplorata) della storia del sisma. […]».
Sarà
questo l’impegno più arduo cui dover assolvere, pensando alla parte più fragile
della nostra gente. E ancora l’altro rilevante impegno di pensare anzitutto al
futuro delle nostre giovani generazioni, che nella città ricostruita e nel suo
territorio debbono poter trovar modo d’esprimere il loro talento, in
opportunità di lavoro e di costruzione di nuove famiglie. L’Aquila ricostruita nelle sue case, nei suoi palazzi, nei suoi
monumenti, negli uffici e nelle fabbriche, dovrà riaccogliere la sua gente, che
vi torna a vivere con la speranza di un futuro. Nel
decimo anniversario del sisma, quindi, oltre alla gratitudine per la vicinanza affettuosa
che abbiamo avvertito, vogliamo essere aperti alla speranza di futuro per la
nostra comunità. Certo augurandoci una più sollecita ricostruzione materiale,
che sconta più d’un ritardo specie nella ricostruzione pubblica, ma soprattutto
nella speranza operosa d’una forte ricostruzione sociale e morale della nostra
comunità. Una comunità che deve ritrovare il senso profondo del vivere insieme
con i valori antichi del Bene comune,
quello che nei secoli ha fatto e mantenuto grande L'Aquila. Fraternità sociale, rispetto, impegno civico, etica delle
responsabilità, cultura, creatività, attaccamento alla propria terra, amore per
la propria storia e gratuita dedizione al Bene comune sono i riferimenti per
disegnare il nostro futuro, il futuro dell'Aquila nuova, non solo più bella di
prima, ma anche migliore di prima. Questo ricordo, con il forte senso di
speranza e di futuro, è il modo migliore per
ricordare le 309 vittime del
terremoto dell'Aquila.
Goffredo Palmerini