Paolo Triestino (intervista per Proscenio) e Giovanni Baglioni in “Note
di cioccolato”, scritto e diretto da Paolo Triestino con le musiche di Giovanni
Baglioni. Al Teatro Flaiano di Roma, ultime repliche, stasera alle 21 e domani
alle 17,30. Light Designer: Alessandro Nigro. Scenografie di: Francesco Montanaro.
Un mix tra cioccolata e musica. All’ingresso chiedono se si preferisce il
fondente o quello al latte e a seconda del gusto lo spettatore riceverà un
sacchetto di cioccolato in omaggio. Il pubblico verrà coinvolto in degli
assaggi di cioccolato che lo aiuteranno ad entrare nel racconto. Il momento
magico è lo scarto del sacchetto, il rumore ci riporta indietro nel tempo e ci
fa tornare bambini quando scartavamo i regali di Babbo Natale.
La storia parte dal Dio azteco Quetzalcoad che arrivò sulla terra con in dono
un albero di cacao rubato agli dei. Narra di Trudi Birger che per anni ha
sognato la cioccolata nel campo di concentramento di Stutthof e della Nutella
nascosta anche a noi stessi nei luoghi più impensati.
Paolo, ci hai emozionato
moltissimo con questo spettacolo soprattutto con i tuoi ricordi di infanzia con
i quali inizi lo spettacolo (Rota Greca in Calabria, i sapori, la spremuta di
verde che poi altro non era che l’olio): come nasce l’idea di questo spettacolo?
Mah, l’idea dello spettacolo
nasce dalla mia passione totale per la cioccolata che è un alimento che adoro
da sempre, mi ha veramente sempre affascinato e poi, come hai visto, c’è un
ricordo molto particolare che è la mia infanzia che mi lega a questo dolce
abbraccio che è la cioccolata. Quindi ho sempre voluto raccontarne, volevo
raccontarne le emozioni, le cose che poteva stimolare in noi. Era da un paio di
anni che ci pensavo, poi man mano si sono incastrate un po’ di cose tra cui il
pensiero di coinvolgere Giovanni, un altro grande appassionato di cioccolata,
abbiamo messo insieme le nostre comuni passioni, i nostri ricordi e le mie
suggestioni ed è venuto fuori questo spettacolo, tutto qua.
Era il periodo in cui i fiori
e la frutta crescevano senza la fatica del lavoro, penso che molti siano stati
impressionati da queste parole.
(Ride) Sì, beh ma era un tempo
molto lontano perso nella mitologia degli Dei aztechi, sono racconti, sono
favole. Sai ci sono varie leggende sulla nascita del cacao però mi piaceva
moltissimo questa, soprattutto per la descrizione di una pianta che ha un
frutto pieno sia ricco di semi amari come le sofferenze dell’amore, forti come
il coraggio e rosse come il sangue, lo trovo di una bellezza veramente assoluta
e questo mi ha molto affascinato. Quindi ho pensato, sarebbe stato bello aprire
e chiudere lo spettacolo con questa leggenda, con questo dolce, questa panacea
dei bambini e sollievo degli anziani che ci avvolge tutti in un abbraccio,
percorrendo storie, epoche, emozioni, uomini, donne, campi di concentramento. Solo
per fare alcuni esempi di tutto ciò che ha attraversato il cioccolato.
Ad un certo punto la tua
merenda cambia, passi dal pane con olio e sale, al pane con il cioccolato che ti
ricorda l’abbraccio della mamma e la carta stagnola ti mette allegria.
(La cioccolata era al taglio,
era come un lingotto metà bianco e metà marrone che tagliavi a fette, era una
cioccolata molto morbida e si tagliava ma era grosso come una specie di plum-cake).
Beh, sì io me lo ricordo
perché aprendo questo panino mi trovai con questa cosa che sembrava oro che io
non avevo mai visto. Era bello, poi la tocco e volevo divorarla, era una roba
veramente emozionante, come un abbraccio di mamma, e mi misi a piangere e
capisci perché il cioccolato è entrato nella mia vita. Quindi, ogni volta che
ho bisogno di una coccola parte la cioccolata. Poi negli anni è cambiato il
gusto, una volta per me era molto dolce adesso non riesco a scendere sotto al
90%, ma credo questo faccia parte dell’età, dei bisogni del fisico. Una volta
il mio gusto era completamente diverso, ho virato quasi al 100%.
Come riescono musica e
cioccolato ad arrivare fino all’anima?
Ho scoperto dopo, che ambedue
agiscono sulla stessa zona del cervello che è la zona mi pare dei parabeni
(però potrei dire una stupidaggine) che sta vicino al nostro orecchio destro.
Lì hanno sede i recettori finali dei nervi responsabili del gusto. Musica e
cioccolata sono esaltatrici reciproche del gusto. Praticamente ascoltando la musica
e mangiando cioccolata, apprezzi più sia l’una sia l’altra. Ma questa è una
cosa scientifica, non una psicologica perché ripeto tutte e due, nonostante uno
sia un alimento del corpo ed uno dell’anima, magicamente si fondono e ci
arrivano. Io trovo che entrambe riescano ad evocare dentro di noi cose che
vanno ad accarezzare l’anima che prescindono dal “qui e ora”... Credo che
formino una magia davvero irripetibile.
Oltre al connubio di
cioccolata e musica c’è un bel connubio anche tra te e Giovanni Baglioni, come
nasce?
Guarda, siamo amici da tanti
anni. Io lo ammiro tantissimo come musicista ed avevo avuto sempre un desiderio
di fare uno spettacolo con lui e quando gli ho detto “Giovanni io devo fare
questo spettacolo “Note di
cioccolata”, mi servono le note, vuoi stare con me in quest’avventura?”. Lui ha
detto di sì, sostanzialmente quando ancora il progetto era non informe, di più.
Ci si è buttato dentro con una grande energia, un grande amore e anche lui
condivide la passione per il cioccolato. Lui è fondente arancia. Suona la
chitarra elettrica ma aveva un programma al computer che gli permetteva di fare
un po’ di tutto con questa chitarra, al di là di questo, che è un divertimento
per lui, è un grandissimo concertista.
È la prima volta che lo
portate in scena?
Sì! Andremo avanti fino al 17.
Facciamo solo cinque repliche, è stata una prova, ci siamo divertiti, poi l’anno
prossimo sicuramente riprenderemo. Come hai visto il consenso del
pubblico è ampio, c’è un’atmosfera, dolce, poi questo scartare che sembrava un
ruscello.
Senti ma come mai questo mordi
e fuggi degli spettacoli a teatro?
Dipende, anche perché ormai le
finiture anche nei teatri importanti sono di due settimane, parliamo di due settimane al Quirino, due settimane all’Eliseo a marzo faremo due settimane al
Ghione. Orami è questa la realtà poi se lo spettacolo fa particolarmente bene
lo proroghi ma ormai è così.
Elisabetta Ruffolo