Teatro, il regista Gianfelice Imparato: la sottrazione della recitazione è il mio modo di lavorare. L'intervista di Fattitaliani


Oggi al Brancaccino alle 18,45 ultima replica dello spettacolo “Scarti di Paradiso” con Alessandra D’Ambrosio che ne è anche autrice insieme a Diana dal Monaco. Regia di Gianfelice Imparato, intervistato da Fattitaliani.

La prima volta che ha letto il testo cos’ha pensato?
Era un testo molto interessante anche se poi è stato articolato diversamente da come era. Abbiamo introdotto le varie giornate e abbiamo introdotto la voce dello psicologo. Altrimenti era un monologo articolato in un’unica soluzione.
Eh, sì perché sarebbe diventato noioso e forse pesante per gli argomenti trattati, invece a me è piaciuto molto! È una chicca!
Il testo è interessantissimo. Il mio timore era non tanto il noioso ma per un fatto di forma ma anche di sostanza, bisognava dare vari momenti, altrimenti il monologo in un’unica soluzione risultava essere come sostanza anche poco credibile, come situazione non come contenuto. Ho cercato di dare una possibilità di immergerlo in una realtà, altrimenti era più astratto.
Ha apportato delle modifiche in Privilegio o era come l’aveva descritta l’autore?
No! il testo è rimasto sostanzialmente quello salvo alcune modifiche, alcuni passi che alla lettura rivelavano la loro matrice letteraria. Quando la scrittura vivente a quel teatro deve anche essere modellata in un modo visibile non prettamente letteraria. Deve essere una lingua detta, abbiamo modificato qualche piccola cosa di sintassi ma niente di che, il testo sostanzialmente è quello che hanno scritto loro.
Nelle note di regia ho letto che il bordello ed il manicomio sono due mondi lontani, in che modo lo sono?
Lontani perché anche se dolorosi tutti e due nel bordello c’è la complicazione e la “vita” mentre nel manicomio c’è una sospensione assoluta dalla vita fini ad arrivare alla lobotomia o all’elettroshock.
Di suo che cosa ha messo nella regia?
Ho separato il mondo del manicomio da quello del bordello perché chiaramente stando nel manicomio l’ho reso un po’ lirico con delle proiezioni, bozzetti di figure di quegli anni per rappresentare i frequentatori di bordello e delle meretrici che erano lì. Così quando Privilegio parla del bordello, le immagini rendono chiaro che è un mondo lirico. Ho fatto anche il pannello con quel buco immaginando che fosse il buco dell’armadio da cui Privilegio da ragazzina vedeva le altre donne del bordello lavorare. Ho introdotto la voce dello psicologo, la voce della mamma e poi ho messo la canzone iniziale che dà il titolo allo spettacolo. Mi sono concentrato molto sulla sottrazione della recitazione che è il mio modo di lavorare. Arrivare allo stato emotivo con l’emozione e non attraverso la forma o l’intonazione. Concentrarsi sullo stato emotivo e trasmettere quello.
Penso che sia uno spettacolo a cui si dovrebbero invitare le scuole proprio per far conoscere questo mondo che è molto lontano dai giovani di adesso.
Non lo so, forse l’argomento del manicomio lo accetterebbero ma credo che avrebbero difficoltà ad accettare anche la parte che parla del bordello. A modo suo è una parte dolorosa che parla di un fenomeno sociale che anche se è di sempre, viene descritto in quegli anni com’era.
Dopo Roma, Napoli…
Sì e spero che possa avere vita nella prossima stagione.
Elisabetta Ruffolo

Fattitaliani

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