Mariella Di
Mauro, scrittrice e giornalista, ci parla del suo ultimo romanzo Hotel “Trinacria”. Intervista di
Andrea Giostra.
Ciao Mariella,
benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Sei una scrittrice e una
giornalista. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Mariella nella
sua professione e nella sua passione per l’arte dello scrivere?
Ciao Andrea e grazie per l’attenzione che mi riservi. Io sono di
Acireale, mi sono laureata a 24 anni in Pedagogia e ho cominciato a lavorare
come supplente di lettere nella provincia di Catania. Contemporaneamente ho
iniziato a studiare teologia arrivando al titolo di studio. Ho avuto, sin da
subito, la possibilità di avere un incarico come insegnante di Religione ed ho
accettato e, a tutt’oggi, insegno in un istituto tecnico della mia Acireale.
Scrivo da quindici anni con delle riviste locali, una è Akisregale. Ho iniziato con degli articoli di storia medievale, che
è la mia passione, poi, per un’altra rivista, ho scritto articoli a carattere
culturale che riguardavano, in particolare, le caratteristiche di Acireale. Mi
diletto, anche, a fare delle interviste a personaggi di spicco della mia città
o delle vicinanze. Solo dopo un po’ di tempo mi è venuta la voglia di
raccontare qualcosa, di vissuto o frutto della mia fantasia: ogni storia, però,
deve avere un luogo, quel luogo è sempre la mia amata terra, la Sicilia.
Recentemente hai
pubblicato Hotel “Trinacria”, con un
portale di self publishing. Vuoi raccontare ai nostri lettori come nasce la
storia di cui parli e di cosa tratta? senza ovviamente spoiler?
Le vicende narrate nel romanzo Hotel
“Trinacria” si inseriscono in un contesto storico e culturale ambientato
nella seconda metà del secolo diciannovesimo in un’area geografica compresa tra
le Città di Messina e di Acireale. Matteo, il protagonista del romanzo, giovane
commesso in una gioielleria nella Città dello Stretto, vive una esperienza
personale che lo porta a maturare una introspettiva analisi della visione della
realtà e a prendere consapevolezza e coscienza della propria condizione umana
nei confronti del proprio “io”.
In Italia si pubblicano ogni anno poco meno di 70 mila nuovi titoli, la
media ponderata di vendita di ogni nuovo titolo è di circa 50 copie, mentre chi
legge effettivamente l’opera letteraria acquistata non supera il 10%, il che
vuol dire che delle 50 copia vendute solo 5 copie vengono effettivamente lette
da chi acquista in libreria o nei distributori online. Partendo da questo dato
numerico, che per certi versi fa impressione e ci dice chiaramente che in
Italia non si legge o si legge pochissimo, secondo te cosa si dovrebbe fare per
migliorare questa situazione? Cosa dovrebbero fare gli editori e gli autori per
far aumentare il numero dei lettori e degli appassionati ai racconti e alle
storie da leggere?
Personalmente, credo, che quasi tutti quelli che hanno acquistato i miei
libri li abbiano letti… ne ho avuto il riscontro. Magari quei pochi che ho
regalato non sono stati tutti letti! Per quanto riguarda come migliorare questa
situazione stagnante non credo di potere avere una risposta. Io posso dire che
i miei libri sono abbastanza piccoli e quindi di facile lettura, anche se ci
sono persone, invece, che prediligono storie molto lunghe. Ho una scrittura,
così mi dicono, semplice e accessibile a tutti. Inserisco le mie storie in
contesti belli, noti, storici, e racconto la nostalgia di un’epoca o di momenti
che non ci sono più. Mi documento, naturalmente, quando scrivo. Spesso si
leggono delle cose che rasentano il fantasy,
anche da autori che pubblicano con delle case editrici: mi chiedo se questi leggono
ciò che pubblicano!
Quali sono
secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi
scrive per essere definito un vero scrittore? E perché proprio quelle?
A volte
finisco un libro perché devo o perché mi piace capire fino alla fine, cioè mi stanco
subito. Penso che uno scrittore vero, deve prendere il lettore dall’inizio alla
fine. Questo deve avvenire con molta maestria e con l’arte di chi sa
raccontare, che non è facile.
Gino de
Dominicis, grandissimo genio artistico del secolo scorso, dei critici diceva … «…che
hanno dei complessi di inferiorità rispetto agli artisti. Sono sempre
invidiosi. È una cosa che è sempre successa. C’è poco da fare.» (Intervista
a Canale 5 del 1994-95). Tu cosa ne pensi di questa affermazione? Cosa pensi
dei critici letterari?
Fare il critico è un’arte come fare lo scrittore: ma non è difficile,
penso, essere prevenuti. Succede anche a scuola quando interroghi un alunno
rispetto ad un altro! Complessi di inferiorità, magari, è una parola grossa.
Perché secondo
te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura?
Oggi, sempre più, ci si sente protagonisti in questo mondo, lo vediamo
dal successo che hanno avuto ed hanno i social.
La gente comune ha una finestra nel mondo e comunica, bene o male ma racconta
agli altri come interpreta la vita. Lo scrittore, allo stesso modo, racconta al
mondo la vita di altri e cerca di suscitare nei lettori i sentimenti di questi
personaggi.
Charles
Bukowski a proposito dell’Arte diceva… «A cosa serve l’Arte se non ad
aiutare gli uomini a vivere?» (Intervista a Michael Perkins, Charles
Bukowski: the Angry Poet, “In New York”, New York, vol 1, n. 17, 1967, pp.
15-18). A cosa serve l’Arte della scrittura, della narrazione, del raccontare,
dello scrivere, secondo te?
Chi sa scrivere regala un sogno a chi non lo sa fare o lo porta ad
esplorare luoghi, anche figurati, impensati.
Sempre Charles Bukowski, a proposito
dei corsi di scrittura diceva … «Per
quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari. Per lo
più sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e … emerge sempre un
leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba tra loro e di
solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro,
perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte
e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto
tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J. Robson and
Josette Bryson, Looking for the Giants:
An Interview with charles Bukowski, “Southern California Literary Scene”,
Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di
scrittura assai alla moda in questi anni? Pensi che servano davvero per
imparare a scrivere?
Io non ho mai
partecipato non solo perché sono un’insegnante di lettere ma perché ho trovato
semplice, con il mio stile, scrivere. Penso, però, che se uno ha fatto percorsi
diversi sia interessante ed utile parteciparvi. Spesso, questi corsi, aiutano a
soffermarsi su particolari o aspetti della quotidianità che, magari, da soli non
si riesce a vedere, infatti si chiamano corsi di scrittura creativa. Penso che possano
essere importanti per tutti e soprattutto per i giovanissimi che normalmente
non sognano, visto che la società serve loro tutto pronto su di un vassoio. Io
nella mia vita per due volte ho fatto un corso di pittura. Quando li frequentavo,
e per molto tempo dopo, la mia vita cambiava. Al corso ti insegnano, oltre che
alla prospettiva, a capire da dove arriva la luce. Ecco questo, per magia, ti fa
vedere il mondo diverso. Di colpo guardi le nuvole, il loro colore e di come
esse si specchino sulle acque del mare, cambiandole. O di come gli alberi o le
case cambiano a seconda se il sole sta sorgendo o tramontando. Allo stesso modo
se chi gestisce il corso di scrittura è bravo insegnerà le emozioni e i
sentimenti a chi si appresta a scrivere.
Quali sono i
tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti? A cosa stai lavorando e
dove potranno seguirti i tuoi lettori e i tuoi fan?
Intanto devo
portare avanti questa nuova creatura, Hotel
“Trinacria”, cosa non facile, non so se piacerà. Recentemente ho creato un
mio blog per raccontarmi, anche se non amo troppo parlare di me, postare i miei
articoli, i miei racconti, le cose o i pensieri che mi piacciono. Poi
continuerò la mia attività di giornalista che tanto mi dà da fare. Mi
piacerebbe molto raccontare una vicenda durante la festa di Sant’Agata, ci sto
pensando, oppure una storia durante la Seconda guerra mondiale. Vediamo.
Un’ultima
domanda Mariella. Immaginiamo che tu sia stata inviata in una scuola media
superiore a tenere una conferenza sulla scrittura e sulla narrativa in
generale, alla quale partecipano centinaia di alunni. Lo scopo è quello di
interessare e intrigare quegli adolescenti all’arte dello scrivere e alla
lettura. Cosa diresti loro per appassionarli a quest’arte e catturare la loro
attenzione? E quali le tre cose più importanti che secondo te andrebbero dette
ai ragazzi di oggi sulla lettura e sulla scrittura?
Ai ragazzi direi e dico, tutti i giorni, che per scrivere si deve conoscere
bene e fare esperienza. Che ogni cosa deve essere ponderata e accertata e poi,
per scrivere bene, si devono chiudere gli occhi ed immaginare. “Immaginate di
trovarvi in un bosco. È mattina o sera? Sono alberi alti o bassi? Vi sentite a
vostro agio o avete paura? Immaginate di stendervi a terra, cosa sentite? Avete
freddo? Quali sono i rumori che avvertite? Sentite dei passi? ...”
Mariella Di Mauro
@marielladimauro
Andrea Giostra
https://andreagiostrafilm.blogspot.it