di Laura Gorini - Crea qualcosa che
sia unico e abbi il coraggio di esprimere te stesso all’interno
della società in cui vivi. L’importante è restare fedeli a se
stessi e cogliere le occasioni.
Zhang Changxiao, in arte
Sean White, è conosciuto come il “Marco Polo della musica
italiana”, nel 2012 si trasferisce in Italia per studiare
Ingegneria robotica al Politecnico di Lecco, lasciando gli studi poco
dopo per dedicarsi alla passione per la musica italiana e d’autore.
Dopo essere stato colpito dalla musica di Fabrizio De André, decide
di farsi portavoce e promotore della musica italiana in Cina dove
diventa il massimo esperto cinese di cantautori italiani e lavora per
promuovere l’incontro culturale tra l’Italia e la Cina, ricevendo
numerosi riconoscimenti tra cui il “Premio Nazionale G. Falcone e
P. Borsellino” (2016) e “Figura Culturale Dell’Anno” nella IV
edizione del “Personaggio dell’Anno di Jinan” (2017). Con la
sua agenzia di comunicazione LongMorning, fondata insieme al
collaboratore Mao Xuanxuan (leader della band cinese Walking Ears),
organizza concerti in Cina per artisti italiani ed internazionali
come Eugenio Finardi, Giovanni Allevi, Stewart Copeland. Si occupa
inoltre del copyright della musica italiana in territorio cinese, in
modo che possa essere ascoltata su piattaforme di streaming musicale.
Lo scorso novembre, Sean ha organizzato il Mandorla Music Festival,
la prima rassegna musicale che celebra il sodalizio tra la cultura
cinese e la cultura italiana. All’evento hanno partecipato Enrico
Ruggeri e Renato Caruso.
Lo abbiamo incontrato
negli scorsi giorni in occasione della “China Week Milano”.
Sean, che cosa ti ha
spinto a venire in Italia e che cosa ti ha indotto ad avvicinarti
alla cultura italiana e in particolare alla musica?
Sono arrivato in Italia
per studiare ingegneria meccanica ma dopo il mio incontro con la
musica d’autore italiana ho abbandonato gli studi di meccanica e ho
iniziato ad occuparmi di scambi culturali tra Cina e Italia. Quando
ero uno studente di ingegneria mi trovavo spesso a saltare le
lezioni, senza riuscire ad appassionarmi allo studio della meccanica.
Un giorno passeggiavo lungo il lago di Lecco e sono stato attirato
all’interno di un negozio di audiovisivi da quella che avrei
scoperto essere “Nella mia ora di libertà di Faber”. Nonostante
non riuscissi a capire il senso delle parole ho subito avvertito che
il mio futuro sarebbe stato in qualche modo legato a quella musica.
Sono corso in una libreria del centro per cercare pubblicazioni in
inglese su de André. Ho trovato una sua biografia scritta da Walter
Pistarini, in fondo alla quale era indicato un indirizzo di posta
elettronica. Ho scritto sperando di ottenere qualche informazione in
inglese ma il pomeriggio stesso ho ricevuto risposta da Walter in
persona, stupito che io fossi il primo cinese in vent’anni a
chiedergli di Fabrizio de André. Mi ha proposto di incontrarci per
un caffè e, con nostra grande sorpresa, ci siamo resi conto di
vivere entrambi a Lecco. Dopo quel primo incontro siamo diventati
amici. Walter mi è stato di grande aiuto, più tardi mi ha permesso
di incontrare le persone più vicine a Faber, la moglie Dori Ghezzi e
l’amico Carlo Facchini. È stato sempre Walter a farmi conoscere
Francesco Baccini (anche lui sorprendentemente di Lecco), che è
diventato per me un amico e una guida. Lavorare insieme mi ha aperto
grandi possibilità, abbiamo organizzato il suo tour in Cina e grazie
a lui ho anche avviato la mia carriera musicale.
Oggi si dice che i
grandi cantautori di una volta, non esistano più. È davvero così
secondo te?
Sono essenzialmente
d’accordo. L’era dei grandi cantautori è passata. Gli artisti di
oggi appartengono a quest’epoca, tanti lavorano con impegno e
passione ma è molto più difficile distinguersi dalla massa. Vi è
anche da aggiungere che gli stessi standard e gli stessi modi per
definire ‘grande’ un musicista non sono più gli stessi di un
tempo.
Credi che Internet e
l'elettronica possano in qualche maniera aver tolto un po' di poesia
alla musica?
Non credo che sia stato
necessariamente perso qualcosa. Penso che Internet abbia trasformato
il modo con cui si fa esperienza della musica ma non il modo con cui
gli artisti esprimono se stessi.
A proposito, che cosa
ne pensi della poesia? Credi che si riesca ancora a farla in Italia?
Apprezzo molto la poesia
per il suo linguaggio essenziale e diretto. Mi piacerebbe
approfondire lo scambio tra Cina e Italia anche in questo campo e
sono certo che presto sarà possibile.
Credi che un bravo
musicista debba essere in qualche modo anche un bravo poeta?
Un buon musicista non deve
necessariamente essere anche un buon poeta. Si tratta di due
differenti modi di espressione.
Ma soprattutto come si
può vivere della propria arte oggi?
Crea qualcosa che sia
unico e abbi il coraggio di esprimere te stesso all’interno della
società in cui vivi. L’importante è restare fedeli a se stessi e
cogliere le occasioni.