Per me il primo confronto
con l'opera è stato il canto di mia madre; quando non ero ancora
nato lei cantava, a livello amatoriale, nelle operette di Franz Lehár
e simili; io sento che la musica e il canto per me sono nel corpo,
perché ho sentito come funziona il corpo quando canta: e dunque la
voce umana, la voce classica, la voce della madre, della «divina»,
della «diva» è una cosa che esiste già da prima della mia
nascita.
Il Trovatore, 2012 |
Qual è,
ripensando ai lavori che hai curato in passato, la scintilla di una
nuova produzione?
È sempre una combinazione di
diversi parametri; può essere un'idea, un
personal touch: io
amo per esempio un'opera come Louise,
di Charpentier, che a un certo momento vorrei anche fare perché è
un'opera naturalista francese che funziona sulla scena.
Ma questa è
una scelta personale, come Rusalka:
per me era importante fare Rusalka,
perché era un'opera che non era stata fatta per molto tempo (adesso
è molto popolare); ma ci sono anche cose che io voglio fare per un
cantante, per un regista, per un direttore d'orchestra; per esempio
adesso che c'è a La Monnaie un direttore del livello di Altinoglu
devo pensare anche alle grandi opere sinfoniche; non posso con lui
fare solo un ciclo donizettiano: lui vuol fare Falstaff,
Otello,
Tristano!
C'è un altro parametro: ci sono cantanti che mi portano a dire: «noi
dobbiamo fare un'avventura insieme, perché tu adesso sei in questo
repertorio, vai in questa direzione»;
ci sono registi che mi ispirano in certe direzioni, come per esempio
a pensare al Saint
François d'Assise
con Romeo Castellucci; perché lui per me è come san Francesco, un
uomo che ti immette in un altro mondo, che ti fa scoprire le cose
dell'anima, come faceva Francesco e come Messiaen che ha scritto
questa musica e vi vedeva dei colori; credo che anche Romeo abbia
questo talento sensoriale per mostrare un mondo completamente
diverso, pieno di colori che noi non conosciamo. Non è che io dico:
«voglio fare
tutte le opere di Verdi!».
Questa non è per me una linea programmatica; questo per me non
funziona mai, perché non c'è una vera ispirazione!
L'ispirazione
deve venire dalla relazione con la realtà, come quando abbiamo
realizzato De
la maison des morts - che
tradotto correttamente è Dalla
casa morta,
non Dalla casa
dei morti:
differenza importante perché ci permette di non vedere più questo
titolo come qualcosa di nero: in una prigione c'è molta più
speranza che nel mondo reale! Oggi quando parli con la gente senti
che non c'è più speranza, non c'è hope.
In questa opera c'è ancora quella sparkle
of hope,
perché una persona incarcerata per ragioni politiche viene liberata
un anno dopo, a voler dire che c'è una speranza. Per me una
programmazione deve sempre parlare delle cose veramente importanti.
Per me è fondamentale dare al pubblico questa sensazione che
parliamo della beltà, dell'armonia, della catarsi, di tutte quelle
cose che se sono positive e che danno speranza e di allargare questa
questa esperienza in qualcosa di molto più partecipativo. Il
nostro lavoro di sovrintendenti comincia nella nostra testa, in un
bilanciare parametri come per esempio nella scelta di fare un
Fidelio
che tradizionalmente non si fa - perché non è un'opera facile, è
oratoria, è utopica, direi che è malscritta - ma che parla di una
cosa tanto importante: la libertà, la fedeltà fino alla fine ad una
visione come fa Léonore; queste sono cose importanti per motivare la
gente che ha perso la speranza.
Rusalka, 2008 |
Au monde, 2014 (world premiere) |
Lulu, 2013 |
Per
me lo specifico dell'opera è la comunità; quando sei in un museo e
ti confronti con un quadro o con una scultura sei in un confronto uno
a uno; al cinema c'è una registrazione - le emozioni possono essere
tanto forti ma c'è una pellicola; nel teatro invece si deve fare
parte di una comunità: si entra con la propria storia personale ma
ci si deve adattare alla storia degli altri che sono con te, perché
anche loro hanno una reazione a quello che accade sulla scena; e la
differenza fra il teatro e l'opera è che nell'opera abbiamo fin
dall'inizio il principio dell'armonia: abbiamo una partitura e la
dobbiamo realizzare ma ogni giorno, ogni spettacolo è un'altra
partitura perché gli interpreti, cioè il pubblico che fa la
comunità, è sempre diverso: questo per me è essenziale oggi:
abbiamo perso la nozione della comunità, che oggi non esiste più.
Orfeo & Majnun, 2018 |
Io continuo a credere in una
società armoniosa. La politica e il mondo economico sono basati sul
conflitto, un conflitto fra interessi, un conflitto fra ideologie. La
cultura e l'arte sono basate sul principio dell'armonia, sul
confronto con la bellezza, sul confronto con la verità. Questi sono
mondi totalmente diversi e per me è importante che una società si
basi su una educazione sociale. In Italia nelle città medioevali come
Bevagna, in Umbria, in una piccola piazza c'è la chiesa, l'autorità
giuridica, l'autorità civile, il museo e il teatro. Tutto
nella stessa piazza! Questo crea mens sana in corpore sano,
perché c'è l'equilibrio, un equilibrio che esisteva e che oggi non
esiste più perché la base sociale è puramente liberale ed
economica. La regola oggi è di avere come prima cosa un progetto
economico. No! Alla base dobbiamo avere un progetto umano, poi
costruiamo insieme un progetto economico, come facevano i greci con
le loro discussioni sulla democrazia; il loro era veramente un lavoro
sulla democrazia, su come vivere insieme; questo qui dove siamo è
molto importate perché Bruxelles è la capitale dell'Europa, ed è
anche la frontiera - molto visibile - fra un mondo latino e un mondo
anglosassone, germanico, scandinavo molto più razionale, molto più
organizzato. E si deve sempre trovare questa armonia, questo
bilanciamento tra l'estetica, legata piuttosto al mondo latino, e il
cerebrale, che è piuttosto del mondo del Nord.
Fare un lavoro
come il mio qui a Bruxelles è facile perché non c'è uno stile
unico da rispettare ma ci sono diversi possibili stili e per me è
importante trovare, non solamente nel progetto artistico ma anche
nell'organizzazione, un bilanciamento entro i due mondi; quando sono
arrivato a Bruxelles ho trovato un teatro latino, molto
sindacalizzato, tutto era un po' come Marsiglia; una mentalità
gerarchica, col sovrintendente in cima: se lui non si muove nessuno
si muove! Adesso abbiamo lavorato e stiamo ancora lavorando su una
situazione di responsabilizzazione a ogni livello, molto più
democratico ma anche molto più difficile perché non è solo una
persona che deve muoversi ma è tutta l'organizzazione che deve
andare. E questo è un problema non solo di organizzazione ma anche di
visione. Per Bruxelles la visione è facile: io voglio mostrare tutte
le cose che sono in Europa, perché l'opera è un'arte europea; io mi
limito un po' alla storia europea, che è una storia molto più larga
dell'Europa di oggi. Non è una storia africana, non è una storia
americana, non è storia dell'Oriente: l'opera è veramente una forma
europea, da difendere! Quando vogliamo ritornare a una cosa che sia
la base culturale del nostro mondo europeo, l'abbiamo trovato! La
base non è economica, non è politica; l'Europa economica non
funziona, mentre l'Europa culturale senza dubbio funziona. Quando
vediamo l'opera al Bolshoj oppure a Madrid, parliamo la stessa
lingua, veramente la stessa lingua!
Per me per Bruxelles è molto
importante invitare the people of change: come per esempio
Castellucci per l'Italia, per conoscere la sua visione sul teatro,
sulla letteratura; la stessa cosa per la Russia, lì per me è
Chernakov che ha una visione «visionaria»; o Krzysztof Warlikowski
per la Polonia; o un incredibile Stefan Herheim per la Norvegia. Per
la Francia è più difficile: lì Olivier Py è considerato il più
moderno ma ci sono tanti più moderni di lui! I francesi hanno una
relazione col teatro molto difficile, perché loro partono dalla
Comèdie Francaise; o con Ivo van Hove nelle Fiandre
parliamo di un teatro di oggi, molto contemporaneo, perché facciamo
il teatro con gente di oggi, non facciamo l'opera con cantanti del
tempo di Mozart. È chiaro che nel teatro sono sempre due tempi: la
storia e l'oggi. Nell'opera i tempi sono sempre tre, perché non solo
la storia ma anche la musica è di un'altra epoca.
Le grand macabre, 2009 |
Le grand macabre, 2009 |
La scelta drammaturgica
«come facciamo questo pezzo di teatro» è facile per me,
perché non possiamo fare per esempio La clemenza di Tito in toga
romana, non possiamo farla in costumi dell'Ottocento ma dobbiamo
farla in un tempo «senza tempo», perché il messaggio di
Mozart è per ogni tempo. Il conflitto e l'empatia dell'imperatore,
della persona di potere, è un tema di oggi.
È quello che vediamo
ogni giorno con Trump, con Putin, con tutti i grandi di oggi; non
veramente grandi, diciamo meglio con tutti gli importanti di oggi;
loro non pensano mai all'empatia, loro pensano solamente al potere,
perché è la base che non è giusta: la base è il potere, non è
una base umanistica: se la base fosse umanistica il vero leader, il
vero dirigente sarebbe un uomo empatico; non si può essere leader
senza avere empatia per le persone, che sono la ragione del suo
esistere!
Les Huguenots, 2011 |
Nelle ultime opere
viste a La Monnaie, penso a L’Homme de la Mancha e a Die
Zauberflöte: abbiamo visto elementi della realtà entrare
potentemente nell'opera ….
Sì,
per me è essenziale avere la connessione con la realtà, perchè
noi entriamo nel teatro e siamo parti
della realtà. Questa esperienza deve far parte di una esperienza di
realtà, per diventare migliori, per apprendere qualcosa sulla vita
e tutte le grandi opere, tutte le grandi esperienze dell'opera
parlano in modo emozionale della nostra umanità, della nostra
anima.
Dopo la comunità e
l'armonia voglio parlare di partecipazione. Il teatro si fa nella
testa dello spettatore. Non si fa solamente nella scena del teatro: è
una cosa che ho appreso ai tempi dell'università, una cosa che mi ha
formato; la mia reazione e la mia partecipazione come pubblico sono
molto importanti: dalla
scena l'attore vede i visi e se la gente è distratta non può comunicare, è sbilanciato, non sa come reagire: lui cerca sempre la
connessione con lo spettatore: quando non c'è la tua reazione come
spettatore, non c'è uno spettacolo! La partecipazione è essenziale.
Il futuro è un'opera dove lo spettatore è sempre più partecipante
e attore. È sempre stato così ma la nostra azione
deve essere orientata a questo, non ad una ripetizione delle cose che
abbiamo già visto; dobbiamo offrire esperienze sempre nuove, perché
il pubblico cambia, gli artisti cambiano: il repertorio non cambia ma
il contesto cambia sempre. Per me questo è il futuro.
Peter de Caluwe read literature and theater at the universities of Ghent, Brussels and Antwerp. He obtained his masters’ degree with a thesis on opera mise-en-scène.
Still a student, Gerard Mortier invited him to the Théâtre de la Monnaie in Brussels where he subsequently worked as dramaturge, coordinator of educational projects, international press-manager and public-relations officer.
In 1989, Pierre Audi and Truze Lodder asked him to become part of the new opera management at Netherlands’ Opera in Amsterdam. He started with the company as director of communications. From 1994, he switched to the position of casting director, and subsequently became Director of Artistic Administration of the company.
In 2005 Peter de Caluwe was appointed General and Artistic Director of the Théâtre Royal de la Monnaie, the National Opera of Belgium in Brussels where he has now been offered his third mandate for the period 2019 – 2025.
2011 was a year of important recognition for his team at La Monnaie: after having obtained twice the honour for Best Production of the Year in 2010 and 2011, La Monnaie was crowned Opernhaus des Jahres by the assembled critics of Opernwelt. He was elected Manager of the Year 2012 by the Flemish Association for Management and Public Policy and received the title of Leader of the Year for his work in lobbying for the cultural sector in 2014.
Peter de Caluwe is the first recipient of the Master Honoris Causa from the Brussels University College of Art. He has also been awarded the Order of Leopold (B) and the title of Commander in the Crown Order (B), the Order of Merit of the Republic of Poland and is equally Chevalier des Arts et des Lettres (FR).
From 2011 till 2014, Peter de Caluwe was President of Opera Europa, the leading service organisation for professional opera companies and opera festivals throughout Europe which currently serves 200 member companies from over 40 different countries.
Still a student, Gerard Mortier invited him to the Théâtre de la Monnaie in Brussels where he subsequently worked as dramaturge, coordinator of educational projects, international press-manager and public-relations officer.
In 1989, Pierre Audi and Truze Lodder asked him to become part of the new opera management at Netherlands’ Opera in Amsterdam. He started with the company as director of communications. From 1994, he switched to the position of casting director, and subsequently became Director of Artistic Administration of the company.
In 2005 Peter de Caluwe was appointed General and Artistic Director of the Théâtre Royal de la Monnaie, the National Opera of Belgium in Brussels where he has now been offered his third mandate for the period 2019 – 2025.
2011 was a year of important recognition for his team at La Monnaie: after having obtained twice the honour for Best Production of the Year in 2010 and 2011, La Monnaie was crowned Opernhaus des Jahres by the assembled critics of Opernwelt. He was elected Manager of the Year 2012 by the Flemish Association for Management and Public Policy and received the title of Leader of the Year for his work in lobbying for the cultural sector in 2014.
Peter de Caluwe is the first recipient of the Master Honoris Causa from the Brussels University College of Art. He has also been awarded the Order of Leopold (B) and the title of Commander in the Crown Order (B), the Order of Merit of the Republic of Poland and is equally Chevalier des Arts et des Lettres (FR).
From 2011 till 2014, Peter de Caluwe was President of Opera Europa, the leading service organisation for professional opera companies and opera festivals throughout Europe which currently serves 200 member companies from over 40 different countries.
Il ritratto di Peter de Caluwe è tratto da una foto di Mireille Roobaert (©)