Silvia Romani a Fattitaliani: lo Yoga mi aiuta a stare bene e mi avvicina di più agli altri. L'intervista


di Laura Gorini - Silvia Romani inizia a praticare Yoga a Milano con Beatrice Calcagno prima e Maurizio Morelli poi. Il suo percorso la porta a viaggiare e a praticare con diversi insegnanti in campo internazionale come Shana Meyerson, Meghan Currie, Elena Brower, Kathryn Budig e Donna Farhi. Viaggia in India per praticare e per studiare la filosofia indiana, sua passione. Nel 2003 apre alle porte di Milano il CentrOlistico con il marito, Max Gandossi, dove insieme tengono corsi di vari stili di Yoga e formano insegnanti. 
Nel 2014 Silvia decide di organizzare in modo sistematico la propria pratica creando Shiva Flow, un metodo che, partendo dal racconto del mito, conduce per mano il praticante, asana per asana, al picco della sequenza. Ecco che cosa ci ha raccontato della sua persona...

Silvia, quando e come ti sei avvicinata al mondo dello Yoga?
Ho cominciato a praticare abbastanza “tardi”, avevo 30 anni e una colite ormai cronica che mi faceva soffrire parecchio. Quando sono andata a vivere con Max ho cambiato casa e quindi dottore. Poiché col precedente, nonostante numerosi esami, non ero venuta a capo di nulla, ho provato con la nuova dottoressa. Mi ha detto che non mi avrebbe fatto fare nessun esame finché non avessi provato a praticare Yoga per un mesetto. “Torna se dopo il mese di pratica se starai ancora male”. Non l’ho più vista.
Come hai scoperto in particolare questa passione?
Praticando, giorno dopo giorno, da pratica che mi faceva stare bene è diventata una pratica che mi aiutava, e mi aiuta ancora oggi, a conoscermi, a conoscere e osservare i miei meccanismi, le mie reazioni, il mio modo di vivere le cose e di essere. E mi avvicina di più agli altri.
Da quando pratichi quest’arte, quali benefici ti sembra di percepire rispetto a prima quando non ne eri praticante?
Sono sicuramente più serena, tranquilla e meno agitata. Riesco ad addormentarmi subito, mentre prima passavo a rigirarmi nel letto almeno un’ora, in preda ai miei pensieri e alle preoccupazioni. Sto molto meglio col mio corpo, non ho più il mal di schiena e di testa che prima avevo spessissimo.
Che ricordi hai in particolare dei tuoi viaggi in giro per il mondo correlati appunto alla partecipazione a seminari sullo Yoga?
Sono tutti ricordi bellissimi. Avendo 3 figli, Max e io non possiamo viaggiare e assentarci troppo a lungo insieme, per cui facciamo i turni. Di solito io viaggio con le mie amiche e i miei amici e compagne/i di pratica e mi piace condividere queste esperienze. Siamo stati in India, a Edimburgo, Londra, Colonia, Francoforte, Lisbona. Abbiamo passato alcuni momenti di vera felicità, di risate con le lacrime agli occhi e altri di crisi e di crescita. Ogni viaggio è legato a qualcosa che abbiamo guadagnato come persone e come compagni di viaggio e anche il seminario più deludente ci ha lasciato comunque qualcosa di positivo. Per questo cerco sempre di scrivere una sorta di diario di viaggio sul nostro blog/sito ogni volta che mi muovo per qualche seminario; mi aiuta a metabolizzare quello che accade e nello stesso tempo mi permette di portarmi dietro i ricordi. Dell’India ricordo le corse in tuk tuk in 7, di Edimburgo la bellezza crepuscolare e un po’ malinconica della città e la tranquilla che mi infonde ogni volta che ci vado, di Londra il buonumore che mi infondono le luci del centro, di Colonia il posto dove siamo andate per 3 giorni di fila a mangiare il Ramen e la faccia del ragazzo che ci aveva preso per delle stalker, di Francoforte le risate scomposte e di Lisbona (unico viaggio dove è venuto anche Max con noi, ndr) lo stupore per la bellezza luminosa e gioiosa di questa città. Credo che ad ogni luogo io abbia legato dei ricordi modificati dalla pratica che abbiamo seguito. Il panorama interiore cambia tanto quello esteriore.
Del viaggio in India, patria dello yoga, in particolare?
In India sono andata due volte. E’ un posto incredibile, l’ho adorata in entrambe le situazioni e mi sono sentita a casa, nonostante sia lontana anni luce dal mondo occidentale. Anzi probabilmente proprio per quello. Forse è il posto nel quale sono cambiata maggiormente. Ho adorato visitare i templi, dove ho potuto vedere incise sulla pietra le storie che leggo e studio avidamente sui libri. Un giorno siamo capitati su un set dove stavano girando un film di Bollywood. Normalmente non si possono fare fotografie e riprese nei templi, ma quel giorno avevano spostato la statua della divinità alla quale il tempio era dedicato per poter girare il film, con i suoi balletti. E’ stato incredibile. Di colpo ci siamo ritrovati in mezzo a musiche, colori e profumi “esagerati”. Abbiamo raggiunto il paradosso quando gli attori, molto famosi in India a detta del nostro maestro che ci accompagnava, ci hanno chiesto di fare un selfie insieme da mettere sulla loro pagina di Facebook. Ci siamo ritrovati star per qualche minuto.
In che modo hai conosciuto tuo marito, e come siete riusciti a dar vita nel lontano 2003 alla realizzazione del vostro centro olistico?
L’ho conosciuto quando sono andata a lavorare all’allora Omnitel. Ci occupavamo entrambi di marketing. Dopo un paio di anni ce ne siamo andati grazie a una ristrutturazione nella quale dovevano tagliare del personale. Ci siamo subito offerti e ce ne siamo andati. La vita in ufficio non faceva proprio per noi.
Che genere di persone lo frequentano solitamente?
Persone un po’ di tutti i tipi, in cerca di un’oretta di pace e tranquillità, lontano dagli affanni quotidiani. Amo vedere come persone che al di fuori del CentrOlistico non avrebbero occasione neanche di conoscersi, comincino a interagire e, a volte, addirittura a frequentarsi anche al di fuori. Nonostante le apparenti diversità, dentro, nel profondo, c’è qualcosa che ci accomuna tutti quanti.
Che tipo di formazione diversa ha un futuro insegnante di yoga rispetto ad un/una semplice praticante?
Più che di formazione diversa parlerei di attitudine diversa. Ci sono persone che iniziano a praticare e da subito ti rendi conto che in futuro potranno insegnare. In loro ci sono una curiosità e un’attenzione al particolare che non tutti hanno. Nella nostra formazione cerchiamo di accettare persone di questo tipo, che praticano anche a casa, da soli, senza aspettare la lezione della settimana. In questo modo, al corso, possiamo focalizzare la nostra attenzione sulla figura professionale dell’insegnante, lavorando sulla sua posizione e sul suo atteggiamento nei confronti dei praticanti.
Ce ne sono molti al giorno d’oggi?
Di corsi di formazione? Sì, per fortuna. Di persone curiose? Sì, ma non sono mai abbastanza
Per uno che si avvicina oggigiorno al mondo dello yoga con la passione necessaria per farne un insegnate, è possibile poi che riesca a farne la sua reale professione o è più facile che rimanga una semplice passione?
Credo che dipenda dalla determinazione che ci si mette, un po’ come in tutte le cose. Diventare insegnante non è una cosa impossibile, ci vuole dedizione, il resto arriva.
E per concludere parlaci un po’ a ruota libera dello Shiva Flow...
Shiva Flow è nato da un’esigenza, o meglio una curiosità, che mi è nata quasi subito, quando ho iniziato a praticare. A lezione sentivo i nomi delle posizioni, in italiano o in sanscrito, e mi sembravano evocativi di quello che stavo facendo col corpo. Purtroppo allora di corsi di Yoga ce n’erano pochi a Milano e tutti molto incentrati sulla pratica degli asana e sulla necessità di stare bene, ma di filosofia c’era ben poco. Così ho cominciato a cercare notizie e libri. All’inizio trovavo solo libri in inglese, ora, un po’ alla volta, grazie alla maggior diffusione dello Yoga, anche in Italia si trova tanto materiale, non solo accademico, un po’ più alla portata di tutti.
Dalle letture e dagli studi è nato così questo stile nel quale racconto, attraverso il corpo e la pratica fisica, il mito che si nasconde dietro al picco (ossia il punto verso il quale tutta la pratica tende). Così, per esempio, nel Flow dedicato a Virabhadra, racconto la storia d’amore di Shiva e Sati, della morte di Sati e della conseguente nascita del guerriero, VIrabhadra, creato da Shiva per vendicarla.
Per maggiori informazioni:


Fattitaliani

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