Il Maestro Athos Faccincani a Fattitaliani: l'arte è un viaggio introspettivo profondo terapico. L'intervista

di Ester M. Campese - Athos Faccincani maestro d’arte ed artista contemporaneo nasce a Peschiera del Garda. Fin da giovane si appassiona all’arte visiva attraverso il disegno e la pittura, ma senza l’appoggio della famiglia, facendolo quindi spesso di nascosto.

Le sue opere del periodo giovanile sono accostabili alla corrente espressionista e trasferiscono la sofferenza di personaggi in cui egli stesso si cala, frequentando carceri e centri psichiatrici, cottolenghi, per “entrare” nella sofferenza di ciò che desiderava rappresentare sulle sue tele. Anche i toni e le nuances utilizzate sono cupe, tipiche dell’espressionismo a sottolineare l’atmosfera angosciosa. In questo periodo, a seguito di una mostra personale commissionatagli e realizzata sul tema della resistenza, negli anni 70, a soli 29 anni, riceve il “Cavalierato della Repubblica”, conferitagli dall’allora Presidente Pertini con la medaglia d’oro.
Dopo un periodo di crisi lascia la pittura per riprenderla successivamente, dopo un anno, con uno stile totalmente rinnovato, partendo da una “casetta rosa” del Salento. Nasce in questo periodo la sua predilezione nell’esprimersi con gioia attraverso la paesaggistica che rende giustizia e narra della bellezza delle coste mediterranee che lui realizza con decise pennellate e colori luminosi e solari.
Ecco dunque che ritroviamo nelle sue opere i luoghi a lui cari come le isole Greche di Mykonos e Santorini, ma anche luoghi Italiani come Portofino e Positano che tratteggia magistralmente attraverso l’uso di colori vividi e brillanti.
Mostre e successi internazionali si susseguono, con esposizioni nel mondo, oltre che ovviamente in Italia, tra cui rammentiamo New York, Chicago, Los Angeles, Parigi, Londra, Vienna, Madrid, Zurigo Monterarlo.
Athos Faccincani è senza dubbio un pittore contemporaneo amato, i suoi quadri si trovano in Musei in tutto il mondo ed in molte case di grandi collezionisti e molte celebrità di Hollywood posseggono le sue opere.
Ringrazio di cuore il Maestro Athos Faccincani per essere qui con noi oggi e per aver accettato di dedicarci il suo tempo per questa intervista.
Benvenuto caro Athos e ti pongo subito la prima domanda, abbiamo detto che gli “esordi” sono stati quasi in clandestinità, periodo in cui però hai frequentato gli studi di alcuni grandi artisti quali Guidi, Seibezzi e Novati, attraverso cui hai appreso le tecniche pittoriche. Cosa rammenti con più affetto di quel periodo?
Prima di questi tre grandi Artisti ho frequentato da ragazzo Pio Semeghini dal quale ho attinto il disegno realista. Dagli artisti veneziani più che un fatto pittorico ho accresciuto un’interiorità grazie ai dialoghi umani intorno a percezioni importanti. Ricordo che Angelo Gamba col quale sono rimasto per sei mesi circa, mi faceva svegliare alle 5 del mattino per vedere l’alba e ad una mia domanda sul perché tutte le mattine mi facesse svegliare presto, mi rispose che era molto importante perché ogni alba è diversa dall’altra; e questo è stato importante perché lo spirito di osservazione è fondamentale non solo per noi artisti ma per il mondo intero.
Oggi, a tanti anni di distanza, predico continuamente che ognuno di noi dovrebbe tutti i giorni soffermarsi e guardare tutto ciò che gli sta intorno nella natura e ringraziare per tutto quello di cui ci è stata data la possibilità di godere.
Athos tu sei nato a Peschiera del Garda ma hai trovato ispirazione dalle terre del sud e la tua narrazione paesaggistica riprende la luce il sole ed i meravigliosi colori del meridione, cosa ci dici al riguardo?
Il mio paese di nascita è stato Peschiera del Garda, quando il lago di Garda era ancora considerato terra malarica, infatti così è stato fino al 1956. Da ottobre a maggio ogni giorno era nebbia e questo abbinato ad un ambiente familiare abbastanza malinconico, mi portò a crescere la mia pittura fortemente espressionista nei confronti della sofferenza, del dramma e quindi ho frequentato case di bambini portatori di handicap, manicomi, carceri al fine di poter percepire una sofferenza che fosse più sofferenza della mia, la matrice della sofferenza è uguale per tutte le situazioni. Durante questo percorso ho cercato di capire perché ad alcune persone viene destinata questa situazione. Poi nel 1977 mi venne richiesta, dall’allora Sindaco di Bologna Zangheri una mostra sulla resistenza e accettai con la clausola che il titolo di questo mio studio fosse “i sentimenti nella guerra”, in considerazione del fatto che il dolore, la sofferenza, la morte e l’amore sono uguali per tutti. Ci lavorai tre anni e all’inaugurazione fatta al Palazzo della Gran Guardia di Verona, venne Sandro Pertini che mi fece Cavaliere della Repubblica con medaglia d’oro, affermando che avevo lavorato splendidamente intorno ad un tema così importante tralasciando le parti, le armi e le bandiere. Mi fece Cavaliere della Repubblica perché in un angolo di un grande quadro c’era un olivo con tre foglie e lui, dandomi questa riconoscenza la giustificò dicendo che erano le tre foglie della speranza.
Sei un artista, ma soprattutto una persona attenta ai temi solidali ed ai bimbi in particolare, per cui hai fatto molte cose, ci vuoi parlare di un progetto che hai seguito e che ti è stato particolarmente a cuore?
Cortina d’Ampezzo anno 1986: siccome la prima espressione dell’uomo, ancora prima dell’ugola è il segno, ho sempre insistito perché convinto che tutti i bimbi sanno disegnare. Tante volte avevamo disquisito intorno a questo con Toti dal Monte (definita l’usignolo) e con Luciano Pavarotti i quali concordavano che tutti i bimbi nascono intonati, poi molti si “stonano” e intorno ai tre anni si reintonano oppure devono essere educati. Io ritenendo che, la prima forma di comunicazione fra gli uomini era il segno, cercai di spiegare questo alla direttrice della scuola elementare di Cortina, convinto che per educare al segno e al colore coloro che sembravano incapaci, bisognava intervenire prima dei 7/8 anni; nessuno riteneva importante questa mia considerazione. Un giorno mi chiamò la direttrice e mi concesse di lavorare due ore alla settimana con una classe per un mese, ma solo dopo due settimane mi chiese di prenderne in considerazione un’altra classe, e poi suor Gilda, direttrice dell’asilo dove erano 14 bimbi abbandonati di cui 7 portatori di handicap, mi chiese di andare anche da lei per questa esperienza. A dire il vero mi sembrava che queste mie lezioni rubassero troppo tempo al mio lavoro. Accettai e non fu più per un mese ma il tutto durò sei mesi e poi un bel giorno mi proposero di fare una mia mostra su Cortina, le sue case e i dintorni, risposi che l’avrei fatta se la Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno (che era lo sponsor) avesse organizzato, parallelamente alla mia, una mostra dei lavori realizzati dai bambini. Fu un successo incredibile perché tutti i grandi giornalisti presenti a Cortina in quel momento scrissero di questa esperienza. Non avevo toccato un loro foglio, avevo insegnato loro solamente le mescolanze e ogni settimana li incentivavo ad osservare. La conclusione è che tutti, dalla direttrice della scuola, a suor Gilda, alle maestre si accorsero che i bimbi erano diventati più attenti in classe (specialmente i più caratteriali) e molto più studiosi in tutte le altre materie. Mi vanto di dire che forse fu la prima grande esperienza che dimostrava ciò di cui ero convinto ma soprattutto intorno alla quale poi molti altri avrebbero lavorato.
La tua filosofia, che ci racconti attraverso le tue splendide opere, sottolinea come una raccomandazione e speranza, che vita è bella e che non è fatta solo di sofferenza e dramma, avendo anche un delicato e velato rimando a Platone, cosa ci puoi dire di questo?
La mia tavolozza grigia e cupa che avevo acquisito durante il periodo che culmina con la mostra sulla guerra, rimane su un cavalletto con una tela bianca di fronte al quale per sette mesi mi sedevo a pensare dove sarebbe andata la mia pittura; ed ecco che in un viaggio al sud sento forte la luce il sole e i colori e di fronte ad una piccola casa rosa, butto la tavolozza malinconica, la tolgo dalla mente, corro nella cittadina di Gallipoli a cercare dei colori e da quel momento la mia ricerca e la mia filosofia e le mie meditazioni mi fanno percepire che la vita non è solo dramma ma anche bellezza, serenità, felicità.
L’arte, per molti è anche un viaggio introspettivo profondo, talvolta quasi terapico, è stato così anche per te?
Certo che è stato così. Quello che ho detto nella risposta precedente vale anche per questa poiché da quella prima tavolozza abbozzata nella luminosità del Salento per me è stato un viaggio introspettivo profondo assolutamente terapico, come era stato per i bambini di Cortina. Ed ancora oggi con assoluta consapevolezza faccio introspezione di fronte alla bellezza della natura ogni momento che mi metto davanti ad una tela sul mio cavalletto con una tavolozza solare come quella che da allora ho cresciuto.
L’arte a volte viene considerata di nicchia per “intellettuali”, l’Artista Athos Faccincani realizza invece dipinti che sono alla portata di tutti, di facilissima comprensione, ma che trasferiscono messaggi profondi, con gioia e semplicità, cosa ti preme trasferire maggiormente attraverso le tue opere?
Ho sentito un’intervista a Gillo Dorfles, forse aveva già 105 anni, ma con totale lucidità ha fatto percepire che l’arte incomprensibile, surreale e di moda può durare poche settimane o pochi mesi. Io concordo con lui che mai come oggi bisogna ritornare ad un figurativo che non sia certamente banale e non visto e rivisto ma qualcosa di nuovo che porti alla gente “intellettuale” di nicchia e non, messaggi di semplicità, di amore, di percezione di quello stupendo sogno che ogni alba dobbiamo percepire soffermandoci a guardare la meraviglia di questa natura che ci sta intorno.
Athos un’ultima domanda prima di lasciarti, cosa pensi che le strutture accademiche, gli organismi politici possano fare pere sostenere le arti in genere, dove invece sempre più spesso i fondi, l’impegno, sono contratti e ridotti?
Questo in Italia avviene certamente, in molti altri paesi non è così. L’importante sarebbe che anche qui non si usasse troppo banalmente la parola artista ma che i veri artisti venissero riconosciuti da una terra che l’arte l’ha conosciuta veramente.
Nel ringraziarti per essere stato con noi ti chiedo se vuoi anticipare ai lettori qualche tuo progetto futuro.
I progetti futuri sono tanti dagli Stati Uniti, dove ho in programma diverse mostre, in Europa sicuramente in altrettanti Stati, in Giappone e altro ancora. La nostra Italia è amata in tutto il mondo come i soggetti che io dipingo.
Grazie ancora e un grande in bocca al lupo per le tue attività in corso e future.
Intervista di Ester M. Campese
Fattitaliani

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