C'è tempo fino al 26 giugno per assistere alla rappresentazione di "Macbeth" che chiude ufficialmente la stagione lirica 2017-18 dell'Opera di Liegi: una nuova produzione dell'Opéra Royal de Wallonie-Liège, che si avvale della direzione musicale del Maestro Paolo Arrivabeni, la regia di Stefano Mazzonis di Pralafera e la scenografia di Jean-Guy Lecat. Nei panni del protagonista il baritono Leo Nucci, che Fattitaliani ha intervistato.
Signor Nucci, sono passati più di 40 anni dal suo esordio: guardando a ritroso, quali sono gli elementi che costantemente lo hanno accompagnato nel suo percorso?
Per la verità sono passati più di 50 anni dal mio esordio avvenuto il 10 settembre 1967 a Spoleto con Figaro nel Barbiere di Siviglia (Basilio era Ruggero Raimondi anche lui al debutto in Barbiere). Quello che costantemente mi ha accompagnato in questi anni è la passione per il lavoro, per l’opera, per la musica classica in genere.
Noto che l'opera si è sempre più spostata verso una rappresentazione in cui l'artista è sempre essenzialmente cantante, ma anche attore, che calca la scena con più dinamismo e duttilità. È d'accordo con questa affermazione?
Non desidero essere polemico anche per rispetto ai miei giovani colleghi perché stare sul palcoscenico è difficile comunque, ma voglio essere onesto prima di tutto con me stesso. Ho avuto l’onore di stare sul palcoscenico con grandi cantanti del passato. A mio modo di vedere, in teatro essere attore non significa andare di qua e di là del palcoscenico senza senso, l’attore vero è quello che sa cosa interpreta e perché.
L’opera è cambiata come tutto il resto, una volta si sapevano le cose solo eclatanti dopo tanto tempo lasciando spazio alla fantasia. Ora, anche se i teatri prima dello spettacolo annunciano che è proibito filmare, tutti filmano e registrano con i telefonini e dopo pochi secondi il mondo è a conoscenza di qualsiasi sciocchezza anche se insignificante. Si è perso come in tutte le cose il rapporto di vivere le emozioni anche solo per se stessi. Oggi è tutto pubblico specie l'invidia e la cattiveria!
Del personaggio di Macbeth non mi piace nulla, mi piace tantissimo il pensiero di Verdi che lo definisce una tragedia dell’umanità. In questo Shakespeare ha avuto ragione, Macbeth rappresenta l’umanità e non ne sono felice.
I momenti più belli per me sono l’aria “pietà rispetto” non tanto per il canto ma per quello che significa e in questo edizione l’aria della morte che ho voluto io perché significa <<ho combinato tutto questo disastro per questa cosa inutile “La Corona”, il potere!>>.
Come tessitura è baritonale uguale a tutti i personaggi verdiani, è pero lunga con cambiamenti di colore e carattere con scatti violenti di rabbia poi momenti legati e introversi; insomma difficile se si vuole cantare veramente Macbeth.
Quale personaggio per un baritono rappresenta assolutamente un ruolo da affrontare prima o poi nella carriera?
Tutti i ruoli sono belli perché cantare è meraviglioso, credo però che tutti i baritoni sognino di cantare Rigoletto e perché no? magari 550 volte come il sottoscritto. Giovanni Zambito.
Foto: © Opéra Royal de Wallonie-Liège
Foto: © Opéra Royal de Wallonie-Liège
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