Dal 2 maggio l'Atelier M.K.in Blu presenta una selezione di opere recenti della serie IMAGINARY CITY di Marina Kaminsky a cura di Elizaveta Kiriluk. Grafica e vedeomaker Kristina Kaminsky. Ph. Maksym Baraniuk.
Marina Kaminsky ha camminato a lungo per formulare la domanda giusta, girovagando dentro il caos che caratterizza la realtàcontemporanea per mettere ordine nella sua mente e dare spazio alla fantasia.
“Immaginary city” nasce così : concepita a Milano, coltivata a Savona , partorita a Gerusalemme e poi di ritorno a Milano.
Poteva essere diversamente? No e le opere lo testimoniano in un percorso lucido , come un diario di viaggio, dove ogni tappa è scandita da attimi che squarciano il caos per fermare l’attimo e stenderlo come infinito.
Un mondo senza uomini , pronto per essere vissuto , ma ancora vuoto colto “ l’attimo prima” che la vita si apra.
Un mondo attraente , levigato, architettonico , ma fatto di scale, che si perdono all’infinito come nelle sezioni di Piranesi , perse nelle loro geometrie insensibili allo sforzo umano.
Scale da “ scalare”, da affrontare prendendo fiato per arrivare in cima incolumi . La vita è una lotta, non c’è carro del vincitore su cui salire, bisogna farcela da sé , soprattutto se parti dal basso.
E soprattutto se vivi in una metropoli.
Un’amara verità paludata di glamour da il via a “ Immaginary City” , un’ invito a salire senza fermarsi, su per queste bellissime scale , senza fermarsi per non intralciare, per non soccombere , per farcela.
Ed è lì che nascono le prime opere , sul concetto di “ prova”, una prova che Marina Kaminsky coniuga ad una ricerca tecnica che esplora il digitale contaminandolo con i colori della memoria.
Una tecnica che filtra la sorgente e la impreziosisce con polveri e smalti per svelare la bellezza , il “ cosmos” che c’è nel caos, il bello che c’è nel brutto , la pace che c’è nella guerra.
E Gerusalemme è arrivata.
Vecchia metropoli che la sa lunga : divisa, contesa e dilaniata , ma anche un’oasi di pace e di ristoro per l’anima.
Kaminsky si perde nei dedali della città vecchia, sconfinando da una religione all’altra con l’indifferenza e l’entusiasmo dell’artista che guarda tutto e cerca il bello.
Ma a Gerusalemme trova non solo il bello, ma una risposta a una domanda : per che cosa è fatto un uomo? Per pensare.
Davanti ai monasteri, alle moschee e alle sinagoghe Kaminsky vede e fotografa panchine, di legno, di ferro, più o meno antiche , ferme lì per lo stesso principio : fermarsi per godere della natura, del passaggio umano e fantasticare, come Buddha seduto davanti ad un panorama.
Con” Immaginary City “ Marina Kaminsky abbandona la centralità del colore per affermare il concetto, che attraverso la destrutturazione dell’oggetto, suggerisce panorami immaginari in cui nascondersi o in cui trovare un posto e accomodarsi per guardare il mondo con benevola ironia.
Alessandro Baracco
Marina Kaminsky
http://marinakaminsky.tumblr.com/
Atelier M. K. in Blu
http://www.marinakaminsky.com/
v.Santa Maria Valle, 4
Milano