Ricordate quel diciassettenne di
Monopoli che aveva spinto, facendoli precipitare sugli scogli, due anziani di cui uno
era morto? Un caso di omicidio preterintenzionale, per il quale il colpevole è
stato “condannato” a studiare e a prestare servizio volontario per tre anni. Se
lo farà, il reato verrà cancellato. Non sarà cancellata la pena, attenzione: sarà
cancellato il reato. Come se non avesse
mai fatto niente di male. Fedina pulita.
Va bene, direte, “la
società deve anche saper recuperare i trasgressori”. In effetti lo penso anch’io...
ma è giusto che uno che commette un crimine a diciassette anni, 11 mesi e 29
giorni se la cavi così a buon mercato e un altro che fa la stessa cosa a
diciotto anni appena compiuti venga trattato molto diversamente?
Ma andiamo avanti.
Il diciassettenne in
questione era in compagnia di un quindicenne. Anche questo era stato accusato
inizialmente di omicidio, ma era emerso che lui non aveva partecipato
attivamente, e l’accusa era stata derubricata a "omissione di
soccorso".
Scommetto che pensate che il ragazzo, terrorizzato dall’esperienza, abbia
messo la testa a posto.
Macché.
Dando prova di grande
senso imprenditoriale, avrebbe invece sfruttato la fama di duro acquisita con
la vicenda giudiziaria per mettersi a spacciare spinelli ai compagni, costretti
all'acquisto a prezzi... maggiorati rispetto al mercato, e "convincendoli"
con minacce e percosse. Sempre secondo l'accusa, avrebbe addirittura spinto due
delle vittime a rubare i gioielli delle
mamme per pagare la droga.
Il fatto è che queste cose non ci
stupiscono ormai più di tanto, perché ogni giorno leggiamo delle imprese di gang di
minorenni che arrivano anche a uccidere. Come nel caso del povero clochard
bruciato vivo a Torino. “Per scherzo”,
hanno dichiarato i colpevoli. Chissà se e come li puniranno.
E sempre a proposito di
minori trattati forse con troppo riguardo, non vanno dimenticati i tanti addestrati
a rubare proprio perché la loro età li rende di fatto non perseguibili. “Ci
ridono in faccia” - mi diceva un frustratissimo poliziotto.
E allora mi chiedo: è vero
o no che ci diciamo in continuazione che i ragazzi di oggi sono precoci rispetto a
quelli di una volta in tutti i campi? Ma se è così, ed è così, che senso ha considerarli “adolescenti irreponsabili” fino a 18 anni? Un morto è un morto, e un
furto è un furto, accidenti. Non credo proprio che fino a diciassette anni questa
cosa sia impossibile da capire, mentre allo scoccare del diciottesimo anno si
venga improvvisamente folgorati dalla consapevolezza che si tratta di crimini
per i quali si deve pagare.
Sarebbe il caso di
cominciare a rifletterci, no?
Carlo Barbieri
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Carlo Barbieri è uno scrittore nato a Palermo. Ha vissuto a Palermo, Catania, Teheran, il Cairo e adesso fa la spola fra Roma e la Sicilia. Un “Siciliano d’alto mare” secondo la definizione di Nisticò che piace a Camilleri, ma “con una lunga gomena che lo ha sempre tenuto legato alla sua terra”, come precisa lo stesso Barbieri. Scrive su Fattitaliani, Ultima Voce e Malgrado Tutto, testata a cui hanno collaborato Sciascia, Bufalino e Camilleri. Ha pubblicato fra l’altro le raccolte di racconti “Pilipintò-Racconti da bagno per Siciliani e non” e "Uno sì e Uno no" (D. Flaccovio Editore); i gialli “La pietra al collo” (ripubblicato da IlSole24Ore) e “Il morto con la zebiba” (candidato al premio Scerbanenco 2015), ambedue con Todaro Editore ; "Il marchio sulle labbra" (premiato al Giallo Garda), "Assassinio alla Targa Florio" e "La difesa del bufalo, tutti e tre con D. Flaccovio Editore. Suoi scritti sono stati premiati al Premio Internazionale Città di Cattolica, al Premio di letteratura umoristica Umberto Domina, al Premio Città di Sassari e al Premio Città di Torino. I suoi libri sono reperibili anche online, in cartaceo ed ebook, su LaFeltrinelli.it e altri store.