Il primo film da protagonista di Giulio Forges Davanzati è stato “Vorrei vederti ballare” di Nicola Deorsola,
da coprotagonista “Taglio netto” di
Federico Rizzo ed un Film corale di Maurizio Ponzi. Ha avuto quindi occasione
di stare sul set molte volte e se a ciò si somma la sua formazione teatrale, è
molto padrone della scena. "Veleni" di Nadia Baldi è stato girato con un piccolo budget, i tempi
sono stati abbastanza ristretti e le esperienze precedenti sono state
abbastanza funzionali a dare il meglio di sé. L'intervista di Fattitaliani.
Veleni è
un film di passioni smodate gli uni per gli altri. Che ne pensi?
Da una parte sì ma dall’altra secondo me è un film che alla base ha il
messaggio che portano la madre (Tosca D’Aquino) e la zia (Gea Martire) che si
traduce in realtà per tutti “vivere appieno la propria vita” che è quello che
cerca di fare Antonio, il mio personaggio che torna nel suo paese natio per
riscoprire le sue origini, ma in realtà ma fondamentalmente vuole sbloccare
qualcosa in cui si sente intrappolato, cioè il suo rapporto con il passato.
Chi è Antonio?
È un professore che
ha studiato sin dall’infanzia in un Collegio di Gesuiti, e sente il bisogno di
riscoprire il rapporto con la famiglia perché ci sono dei nodi che non riesce a
sciogliere.
Il suo ritorno è dettato dalla morte del
padre ma soprattutto dal fatto che vuole svelare le ombre del passato e non si
ferma davanti a nulla. Cosa succede?
Ci sono dei frammenti del film che
fanno comprendere che alcune esperienze del passato, le aveva rimosse. Queste
cose man mano riaffiorano e ricorda che avvenimenti e fatti della sua infanzia,
l’hanno portato ad essere quello che è oggi. La morte del papà è un pretesto,
altrimenti lui non sarebbe mai tornato in un luogo che apparentemente ha poco
da dire.
Un paese abitato prevalentemente da donne
e quindi anche il Cast lo era. Come ti sei trovato?
Benissimo! C’è un’altra energia, un altro
ritmo di lavoro. Inizialmente sei un po’ l’outsider in cui tutti dicono
“vediamo se le cose le sa fare”, in seguito ci siamo trovati in sintonia perché
tutti volevamo dare il 100%. I reparti tecnici erano composti in gran parte da
donne ed è stato quello che ha creato l’ambiente giusto per lavorare bene.
“Questa vita va migliorata con l’arte.
Che posto occupa nella tua vita?
Fare Arte è sempre vista come qualcosa che
genera sofferenza, invece sto riscoprendo che se lo vogliamo può essere una
cosa leggera e piacevole. È questo il ruolo dell’Arte, deve scavare ma
ricordandoci che è un gioco e deve essere fatto con leggerezza. Il suo ruolo
nella mia vita è importantissimo. Ti fa vedere là dove non riesci a vedere, ti
arricchisci nel vero senso della parola e dopo sei più gioioso.
Com’è nata in te l’idea di fare Teatro?
Lo facevo a scuola e poi ho proseguito. Ho incontrato la pratica buddista che
mi ha fatto approfondire ancora di più il ruolo che abbiamo come artisti nella
vita quotidiana e la missione che abbiamo come esseri umani.
Alle volte i grandi diventano bambini e
viceversa. Quale parte bambina hai portato nel Film?
La parte adulta che
porta il bambino con sé. E’ l’adulto che vuole riscoprire il bambino.
Altri progetti?
Dal 4 al 22 aprile
saremo in scena con la nostra Compagnia “Carmentalia” di cui facciamo parte io,
Andrea Trovato, Stefano Vona Bianchini ed Alessia Sorbello con “Incognito” di
Nick Payne.
Elisabetta
Ruffolo