"Veleni" è
un noir diretto da Nadia Baldi, con Vincenzo Amato, Lello Arena, Tosca
D’Aquino, Roberto Herlitzka Gea Martire
e Giulio Forges Davanzati.
Ambientato
nel 1951, anno in cui a causa della morte del padre, il Dottor Bonadies,
Antonio (giulio forges) torna nel suo paese natale nel Cilento. Un paese dove
in prevalenza vivono donne e gli unici uomini presenti sono il farmacista, il
prete e Melograno un vagabondo che gira per le strade con un grammofono a ruote
che spara musica lirica ad alto volume. Ad attenderlo la mamma (Tosca D’Aquino)
e la zia (Gea Martire).
Il padre non si era mai perdonato di averlo mandato in collegio e la madre e la
zia sono legate da uno strano affetto e formavano un triangolo perverso con il
dottor Bonadies.
Perfetta la ricostruzione storica grazie ai costumi, al trucco e al parrucco e
ai dettagli anche minimi della scenografia. Una trama ricca di colpi di scena,
capace di coinvolgere ma nello stesso tempo far pensare e riflettere. Un cast
stellare!
Veleni è
un Film di passione smodata gli uni per gli altri. Cosa succede?
È ambientato in un Paese
dove vivono solo donne. Lo definisco un noir ironico e sensuale. È un Film
pieno di passioni, a tratti è anche surreale e riesce a raccontare quello che
in qualche modo ognuno di noi può pensare di desiderare di vivere nella vita ma
non riesce fino in fondo a fare. È un Film dentro al quale mi sono sentita
molto libera ed è stato bello aver potuto lavorare con un cast di eccellenza.
Amo ricordare che c’è un Roberto Herlitzka strepitoso, Lello Arena, Franco
Abate Giovanni, Tosca D‘Aquino, Gea Martire, Giulio Forges. Per fortuna sono
tutti attori che vengono dal Teatro. Purtroppo è un’usanza che non si pratica
più, io invece sono dell’idea che gli attori debbano essere preparati. Fare teatro
per un attore è la più grande preparazione. Con loro collaboro da un sacco di
tempo. Con Herlitzka ho fatto diversi spettacoli a teatro. Sicuramente è un
Film molto divertente ma con grande poesia riesce in qualche modo a far pensare
e a far soffermare il pubblico anche su delle riflessioni che a volte
sfuggono.
Chi sono le due sorelle inquiete?
Sono il prototipo di un femminile che non vuole rimanere incastrato in
strutture culturali e psicologiche. Le amo moltissimo anche se in questo caso
sono molto estremizzate ma sicuramente sono molto libere, appassionate. Oggi è
importante che la donna sia libera e che possa in qualche modo decidere di
strutturare la propria vita senza incagliarsi in meccanismi che non le
appartengono.
Il film fa riflettere sul fatto che a
volte i grandi diventano bambini e viceversa. Credo che sia riferita a
Melograno?
Melograno è un magnifico personaggio con una grande saggezza che
è quella dei bambini, dove la semplicità è la grande virtù sia dei bambini che
del personaggio. Bisognerebbe curarla e ricordare quella
ingenuità e freschezza che nel tempo le strutture fanno sì che si abbandonino.
Per scoprire alla fine di questo viaggio che la vita rispetto a quella che
avevamo costruito, era tutto più semplice. Bisognerebbe tenerlo presente da
subito e non aspettare la fine del viaggio.
Un’altra battuta è “questa vita va
migliorata con l’arte”. Che ne pensa?
Sono dell’idea che il pubblico debba
essere innalzato all’arte e non l’arte scendere al pubblico. Questa cosa è
molto forte e chiara. Non bisogna avere paura di farla. L’arte è bellezza,
libertà e questo bisognerebbe insegnarlo nelle scuole, educare le persone ad
andare a teatro, cinema, leggere. Tutto ciò si sta perdendo, un po’ grazie alla
televisione e ad internet, si stanno perdendo i valori più importanti che poi
sono i rapporti umani e che secondo me, in parte possono essere aiutati e
possono portare l’essere umano verso una dimensione più sana perché l’essere
umano sta perdendo i confini.
Elisabetta Ruffolo