L’Enoteca Letteraria di Roma è stata aperta da Antonio Puccica: aperta tutti i giorni dalle 10 alle 21, ha una superficie di 120 mq divisa in due sale: una di circa 70 mq di origini settecentesche e, la più piccola, di circa 50 mq di origini seicentesca ed è opera di Francesco Borromini. Nella seconda sala, quella piccola, si tengono corsi (fotografia, scrittura creativa, lingua spagnola, bioenergia, profumeria e aromaterapia ed altri).
L’Enoteca Letteraria - racconta Antonio Puccica a Fattitaliani - nasce nel luglio del 2012 da una mia idea. Amavo leggere buoni libri e bere ottimi vini. Non leggevo tanto per leggere e non bevevo tanto per bere. Alla decima pagina di un libro che non mi colpiva nelle emozioni lo chiudevo per non riaprirlo più. Così la bottiglia di vino: non veniva terminata se nel degustarlo non provavo emozioni. Quindi non ero un esperto libraio o un esperto sommelier.
L’Enoteca Letteraria - racconta Antonio Puccica a Fattitaliani - nasce nel luglio del 2012 da una mia idea. Amavo leggere buoni libri e bere ottimi vini. Non leggevo tanto per leggere e non bevevo tanto per bere. Alla decima pagina di un libro che non mi colpiva nelle emozioni lo chiudevo per non riaprirlo più. Così la bottiglia di vino: non veniva terminata se nel degustarlo non provavo emozioni. Quindi non ero un esperto libraio o un esperto sommelier.
Dal 1994 ho sempre lavorato nel settore edile, dove i miei studi mi hanno
condotto (istituto tecnico per geometri e architettura). Per avviare l’attività
ho studiato per conoscere il mondo dell’editoria e della distribuzione così
come il mondo delle cantine, del vino e della sua vendita. Nel 2014, per puro
caso, sono entrate due splendide ragazze in libreria, chiedendomi la
disponibilità ad ospitare un salotto letterario. Erano Valeria e Loredana, due
storiche socie IPLAC. Accolsi la loro proposta e mi presentarono la carissima
Maria, uno dei doni che la vita mi ha concesso. Da quel momento è iniziato un
percorso culturale incredibile. Insieme abbiamo presentato oltre 100 libri, con
loro è nata l’idea di banchettare al termine della presentazione di un libro o
di qualsivoglia evento culturale, organizzato insieme. Enoteca Letteraria e
IPLAC stavano piano piano per diventare quasi un’unica realtà. Due storie
diverse con un unico obiettivo: diffondere cultura con umiltà, ascolto e
accoglienza. Lo scorso anno IPLAC mi ha nominato socio onorario, per me è stata
un’emozione indescrivibile. Ripensando a come e perché è nata Enoteca
Letteraria trovarmi socio onorario di un’associazione culturale ramificata su
tutta la penisola è stato quasi un colpo al cuore. Mio padre mi disse “e chi
l’avrebbe mai detto” infatti chi l’avrebbe mai pensato 4 anni prima?
Oggi ancor di più il
legame con IPLAC è divenuto indissolubile. Il Consiglio Direttivo mi ha
nominato prima Consigliere e poi Tesoriere Segretario. Forse mi stanno sopravvalutando
ma io farò di tutto per non farli pentire. Ringrazio Maria Rizzi, Roberto
Mestrone, Roberto Guerrini e tutti i consiglieri per avere scelto me per questa
carica, che mi riempie di responsabilità, ma anche e soprattutto di orgoglio.
De Andrè concluse un famoso brano con “continuerai a farti scegliere o
finalmente sceglierai?” Io ho sempre voluto scegliere, questa è la prima volta
che sono stato scelto, un motivo in più per non fallire nell’impresa.
Ci racconta le motivazioni che Lo hanno indotto a volere
questa libreria?
Tutto molto causale
anche se io non credo “al caso”. Lavoravo, con incarico dirigenziale, in una
grande società di costruzioni romana. Ero stanco dell’ambiente ed ero arrivato
ad un punto in cui purtroppo avrei dovuto accettare “compromessi”. L’azienda
operava essenzialmente nell’ambito degli appalti pubblici. Non ero quindi alla
ricerca di un’occupazione, ero alla ricerca di un metodo per liberarmi di
un’occupazione che iniziava a starmi stretta e mi rendeva triste. Premetto che
fino al 1996, quindi fino a 34 anni, ho vissuto a Via Nazionale, une delle più
importanti strade del centro di Roma e la mia famiglia frequentava la Chiesa
di San Carlo alle Quattro Fontane, meglio conosciuta come San Carlino,
progettata ed edificata dall’Architetto barocco Francesco Borromini e di
proprietà dei Frati Trinitari Spagnoli. Nel 2012 il Superiore dei Padri
Trinitari mi contattò per chiedermi se conoscessi qualcuno interessato ad
aprire un’attività in un locale del convento, con ingresso diretto da Via delle
IV Fontane. Visitai il locale e in quel momento fui “fulminato sulla via di
Damasco”, decisi di prenderlo in affitto ed avviare una libreria: avevo trovato
la strada per liberarmi dal lavoro e, contemporaneamente, disintossicarmi da un
ambiente che mi opprimeva. Avevo trovato la strada della felicità: il libro.
Per rendere la libreria un ambiente diverso, decisi di abbinarlo al vino. Il
nome avrebbe dovuto comprendere le due
attività, libreria ubriaca o Enoteca Letteraria. Decisi per il secondo anche se
è ingannevole, perché non è una Enoteca ma una Libreria
Si prefiggeva degli obiettivi, quali?
L’obiettivo è stato sin
dall’inizio quello di dare la possibilità alle persone di scoprire, o forse
riscoprire, la libertà. Il lavoro precedente mi garantiva una sicurezza
economica maggiore, ma la libreria ti garantisce un senso di libertà che nessun
compenso economico può darti. Avevo ripreso ad essere felice e questo solo il
libro può concederlo. La mia esperienza doveva essere di tutti e quindi dovevo
trovare il modo per far entrare la gente in una libreria indipendente. Iniziai a programmare eventi di tutti i tipi:
musica, teatro, cinema, libri e salotti letterari. Piano piano la mia libreria
è diventato un centro di incontro tra amanti della cultura ed amanti del buon
libro: nella mia libreria le persone entrano e chiedono libri che trattano
argomenti specifici. Non chiedono mai l’autore o il titolo come spesso avviene
nelle grandi librerie. Nella mia libreria il protagonista è il libro mai
l’autore. Il motto scelto è una frase attribuita a Francesco Borromini, tra
l’altro un pezzo dell’Enoteca Letteraria rientra nel complesso monumento di San
Carlo opera del Maestro barocco, “chi
segue gli altri non gli va mai innanzi ed io al certo non mi sarei mai posto a
questa professione al fine d’essere solo copista”. Volevo creare qualcosa di
diverso; una libreria indipendente che avesse come obiettivo riabilitare il
vecchio mestiere del libraio: diffondere cultura e non venderla.
Esiste un legame particolare tra cibo e cultura?
All’enoteca letteraria si
predilige il Vino al cibo. Non è possibile cucinare, tant’è che ho dovuto
creare una società di catering che mi servisse il cibo per gli eventi, ma è possibile
degustare un buon vino. Quando decisi di inserire la parte enoteca, non ho
pensato molto al connubio culturale, ho pensato ad una bevanda che si potesse
degustare lentamente, come si degusta lentamente un buon libro e la scelta è
ricaduta sul vino. Il vino dona emozioni come un buon libro. Il libro nasce
dalle mani e dalla passione dell’autore, le stesse mani e la stessa passione
che il contadino usa per far nascere e maturare l’uva. La cantina imbottiglia e
l’editore impagina così come il libraio consiglia un buon libro, l’oste
consiglia un buon calice di vino. Il vino merita rispetto perché, come i bravi
sommelier dicono, il vino fa male. Provate però a non rispettare un buon libro,
farebbe male anch’esso.
Entrambi costituiscono
l’identità di un popolo. Nella scelta delle cantine sono molto attento al fatto
che ogni uvaggio sia autoctono: non prenderei mai un Sangiovese prodotto in
Puglia. Il vino rispecchia le caratteristiche delle regioni dove è nato; l’uva
raccoglie i sapori della terra e dei venti tipici del luogo dove è stato
coltivato sin dalle origini. Ogni regione o zona ha modalità di coltivazione
diverse che contraddistinguono quel vigneto e che sono state tramandate da
generazione in generazione, il vino ha quel sapore perché prodotto in quel
luogo. Così un libro raccoglie la parola e l’identità dell’autore e del
linguaggio che lo stesso usa. Il libro è una spremitura di pensieri ed emozioni
raccolte su tanti fogli di carta e quindi non può non rappresentare un’identità
di un paese-
Di cibo sono
poi pregni: il linguaggio (rendere pan per focaccia, divorare un libro...) e
l'immaginario collettivo, cosicché ogni affermazione nasconde abissi di senso.
Ma perché tutto questo? Perché mangiare dà gioia tanto quanto gustare il sapore
delle parole?
Vivendo in Enoteca Letteraria
e partecipando a tutti gli eventi che organizzo, mi rendo conto che stare
attorno ad un tavolo per parlare di un autore, di un saggio o di una poesia
produce la stessa atmosfera che si crea attorno ad una tavola bandita. Alcuni
anni fa con IPLAC facemmo un esperimento. Regalammo una bottiglia di un buon
vino laziale a tre poeti. Chiedemmo loro di ispirarsi a quel vino per scrivere
una poesia. Ebbene, ascoltando le poesie prodotte era possibile sentire i
profumi di quel vino senza degustarlo. E nel bere quel vino era possibile
ascoltare la musicalità delle poesie senza che si leggessero. Miracolo o trucco
magico? Era semplicemente respirare passione, emozione e…cultura.
La cucina è stata paragonata al linguaggio: come questo
essa possiede vocaboli (i prodotti, gli ingredienti) che si organizzano secondo
le regole di grammatica (le ricette), di sintassi (i menu, ossia l'ordine delle
vivande), di retorica (i comportamenti conviviali). Come il linguaggio, la
cucina contiene ed esprime la cultura di chi la pratica, può quindi essere arricchente
per un gruppo letterario?
Non posso che
confermare. Se bastasse il vocabolo, la grammatica, la sintassi per produrre
un’opera letteraria tutti sarebbero dei grandi autori. Così se bastassero le
ricette gli ingredienti e il menù per creare un banchetto, tutti sarebbero
grandi chef. Serve la passione e l’amore per la cultura. All’Enoteca Letteraria
organizzai una serie di eventi che ripercorsero il Rinascimento in tutte le sue
proposizioni; arte pittorica e scultorea, musicale e letteraria. Si chiudeva il
tutto con un banchetto tipico del periodo o raccontato da un grande artista
come è stato quando il protagonista della serata è stato Michelangelo
degustammo i cibi cari al Maestro. L’atmosfera era completa e la cucina
rappresentava nei sapori perfettamente l’epoca. Sapesse che gioia si prova
quando nel corso del Salotto Letterario organizzato all’Enoteca da Valeria
Bellobono, colonna dell’IPLAC romano, compare il cibo sulla tavola, già ricca
di libri. L’atmosfera si completa e i salottieri trovano maggiore ispirazione
Simbolismo: la tavola come metafora della vita. Convivio: cum vivere,
vivere insieme, mangiare assieme. Di contro l’ispirazione, le emozioni, i
libri, la narrativa, la poesia, che vengono raccontati e consegnati
all’eternità perchè questo può fare la Scrittura. Come si conciliano queste due
importanti componenti, il cibo e la poesia, potremmo dire l’immanente e il
trascendente?
Non saprei dirle perchè e come si conciliano
ma questo avviene. Immagini la
sensazione che si prova nel leggere un racconto che non rispetta le regole
grammaticali, di sintassi o che non abbia un finale. Oppure leggere una poesia
che non-generi emozioni. Un mio caro amico docente di letteratura italiana
all’Università per stranieri di Siene dice che “una poesia è bella quando
emoziona”. Stessa sensazione si ha nel degustare un cibo mal cucinato e
composto da ingredienti non amalgamabili o nel degustare un vino prodotto in
maniera artificiosa e che non rispetti le regole naturali della vinificazione. I
locali e le librerie di Roma organizzano facilmente e volentieri reding poetici
o letterari. Da sempre esistono circoli che hanno avuto il merito di formare
grandi poeti o narratori. Luoghi dove scambiare sensazioni aiuta la ricerca
personale e l’ispirazione Così, da sempre, il momento più elevato di unione è
la tavola, il convivio. Insieme ogni cibo acquista un sapore particolare,
insieme si scoprono sapori ed odori che altrimenti magari si trascurerebbero
Il vino e il suo
originario rapporto con la terra hanno ispirato i versi di moltissimi autori:
la natura, l’elemento liquido, il colore, l’effetto inebriante che slega le
inibizioni sono stati oggetto di poesie e di emozioni che la razionalità
trattiene. Perchè ha chiamato questa libreria Enoteca?
Mi ripeto, l’obiettivo era quello
di unire due elementi senza che nessuno fosse il protagonista. Avrei potuto
invertire e chiamarla Libreria
avvinazzata o qualcosa del genere, ma istintivamente mi venne Enoteca Letteraria
e così si è chiamata. La verità è che rappresentava perfettamente ciò che
volevo creare: un posto dove degustare e/o acquistare libri e vino.
Questa simbiosi tra
questi due importanti elementi l’hanno arricchita in qualche modo e confermato nella giustezza dei
suoi intenti?
Se tornassi indietro non
cambierei una virgola di quanto costruito e fatto. I due elementi raggiungono
da soli tutti gli obiettivi proposti. Io faccio poco, con un buon libro e con
un ottimo calice di vino la festa è fatta.
Il
pubblico che frequenta questi eventi ha fatto presa anche sui giovani?
I giovani sono attratti
dall’idea. Ad alcuni eventi con musica o teatro o cinema la partecipazioni dei
giovani è maggiore. Per la presentazione dei libri purtroppo dipende molto
dall’autore. I giovani, oggi, sembra che abbiano bisogno del mito ma come personaggio.
Un pessimo libro diventa per loro bello se scritto da un loro mito. E’ il
prossimo obiettivo far scoprire ai giovani che il protagonosta è il libro, la parola
stampata. La Divina Commedia è un’opera letteraria non perchè scritta da Dante,
lo sarebbe stata anche se l’avessi scritta io.
La stagione che stiamo vivendo è
all’insegna della spensieratezza e dell’allegria. Concludiamo l’intervista
ringraziando ovviamente il dr. Puccica per la sua idea vincente, per il
contributo che da alla Cultura popolare e concludiamo, per rimanere in tema,
con i versi del grande Jorge Luis Borges, che ha dedicato proprio al vino un
sonetto, celebrando gli “autunni dorati” in riferimento alle colline piene di
foglie gialle, teatro delle vendemmie.
“In quale regno o secolo e sotto quale tacita congiunzione
di astri, in che giorno segreto non segnato dal marmo, nacque la fortunata e singolare idea di inventare
l’allegria? Con autunni dorati fu inventata”
Caterina Guttadauro La Brasca
Enoteca Letteraria
Via delle Quattro Fontane 130, Roma 0645435015;
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