Andando in giro per Tokyo, o per le altre bellissime città del Giappone, visitando questo paese lontanissimo dalla nostra cultura occidentale, ma estremamente affascinante, può capitare, sorseggiando un tè verde in un tipico cafè giapponese, bevendo una birra o consumando il loro fantastico sushi, di imbattersi in stelle del cinema hollywoodiano, famosissimi anche nel sol levante, perché qui succede che hanno intrapreso una nuova avventura cinematografica che li ha portati alla fama della settima arte e delle TV nipponiche.
Il mondo dello spettacolo nel Sol Levante non è per niente semplice, è un circuito molto chiuso che riguarda in prevalenza i giapponesi; montagne da scalare per gli stranieri che se vogliono brillare devono tirar fuori il loro talento e la loro determinazione con le unghie e con i denti, e dimostrare di possedere bravura e maestria artistica che riescano a catturare l’attenzione dell’esigente pubblico giapponese.
In queste poche righe, racconteremo la storia di un grande talento statunitense, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare qui a Tokio dove Claudia Fambrini ha deciso di vivere per coltivare la sua passione per l’arte e per la scrittura, stimolata da una cultura millenaria e straordinariamente ricca per una donna o per un uomo occidentali. La star del cinema hollywoodiano è Jason Straatmann che vive a Yokohama da oltre dieci anni e che da subito è stato accolto e apprezzato dal popolo nipponico che ama la settima arte e le TV giapponesi con grandissimo interesse.
Jason Straatmann è nato 39 anni fa negli Stati Uniti, figlio unico di una tradizionale famiglia americana ricca di sani principi e di valori forti, e cittadino molto amato di una piccola comunità agricola del Missouri. Jason è un uomo che ama la vita attiva e avventurosa, ha sempre sognato una vita movimentata e piena di cultura e di nuove prospettive umane, professionali e artistiche, da attingere in paesi distanti culturalmente e tradizionalmente da quelli occidentali, come quello americano che l’ha cresciuto e formato umanamente e artisticamente. È questo il motivo che l’ha potato a trasferirsi in Giappone, stanco della monotonia e delle abitudini della sua terra natia.
Jason Straatmann nel 2000 si iscrive alla facoltà di psicologia e di marketing dell’Università del Mussouri. Dopo i primi importanti di successi hollywoodiani, nel 2006 decide di trasferirsi a Tokio dove inizia una ricca e brillante carriera partecipando a decine di produzioni, scrivendo diversi saggi e libri sul cinema e sulla cultura e l’arte giapponesi visti dalla sua prospettica occidentale, insegnando cinema e marketing cinematografico nella prestigiosa università di Keito, e fondando la “Connections Studio” che oggi rappresenta l’unica Bōnenkai dell’industria dello spettacolo giapponese, con lo scopo di far crescere giovani talenti nei vari settore dell’arte e della cultura avvalendosi di grandi personalità del cinema, della musica, della cultura, del giornalismo, dello sport, e di altro ancora. Le difficoltà di inserimento in una cultura completamente diversa da quale americana, Jason le affronta con determinazione e grande voglia di adattamento, e oggi possiamo dire che ci è riuscito benissimo.
Oggi Jason è un artista e un produttore affermato e molto apprezzato in Giappone, cercato dalle più importanti case di produzione, e protagonista di tantissimi servizi e articoli sulle più importati testate giornalistiche nipponiche. Due anni fa ha pubblicato il suo ultimo libro, scritto a quattro mani con Kay Patrick, dal titolo “Acting In” (2015), una serie di interessanti saggi che include “Acting In Japan: A Foreigner’s Guide”, “Acting In Hong Kong: A Foreigner’s Guide” e “Acting In China: A Foreigner’s Guide”, che dà interessanti spunti e consigli per chi vuole intraprendere la professione nel mondo dello spettacolo.
È tutto questo che mi ha raccontato Jason Straatmann quando l’ho incontrato qualche giorno fa tra le affollate vie del grandissimo quartiere commerciale di Tokyo. È sul mondo dello spettacolo, dell’arte e del cinema che abbiamo chiacchierato amabilmente bevendo un saporito sakè di produzione locale. Mi ha confidato delle sue tante passioni, e tra questo il cibo e le bevande giapponesi, dal tè verde al vino rosso, dalla birra scura al sushi. Un giovane artista e un ragazzo la cui forza sta nella sua semplicità, nel suo sorriso spontaneo, e nel grande coraggio che ha avuto nel confrontarsi con lo star system di una cultura tradizionalista e molto restia alle contaminazioni culturali. È anche questo il motivo per il quale l’ho apprezzato come uomo, come artista e come grande business man del mondo dello spettacolo e della settima arte giapponese.
Jason ci racconta tutto questo, e dopo un po’ con un bel sorriso di gentilezza, ci saluta e corre sul set della sua prossima produzione. Noi lo ringraziamo per la sua grande disponibilità.
Non possiamo che salutarlo con il più prezioso degli auguri giapponesi quando si desidera il meglio per un caro amico o per una persona amata; una frase che racchiude molto della cultura giapponese, che si affida più che alla fortuna all’“impegnarsi al massimo” (頑張って) per affermarsi e raggiungere il successo nella propria vita. Allora non possiamo che salutarlo con: “Ganbatte, Jason!”.
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CLAUDIA FAMBRINI e ANDREA GIOSTRA