Libera nos a malo, Luigi Ferraiuolo sulle tracce di suoni dal passato tra sacro e secolare

Il giornalista di Tv2000 nel docufilm “Libera nos a malo” (durata 55’ 30”) va alla scoperta della musica di Sant’Antuono a Macerata Campania (Caserta). In onda l’8 giugno. Conferenza stampa a Roma il 23 maggio

Ritmi primordiali sprigionati da falci, tini e botti in un rito che tra sacro e secolare si rinnova di anno in anno a Macerata Campania, cittadina nascosta tra la Reggia di Caserta e l’Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere, in occasione della festa di Sant’Antonio Abate, che qui chiamano Sant’Antuono, che ricorre il 17 gennaio. Luigi Ferraiuolo, giornalista di Tv2000 ed autore di numerose pubblicazioni, è andato ad indagare sulle radici di questa musica che nelle parole di Monsignor Vincenzo De Gregorio, presidente del Pontificio Istituto di Musica Sacra, rappresenta un suono che viene da lontano e che potrebbe avvicinarsi alle note egizie o greche di cui ci sono rimaste poche tracce. Questo viaggio musicale è ripercorso nel docufilm “Libera nos a malo. La musica di Sant’Antuono contro il diavolo a Macerata Campania” (55’ 30”) che Tv2000 manderà in onda giovedì 8 giugno alle ore 22.45 (e venerdì 9 giugno alle ore 19) e che sarà presentato a Roma, al Senato (Sala Nassirya), alla presenza di autorità politiche e religiose. Il reportage vede il sogno di un bambino, Pasquale, dare inizio al racconto di questa festa che coinvolge tutte le generazioni, tramandandosi da secoli di padre in figlio senza soluzione di continuità. Gli elementi portanti sono la musica a percussione che si ricava dagli attrezzi della terra, i carri a forma di barca decorati con foglie di palma e la pasta con le castagne bollite. Chi suona questi strumenti viene chiamato “bottaro”, l’insieme dei bottari è definito “battuglia”, che è anche il nome del carro, e la pietanza della festa prende il nome di “pastellessa” (piatto creato da quello che tutti ricordano come Zio Antonio). Il sogno di Pasquale è di diventare “capobattuglia”, come il padre ed il nonno. Ha 11 anni e suona da quando ne aveva 6. Il valore di questa musica? “Scaccia i demoni che sono cattivi. Il ritmo ricorda il cielo”, dice Ilaria, 11 anni, che suona la falce. A Macerata Campania la tradizione vuole che la musica ottenuta percuotendo gli strumenti da lavoro della terra allontani il maligno per avere un ottimo raccolto, ma oggi è utilizzata anche per la musicoterapia. Ferraiuolo incontra gli abitanti di Macerata Campania per scoprire i significati più reconditi di questa musica caratterizzata da tre ritmi: “pastellessa”, tarantella e “Sant’Antuono”. Tra di loro, ci sono: Vincenzo Capuano, Mario Celato, Antonio D’Amico, Alfonso Munno, Roberto Nacca, Rosa Nacca, Michele Antonio Piccirillo, Stany Roggiero, Domenico Salzillo, Michele Sbarra, Giusy Ventriglia, Grazia Ventriglia. Sono “bottari”, ricercatori musicali, cuoche. Si ascolta il rappresentante religioso della cittadina, Don Rosario Ventriglia, parroco della Chiesa abbaziale di San Martino Vescovo, guida della festa che nella sua dimensione sacra rappresenta il rinnovo delle promesse battesimali, e il rappresentante politico, il sindaco di Macerata Campania, Stefano Antonio Cioffi, che sottolinea come i cittadini emigrati fanno ritorno durante i giorni della festa per continuare la tradizione dei padri e non d’estate, come di solito, negli altri paesi. Tra le immagini di balli e trampolieri, il reportage si sofferma sull’ascolto di alcune canzoni dal ritmo primordiale, fra queste: ‘A voce d’a votte, ‘A festa ‘e Sant’Antuono, Giuvanno core ‘e tatà, Santo Sereviesto. Nelle parole di Monsignor Vincenzo De Gregorio, “un importante fenomeno culturale, unico”, in lizza per il riconoscimento come patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco, che Ferraiuolo mostra nella sua interezza, riscoprendo una condivisione dal sapore antico.

Fattitaliani

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