Con la regia di Serena Sinigaglia, al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma arriva "Le difettose", un progetto di Emanuela Grimalda, tratto dall'omonimo romanzo di Eleonora Mazzoni in scena dal 13 al 15 ottobre. Emanuela Grimalda, attrice e autrice di origine triestina, alterna da sempre cinema, teatro e televisione: dopo il grande successo in Un Medico in Famiglia, si appresta a tornare nel piccolo schermo come rivela nell'intervista rilasciata a Fattitaliani.
Quale
aspetto l'ha maggiormente convinta a portare in teatro "Le
difettose"?
Dopo
aver letto il romanzo di Eleonora Mazzoni ho deciso di comprarne i
diritti e di metterlo in scena. Ho chiesto a Serena Sinigaglia di
fare la regia e l'ho in buona parte prodotto. Quindi è un progetto
cui tengo molto. Mi interessava il paradosso molto contemporaneo sul
tempo: l'età della vita si è molto allungata ma l'età fertile è
rimasta la stessa. Inoltre la scienza ha allargato gli orizzonti
costringendoci a spostare i confini etici e ha creato non poche
contraddizioni nella società. Anche molto dolorose. Il teatro ha il
dovere di mettere in campo queste contraddizioni.
La
trasposizione teatrale porta ovviamente a dei cambiamenti d'ordine
"tecnico e pratico": come fare a rendere lo spettacolo
teatralmente autonomo in sé e al contempo coerente allo spirito del
romanzo?
Abbiamo
lavorato tutte e tre alla riduzione teatrale. Per ovvie ragioni
abbiamo centrato su alcuni personaggi il plot della storia dando
spazio anche a personaggi nuovi. Qualcosa del romanzo è stato
sacrificato. Ma la storia di Carla, la difettosa che cerca di avere
un figlio, attraverso il suo percorso doloroso ma anche pieno di
vitalità è intatta. Il monologo è a sette personaggi. Cinque donne
e due uomini. E si ride anche.
Era
già a conoscenza dei vari aspetti della procreazione assistita? in
che cosa il libro e poi lo spettacolo l'hanno resa più consapevole
al riguardo?
Nel
2012 non sapevo quasi nulla della procreazione medicalmente
assistita. Ma la storia che volevo raccontare non è solo questo
specifico. Volevo un ragionamento attuale sul concetto di vita che
però vivesse nel cuore e nel corpo di un attore. Volevo parlare
delle persone che ci sono sempre dietro le leggi o i numeri. Dare
voce a chi ne ha poca. Farne uno spettacolo che parla a tutti perché
il desiderio di un figlio è un desiderio universale. È un bisogno
di infinito che accomuna uomini e donne.
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Foto di Manuela Pellegrini |
A
chi spera arrivi nel suo messaggio centrale "Le difettose":
alle donne, agli uomini o alle istituzioni?
Vorrei
che Le
Difettose
fosse visto da tante persone. Donne, uomini, giovani. Io
lo farei anche nelle scuole. Si presta molto. Dura un'oretta. È
anche attraversato dall'ironia. Ci si commuove e ha un ritmo serrato.
Le istituzioni, la classe dirigente sono spesso ritardo rispetto al
paese. Quindi ben vengano.
Che
cosa dà il teatro in più rispetto alla fiction? e viceversa?
Il
teatro è la mia casa. Io sono nata a teatro. Tutto torna al teatro
come l'acqua va al mare. A teatro l'attore è fragile e onnipotente.
Sublime nella sua nudità. Solo a teatro l'attore può trovare la sua
verità. Il teatro non morirà mai perché attiene alla condizione
umana. E non ha bisogno di nulla o di molto poco. In questo è
un'arte rivoluzionaria perché per esistere non ha bisogno del
capitale.
La
rivedremo in tivù?
Sì,
sto iniziando a girare un tv movie, una coproduzione italo tedesca
con Stefania Rocca e Ricky Tognazzi. Ho grande rispetto della
televisione che oltre ad avermi fatto conoscere a tante persone mi ha
consentito anche di poter investire economicamente in un
progetto teatrale come Le
Difettose.
Questo perché volevo avere la massima libertà decisionale sul
progetto stesso. Anzi esorto gli attori che se lo possono
permettere a mettersi in gioco, a rischiare in proprio per costruire
quel nuovo di cui tutti abbiamo bisogno. Giovanni Zambito.
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Foto di copertina di Andrea Ciccalè