La
strage di Viareggio così come tante altre avrebbero veramente
bisogno di trasparenza. I familiari delle vittime, cercano verità e
giustizia e dicono No alla prescrizione perché “il dolore non va
in prescrizione”.
Massimo Bondielli,
autore e regista di Ovunque Proteggi, com’è stato lavorare con
persone che non sono del settore?
Con Gino Martella, ci
eravamo conosciuti nel fango dell’alluvione delle Cinque Terre e da
lì era nato “Se io fossi acqua”, da lì in lui era nata la
voglia di raccontare certe cose. Ovunque proteggi è stato il
proseguimento dell’esperienza nata con Se io fossi acqua. E’
avvenuto tutto in modo molto naturale, io sono di Massa a cinque
chilometri da Viareggio ed ho sempre seguito con interesse la strage.
Ad un certo punto ho sentito la necessità di voler raccontare e di
capire come queste persone erano riuscite e se erano riuscite a
superare un dramma così profondo. Ne ho parlato con Gino e gli ho
detto “proviamo a buttarci in questa nuova avventura”. Abbiamo
iniziato con il timore, con la paura. Ci siamo avvicinati in punta di
piedi a questa storia enorme perché il dolore di queste persone si
può solo immaginare però capire fino in fondo è impossibile.
A proposito di dolore,
Marco Piagentini e Daniela Rombie hanno deciso di
donare il loro dolore agli altri per cercare di superarlo e per
cercare di farlo conoscere a tanti.
La cosa bella in questa
vicenda così drammatica è che in fondo anche ai drammi più
profondi, c’è sempre la luce. Questa luce loro l’hanno
dimostrata perché oltre a superare il danno, oltre ad avere una
voglia di vivere profonda e forte, hanno deciso di portare in giro un
discorso di sicurezza e rispetto. Stare con loro, una volta superato
il primo approccio che doveva essere difficile e complicato, si
respira un’aria particolare dove i sentimenti sono all’ennesima
potenza.
Finalisti al Global
Show Film Awards. Quali sono le tue aspettative?
Il cortometraggio è
nato con due intenti, uno è quello di portare alla luce una vicenda
come la strage di Viareggio, dimenticata e dimenticabile e poi
Ovunque Proteggi vuole essere l’anticamera di un lungometraggio che
si intitolerà “Il sole sulla pelle che è in fase di svolgimento”.
Le aspettative per New York? Sarebbe bello vincere ma quello che
importa è che fino ad oggi il cortometraggio è stato selezionato in
una ventina di Festival ricevendo anche dei riconoscimenti ed ogni
Festival è l’occasione, insieme ai familiari delle vittime di far
vedere non solo il cortometraggio ma anche di parlare di ciò che è
successo. Questo è bello non solo perché si informano altre
persone, è bello anche perché i familiari hanno modo di esprimere
quello che sono davanti ad un pubblico sempre diverso. Le aspettative
sono tante ma anche i riconoscimenti che sono arrivati, sono molti.
Come sei riuscito a
sintetizzare in 12 minuti la strage e perché la strage di Viareggio
è stata dimenticata da molti?
Ha seguito molto i suoi
tempi. Il mio modo di lavorare è quello di entrare nella storia e di
viverla in prima persona e poi da dentro, tirare fuori la storia. In
questi otto mesi con loro, passando delle giornate semplicemente al
bar o alle manifestazioni o al processo, quello che ho respirato, ho
cercato di metabolizzarlo e poi di tirarlo fuori attraverso questo
racconto breve. Ho immaginato come la corsa di Marco Piagentini fosse
un po’ la vita che ad un certo punto subisce questo grosso stop,
questo dramma immenso però alla fine si può sempre guardare avanti
e sopravvivere. Per quanto riguarda il dimenticato o il volutamente
dimenticabile, purtroppo in Italia, storie dove ci sono grosse
responsabilità, si tende sempre un po’ a nasconderle. Questo credo
che sia un problema generale di tutti i drammi che sono successi in
Italia e Viareggio è uno di questi. L’unico mezzo che hanno i
familiari è quello di essere in aula, tutti i mercoledì mattina per
chiedere verità e giustizia. Credo che alla fine si arriverà ad una
sentenza, spero positiva per loro anche se c’è il problema della
prescrizione perché due dei reati andranno in prescrizione, questo è
un altro problema italiano con il quale loro faranno i conti.
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