Gianfranco Jannuzzo, insieme a Debora Caprioglio in “È ricca, la sposo... e l'ammazzo”, al Teatro Quirino fino al 24 aprile. Fattitaliani lo ha intervistato.
Parliamo del tuo personaggio Orazio, misogino, burbero e quasi
antipatico, contrario al matrimonio... ma alla fine?
Alla fine ha la grande fortuna di rimanere immediatamente simpatico
alla sua vittima predestinata, Albertina, interpretata da Debora
Caprioglio in maniera sorprendente perché invece di puntare sulla
sua bellezza, punta sulla sua bravura di attrice. Ha fatto
un'operazione molto intelligente, Debora è una compagna di lavoro
straordinaria.
Il mio personaggio era molto difficile da affrontare perché il
paragone era improbo, nel senso che nel film da cui è tratto, il
personaggio era addirittura interpretato da Walter Matthau. Ci voleva
molto coraggio da parte mia, molta “faccia di tolla”, ma anche
l'incoscienza di chi deve affrontare un personaggio e deve avere
anche la presunzione di affrontarlo a modo suo. In questo sono stato
aiutato molto dal regista Patrick Rossi Gastaldi che mi vuole molto
bene e che mi stima molto, mi ha incoraggiato dicendo “ce la puoi
fare, la fai a modo tuo, sarà un'altra cosa ma sarà ugualmente
bella”. Sono stato contento del risultato finale. All'inizio il
personaggio è addirittura antipatico, non vuole sapere di donne,
scostante, molto superficiale, scialacqua denaro che evidentemente
gli è stato lasciato dalla famiglia, vive con una governante, fa una
vita un po' inutile. Al Sud diremmo è “nu tritrulu senza simenza”.
La cosa bella è che l'incontro con questa donna così bella, così
fragile, così dolce, così insospettabilmente coerente nella sua
passione per gli insetti, per il suo mondo, riesce a
modificare in Orazio, il suo modo di pensare la vita e l'approccio
che aveva con le donne. Comincia a provare dei sentimenti che non
aveva mai provato prima, è disturbato e si chiede che cosa sta
succedendo. Quella persona gli manca, a lui che non è mai mancato
nessuno. Comincia a ragionare su ciò che è successo “E se si è
persa? Se l'hanno rapita?”. Comincia a preoccuparsi. Era vigliacco
e diventa coraggioso, era opportunista e diventa leale, era misogino
e diventa innamorato dell'amore al punto che Orazio diventa un
bellissimo personaggio. Siccome entrambi sono personaggi
paradigmatici, diventano tutto ciò che pensiamo di buono. All'inizio
sono esattamente l'opposto, lei è goffa, bruttina, non certo
attraente. Lui raccoglie tutti i difetti che hanno gli uomini quando
sono scapoli, un po' arido, grazie a lei diventa tutt'altro. È una
bella storia d'amore che intrattiene il pubblico e fa ridere. Ci
riusciamo perché abbiamo un cast di attori eccezionale.
A proposito di pubblico, Gino Bramieri diceva “bisogna essere
molto umili e non fare i divi o dire “io non voglio
incontrarvi”. Qual è il tuo rapporto con il pubblico?
Esattamente questo ma noi ci siamo trovati da questo punto di vista
con Bramieri perché lui aveva un grande affetto per il pubblico, un
grande rispetto. Io ce l'ho sempre avuto perché vengo dalla scuola
di Proietti che ha formato tanti attori e lavoriamo tutti molto bene.
Proietti aveva l'idea dell'attore che doveva saper fare tutto. Una
disciplina che Gigi ci ha inoculata, sempre avendo un grande
rispetto per il pubblico, perché avere rispetto per il pubblico,
significa avere rispetto per se stessi. Anche noi attori, quando
andiamo a conoscere un collega che ci è piaciuto, facciamo un
piccolo gesto di umiltà. Se dici di no, deludi tantissimo quella
persona che è venuta a trovarti. Anche a non voler essere
predisposti con l'animo, anche a voler fare un calcolo cinico, cosa
che non mi riguarda, sarebbe stupido rifiutare d'incontrarli, visto
che dobbiamo tutto al pubblico.
Hai iniziato con Bramieri, hai fatto con lui sei stagioni.
Che ricordo hai di lui?
Bellissimo perché è stata una combinazione molto fortunata. Ero
arrivato al Sistina, perché Pietro Garinei mi aveva scoperto in un piccolo Teatro, il
Teatro dell'Orologio a Roma con “C'è un uomo in mezzo al mare”.
Garinei si chiese cosa fare di questo ragazzo praticamente
sconosciuto. Avevo già fatto Shakespeare, Pirandello. Avevo lavorato
con la Moriconi, con la Falk, con Turi Ferro, con Scaparro, con
Lavia. Avevo fatto diverse esperienze e Garinei mi trattò come un
fenomeno, mi diede il Sistina da solo che non l'aveva avuto quasi
nessuno. Non sapendo cosa farmi fare, invitò i suoi amici, c'era
Albertazzi, Baudo, le Kessler, Montesano, Bramieri che venne in
camerino e mi fece dei complimenti, mi sembrò il più sincero e
Garinei che era presente, disse poi a Gino “ Ma tu dicevi sul serio
quando hai detto a questo ragazzo che ti sarebbe piaciuto lavorare
con lui?” “Ma sì mi piacerebbe lavorare proprio con lui perché
è bravo”. Cominciarono a scrivere delle commedie per noi, la prima
delle quali era “Gli attori lo fanno sempre” che raccontava la
storia di un padre ed un figlio molto diversi tra loro. Uno del Nord
ed uno del Sud; uno con i capelli bianchi ed uno con i capelli neri;
uno di televisione ed uno di Teatro; c'erano dei contrasti che però
fecero sì che quello spettacolo fu un trionfo. Una cosa che per me
fu veramente inaspettata è che ebbi il nome in Ditta con Bramieri.
Non avevo ancora il nome di richiamo da poter aspirare ad una
locandina così prestigiosa. Fu un investimento su di me
straordinario che ho sempre cercato di non disattendere. Tant'è vero
che poi gli altri anni si fecero tre spettacoli che sbancarono in
botteghino. Gli spettacoli venivano scritti apposta per noi da autori
come la Fiastri, Terzoli e Vaime, Amurri e Verde, insomma gli autori
migliori che c'erano allora.
Tu hai fatto Televisione con gli autori che hai appena citato,
perché non esiste più il varietà di una volta?
Me lo chiedo anch'io ed è un peccato mortale. Credo che invece il
pubblico apprezzerebbe moltissimo. Prima ancora di voler fare
l'attore, il mio mito da ragazzo era Walter Chiari. Fui fortunato
di avere come Maestro, Gigi Proietti che secondo me è il più grande
attore che abbiamo in Italia. Sono un po' di parte ma cerco di essere
anche un po' obiettivo, l'ho visto fare qualsiasi cosa, da Seneca
ad A me gli occhi Please. Fa tutto ciò che vuole. Gigi
soprattutto in teatro, è mostruoso, inarrivabile. Però il mio mito
era Walter Chiari che giocava con le parole perché le conosceva e
poi era distinto, elegante mai volgare. Per carità, la parolaccia
ogni tanto ci sta bene pure, diventa divertente e spiritosa ma
puntare su quello diventa stupido, perché all'inizio il pubblico
ride però poi diventa una risata che non lascia nulla,anzi lascia
un po' d'imbarazzo. Il pubblico televisivo nel varietà amerebbe
moltissimo quel modo d'intrattenere il pubblico, con le persone che
lo sanno fare.
Come Mina e Raffaella Carrà in Milleluci?
Sì! Con i cantanti e con gli attori che sanno intrattenere il
pubblico. Fiorello ci aveva provato a fare delle cose di quel
livello lì e c'era riuscito molto bene perché è un grandissimo
artista. Quel tipo di televisione mi piacerebbe. Andare a fare la
televisione come si fa adesso che ti chiamano nei talk show ad
andare a parlare di aria fritta, mi trova in imbarazzo. Ne faccio
volentieri a meno. Ci sono meno occasioni, mi manca molto. Mi
piacerebbe, muoio dalla voglia di fare della bella televisione.
Una battuta dello spettacolo è “Ci illudiamo di vivere ma in
realtà accumuliamo solo ricordi. Cosa ne pensi?
La vita è diventata veramente frenetica. Abbiamo la voglia di
rincorrere il successo, le affermazioni personali, i soldi per pagare
le bollette. Dimentichiamo che il tempo passa, ciò su cui mi fa
riflettere mia moglie Ombretta, senza dirlo ma con il suo esempio,
godersi anche i momenti straordinari che stiamo vivendo, semplici
anche, di vita normale senza avere sempre obiettivi da raggiungere. Sì è bello avere obiettivi,
volere andare avanti ma anche godersi quello che si è conquistato
nelle piccole cose, non soltanto materiali. Hai notato questo ma
avrai anche notato che si parla anche del fatto che noi italiani
abbiamo scialacquato soldi a destra e sinistra ed adesso ci troviamo
in crisi. Dalla crisi abbiamo imparato che stiamo dando giusto valore
al denaro che guadagniamo. Si punta però senza dirlo sul grande
rispetto che l'uomo ha per la donna.
Sostengo sempre che quando gli uomini siamo tra di noi c'è sempre
qualche deroga alla civiltà interiore, ci lasciamo un po' andare.
Appena c'è una figura femminile accanto cerchiamo sempre di dare il
meglio di noi stessi. Sembra una metafora cretina ma alla fine, la
donna ci migliora. Siete apparentemente frivole ma in realtà siete
concrete. La donna è quella cosa bella che sappiamo noi
meridionali: la società è matriarcale, la donna è madre, è terra.
Non tutti gli uomini la pensano così, visto l'aumento dei
femminicidi...
Quello dipende dalla grande ignoranza, se si avesse invece un minimo
di cultura, intesa non come conoscenza delle cose ma come cultura
dell'umanità.
Hai sempre la Sicilia nel cuore, fai anche qualche battuta in
dialetto nello spettacolo...
Sì anche se non c'entra nulla ma me la fanno passare.
Tuo Padre sognava per te la professione di avvocato, di notaio o
di magistrato. È rimasto soddisfatto della tua carriera?
Ho perso mio padre quattro anni fa.
Lui sognava per me una professione concreta, sai che il nostro
mestiere è aleatorio.
Può esserci il lavoro come può non esserci ed avere dei lunghi
periodi d'inattività. Siamo dei precari. Quando andò da Proietti
che gli disse “Ma che gli devo insegnà?Se il ragazzo studia, può
arrivare a fare delle cose importanti”. Papà fu contento di questo
imprimatur di Proietti, poi iniziai ad avere qualche piccola
affermazione, addirittura il successo, ne fu orgoglioso.
Secondo te, oggi per un ragazzo è più facile
o più difficile approcciarsi a questo mestiere?
Più difficile perché ci sono meno occasioni, meno modelli a cui
rapportarsi. Ci sono confusioni grandi per i ragazzi che non sanno a
quali modelli ispirarsi, ed è pericoloso. Però i ragazzi di oggi,
in confronto a quello che eravamo noi, sono nativi digitali, hanno
una velocità intellettuale pazzesca. Noi ce lo sogniamo. Giocavamo
con il carrettino di legno, loro da piccoli giocano con la
playstation. Quando capiscono che devono puntare solo su se stessi,
investono su se stessi. Loro sono molto migliori di come eravamo noi.
Quando in famiglia non ci sono modelli, non ci sono esempi, non sanno
a quale Santo rivolgersi, entrano in confusione. Ai ragazzi dico
sempre “Qualunque cosa si voglia fare,ci vuole molta umiltà e
tanta voglia e curiosità d'imparare da quelli più bravi di te. Se
si è presuntuosi si cade. Ho sempre in mente ciò che diceva
Bramieri “Mai strafare quando arriva la risata è come una droga
per l'attore, ti devi invece sentire come un ciclista in discesa, se
pedali, cadi!
Elisabetta Ruffolo