In
trent’anni di attività ho firmato la regia di circa trenta film e
di una sola commedia, mentre di altre sono stato interprete. Da David
Rabe a Stefan Berkoff, ho sempre prediletto testi di drammaturgia
contemporanea, per lo più di ascendenza anglosassone (unica
eccezione, ‘Art’ di Yasmine Reza). Comprensibile, visto che una
parte di me è in quel mondo che affonda le sue radici, sia
anagrafiche che culturali.
Ha
senso ricordarlo al momento in cui affronto il mio primo copione di
autore italiano. Anzi, di autrice. Anzi, di Simona. Sicché, della
persona che più di ogni altra è mescolata al mio universo creativo
in un febbrile rapporto di reciproche sollecitazioni (da trent’anni,
in perfetta consonanza col mio curriculum professionale!). Ma a
prescindere da questo, “Figli, mariti, amanti” ha molti tratti
affini ai titoli con cui già mi sono confrontato. Innanzitutto, la
straripante forza ritmica, l’esuberanza di dialoghi, l’incalzante
capacità che hanno le battute di mordersi l’un l’altra.
A
questo pensavo mentre Simona mi
leggeva la
prima versione del testo, nata di getto. La cosa merita di essere
sottolineata poiché già racconta molto della commedia, che ha il
suo marchio più vitale proprio in una verbalità magmatica, a tutto
tondo. Tonificante e tossica al tempo stesso. Voci che si intrecciano
le une alle altre maturando relazioni, caratteri, personaggi e,
infine, una storia. Tant’è che il lungo lavoro successivo di
revisione, le innumerevoli limature e correzioni, non hanno affatto
stemperato questo tratto di irruenza originario. Semmai, lo hanno
affinato al massimo grado.
Dalle
voci in collisione mi è stato facile immaginare lo scaturire, con
prepotenza comica, di corpi, di fisionomie e di situazioni. Mi è
stato anche facile intuire il calco reale di tante circostanze e di
talune battute, come il tic di un amico o la fragilità di un altro.
Le fonti umane, insomma; le persone che precedono i personaggi. Ma si
sa: così si scrive, così si crea. Importante è che poi il testo
sappia far dimenticare i suggerimenti della realtà e assumere
carattere autonomo, offrendosi allo spettatore come un racconto in
cui riconoscersi e immedesimarsi.
La
nostra storia, che si snoda in presa diretta come fosse un lungo
piano sequenza, inizia di sera e prosegue con l’avanzare della
notte all’interno di un sofisticato loft destinato a trasformarsi
da dimora accogliente in territorio di scontri e riconciliazioni.
Una
coppia, addestrata a battibecchi resi ormai innocui da una
consolidata tradizione di schermaglie domestiche, subisce
l’intromissione proditoria di una seconda coppia composta da un
vecchio amico in perenne stato di necessità e da una sua recente e
assai più giovane compagna. I due trascineranno a casa dei primi
l’onda lunga di una litigata furibonda e impietosa che getterà
anche costoro in un rutilante vortice di rinfacci senza esclusione di
colpi dando corpo alla messa in campo di un alterco assoluto, denso
di colpi di scena e tessuto da battute fulminanti. D’altronde,
quando si è in presenza di un contenzioso ad alta temperatura, gli
esseri umani, per difendersi, sanno affilare le armi verbali al punto
che, nel
pathos del momento,
si rivelano addirittura capaci di comporre endecasillabi perfetti.
Due
relazioni - una coniugale, l’altra estemporanea - si fonderanno,
dunque, in una girandola di malintesi e permalosità sino a
ricomporre il paesaggio di una nuova armonia. Se più forte o più
precaria della precedente è materia offerta alla discussione.
In
quanto al Maschio Superfluo, cui si accenna nel sottotitolo: spero di
non essere Io.
Ricky
Tognazzi
Dal
12 al 30 aprile
SALA
UMBERTO
Via
della Mercede, 50 Roma
Tel.
06 6794753 www.salaumberto.com
Martedì
ore 21, mercoledì ore 17, giovedì e venerdì ore 21, sabato 17 e 21
domenica 17
Prezzi
da 35€ a 263€