Il traghetto che mi porta da Civitavecchia a Palermo sta per partire. Appena una notte di viaggio, e domattina rivedrò ancora una volta la familiare sagoma di Monte Pellegrino.
Improvvisamente mi viene in mente qualcosa.
Vado su Google Maps e controllo la distanza che percorrerò: meno di 500 chilometri. E la distanza fra le coste libiche e quelle della Sicilia meridionale quant’è? Praticamente identica. Non molti chilometri in più, e siamo a Catania.
Qualcuno ha detto "se vuoi prevenire le mosse del tuo nemico, pensa come pensa lui".
Proviamo allora a pensare come penserebbe l’ISIS, anzi quella filiale dell’ISIS che opera in Libia, nel caso che, come sembra ormai probabile:
- Dalla base di Sigonella, e cioè da Catania, partano i droni che li colpiscono;
- L’Italia mandi truppe sul territorio.
L’ISIS, teniamolo presente, sa bene che l’Italia, a differenza di altri Paesi occidentali, non brilla per coerenza politica, e che gli italiani non hanno il senso dello Stato. E sa quindi che quando attacca nazioni come la Francia o la Gran Bretagna, anziché scoraggiarle le rende più dure, mentre se attaccasse l’Italia, creerebbe un caos paralizzante in cui tutti darebbero la colpa a tutti tentando di trarne profitto politico, col risultato che diventeremmo un’arma spuntata e un elemento disgregatore della coalizione.
Se voi foste l’ISIS, non comincereste a organizzare raid suicidi in Sicilia (e non solo in Sicilia) di jihadisti con tanto di kalashnikov e cinture esplosive, facendoli arrivare via mare? Magari non sui soliti barconi pronti ad affondare riservati ai poveri migranti, ma su imbarcazioni in buone condizioni di cui certamente non mancano, come non mancano di armi, munizioni e di quei nuovissimi pickup e camionette che vediamo sfilare con tanto di bandiere nere.
Si tratterebbe peraltro di azioni molto più facili da organizzare di quelle che hanno già dimostrato di saper fare, ad esempio, in Francia.
E mi chiedo: l’Italia è preparata a questo, o aspetta che l'ISIS prenda l’iniziativa per poi andare in panico?
Perché, sapete, è da migliaia di anni che sulle coste siciliane è sempre sbarcato chi ha voluto, prendendoci sempre di sorpresa.
Oggi è il 6 marzo 2016: mi auguro con tutto il cuore di poter dire, fra qualche anno, "mi ero sbagliato".
Carlo Barbieri
Carlo Barbieri è uno scrittore nato a Palermo. Ha vissuto a Palermo, Catania, Teheran, il Cairo e adesso fa la spola fra Roma e la Sicilia. Un “Siciliano d’alto mare” secondo la definizione di Nisticò che piace a Camilleri, ma “con una lunga gomena che lo ha sempre tenuto legato alla sua terra”, come precisa lo stesso Barbieri. Scrive su Fattitaliani, NitroNews, Il Fatto Bresciano, QLnews, Sicilia Journal e Malgrado Tutto, testata su cui hanno scritto Sciascia, Bufalino e Camilleri. Ha scritto fra l’altro “Pilipintò-Racconti da bagno per Siciliani e non”, i gialli “La pietra al collo” (Todaro Editore, ripubblicato da IlSole24Ore) e “Il morto con la zebiba” (candidato al premio Scerbanenco) e “Uno sì e uno no”, una raccolta di racconti pubblicata da D. Flaccovio Editore. Suoi scritti sono stati premiati alla VI edizione del Premio Internazionale Città di Cattolica, al IV Premio di letteratura umoristica Umberto Domina e alla VII edizione del Premio Città di Sassari e al Premio Città di Torino. I suoi libri sono reperibili anche online, in cartaceo ed ebook, su LaFeltrinelli.it e altri store.