Fiorello, annullato a Palermo "L’Ora del Rosario" per una tossicosi alimentare. La verità su complotto (forse)

Secondo fonti in genere malamente informate, Fiorello sarebbe rimasto vittima di un complotto Messino-Catanese che ha visto per una volta d’accordo le due città che da sempre nutrono un insopprimibile rancore per la capitale dell’isola: Messina, che odia Palermo a causa della plurisecolare aspirazione a diventare capitale del Regno che nemmeno i centocinquant’anni di Repubblica hanno sopito; Catania, per l’invidia derivante dalla consolidata superiorità delle arancine sugli arancini, mai (è il caso di dire) digerita, nonché per la altrettanto consolidata capacità di Palermo di sopravvivere alla crisi senza dovere ricorrere al vero lavoro, cosa resa possibile dalla presenza della sede del governo regionale, soprannominato da alcune malelingue “the slot machine” e da altre “bancomat”.

I catanesi avrebbero fornito al piano criminale una partita di arancini che, già difficilmente digeribili per natura, sembra che appena entrano nel territorio della Felicissima Palermo subiscano una mutazione che produce tossine da fare impallidire quelle di antrace e botulino.
Se si dice che Catania abbia fornito l’arma del tentato Fiorellicidio, Messina si sarebbe occupata della logistica e della messa a punto del meccanismo dell’inganno. Gli arancini sarebbero stati infatti trasportati da un coloratissimo carrettino siciliano pieno di giummi  e pennacchi, carico di Canterini Peloritani in piena attività, lungo la direttrice autostradale Catania-Messina-Palermo, evitando quindi la più breve Palermo Catania, che fra sospetti di piloni depotenziati e maledizioni leghiste appariva poco sicura. Fiorello sarebbe stato poi indotto a ingurgitare una quantità semi-letale (ossia da “lassari menzu mortu”) di arancini da un biglietto preparato dai messinesi:  “Mànciali, figghiu miu, ca cu tuttu ’u cori ti fici” – apparentemente firmato da mamma Rosaria.
Sembra che l’attore si sia salvato grazie a due litri di “autista”, bibita esplosiva a base di limone e bicarbonato capace di miracoli gastroenterici, prontamente somministratigli nel camerino per endovena da “Totucciu ‘u dutturi”, sedicente medico, in realtà bibitaro in un chiosco non molto lontano dall’Ucciardone, noto per essere la prima tappa di tutti i carcerati che varcano il portone nel senso fortemente desiderato.
Carlo Barbieri
Carlo Barbieri è uno scrittore nato a Palermo. Ha vissuto a Palermo, Catania, Teheran, il Cairo e adesso fa la spola fra Roma e la Sicilia. Un “Siciliano d’alto mare” secondo la definizione di Nisticò che piace a Camilleri, ma “con una lunga gomena che lo ha sempre tenuto legato alla sua terra”, come precisa lo stesso Barbieri. Scrive su Fattitaliani, NitroNews, Il Fatto Bresciano, QLnews, Sicilia Journal e Malgrado Tutto, testata su cui hanno scritto Sciascia, Bufalino e Camilleri. Ha scritto fra l’altro “Pilipintò-Racconti da bagno per Siciliani e non”, i gialli “La pietra al collo” (Todaro Editore, ripubblicato da IlSole24Ore) e “Il morto con la zebiba” (candidato al premio Scerbanenco) e “Uno sì e uno no”, una raccolta di racconti pubblicata da D. Flaccovio Editore. Suoi scritti sono stati premiati alla VI edizione del Premio Internazionale Città di Cattolica, al IV Premio di letteratura umoristica Umberto Domina e alla VII edizione del Premio Città di Sassari e al Premio Città di Torino. I suoi libri sono reperibili anche online, in cartaceo ed ebook, su LaFeltrinelli.it e altri store.   

Fattitaliani

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