“Vorrei essere solo felice. Ma chi
lo è? Chi è davvero felice” sono queste le parole con le
quali si chiude la vita di Marilyn Monroe, interpretata in maniera
straordinaria da Loredana Cannata (intervista) che ha anche scritto e diretto lo
spettacolo teatrale Marilyn Monroe - Her Words.
Sulla scena Marilyn si contrappone a
Norma Jeane Mortenson, il vero nome dell’attrice che la mamma aveva
scelto omaggiando le sue attrici preferite (Norma Talmadge e Jean
Harlow). Alla Cannata basta un rossetto rosso per rendere in maniera
intensa Marilyn che pur trasformandosi, continua ad avere le stesse
paure che non l’avevano mai abbandonata fin dalla più tenera età,
visto che aveva vissuto gran parte della sua infanzia nelle case
famiglia ed era stata affidata ad undici famiglie diverse che
l’avevano presa in cambio di denaro ma non la trattavano allo
stesso modo dei loro figli. E’ un sequel di ricordi orribili
“facevo il bagno per ultima, con la stessa acqua in cui prima si
erano lavati tutti”. Gli occhi le si illuminano quando racconta che
aveva cinque anni e la mamma lavorava in un cinema e la lasciava per
ore a vedere i film da sola nella sala. Aveva tredici anni quando
vide “il mago di Oz” e la straordinaria interpretazione di Judy
Garland, è così minuziosa che per un attimo è come se alla scena
si contrapponesse lo schermo e scorressero le immagini.
La voce è quasi roca con i ricordi
del ricovero nella Clinica psichiatrica, dove finì a causa del suo
consumo di alcool e droghe. Quando il rapporto con il marito Arthur
Miller si deteriorò, venne in seguito affidata allo psichiatra Ralph
Greemson ed è con lui che parla anche da casa registrando tutto,
mentre aspetta invano la telefonata del Senatore Robert Kennedy
anche se in cuor suo sa che l’ha già dimenticata. E’ delusa
anche dal licenziamento dal suo ultimo film “Something’s got to
give”.
Beve champagne ed ingerisce
barbiturici. Corteggiata da molti, l’unico che l’abbia veramente
amata è stato il primo marito Joe Di Maggio, organizzerà il suo
funerale e per vent’anni farà recapitare tre volte a settimana un
mazzo di rose rosse sulla sua bara.
Diva di Hollywood, Marlen Dietrich la
definì “la prima vera sex simbol” ma attraversò la vita in
solitudine. Non amavano Norma e neanche Marilyn a il personaggio che
le avevano sapientemente cucito addosso.
Grande prova da parte di Loredana
Cannata quella di addentrarsi nella sua vita, non è cosa da tutti
interpretare una storia oscura e rendere al meglio la solitudine
assoluta di una donna non solo bella ma anche attrice.
Marilyn per tutta la sua breve vita,
aveva rincorso la felicita. Dopo la sua morte fu trovato uno scritto
dedicato a Di Maggio “Caro Joe, se io potessi solo farti felice,
sarei riuscita nella cosa più grande e più difficile che ci sia,
rendere una sola persona completamente felice. La tua felicità vuol
dire la mia felicità”.
Felicità che non è riuscita a trovare
né come Norma Jane, né come Marilyn Monroe. Il destino aveva scelto
per lei diversamente.
Elisabetta Ruffolo