Herbert
Grabe,
fotografo e tour operator lontano dal turismo di massa, ha voluto
raccontare il rapporto pastori/paesaggi attraverso una selezione di
scatti realizzati nel corso di una trentennale frequentazione delle
montagne abruzzesi attraverso la mostra - intitolata “Transumanza:
Kultur
und Natur der Schäferei in den Abruzzen”
(Transumanza: cultura e
natura della pastorizia in Abruzzo) che si tiene a Regensburg
(l’antica Ratisbona) - dal 25 ottobre al 14 novembre 2015.
L’impiego della parola italiana, anche se in tedesco esiste il
corrispondente vocabolo di transumanza (transhumanz),
intende proprio sottolineare la leggendaria e millenaria pratica
delle trasmigrazioni dei pastori abruzzesi verso il Tavoliere delle
Puglie, attraverso la vasta rete tratturale di un tempo. La
mostra è allestita nel ristorante “Leerer Beutel”, nel centro
storico di Regensburg, che nel periodo dell’esposizione proporrà,
oltre al consueto menù, piatti e prodotti abruzzesi.
Abbiamo
rivolto qualche domanda ad Herbert
Grabe,
per comprendere meglio lo spirito della mostra.
D.
Come nasce il suo interesse sul tema ?
R.
Sin dal mio primo viaggio in Abruzzo sono rimasto colpito dalle
montagne e dal mondo pastorale. Ho quindi approfondito il tema della
transumanza. Quella orizzontale, praticata per secoli, soprattutto
verso il Tavoliere, dopo aver attraversato il Molise, non esiste più
da tempo, ma rimane una residua transumanza verticale.
D.
Ho quasi l’impressione che nel suo girovagare tra le montagne
immagini ancora la presenza di pastori e sterminate greggi come
doveva essere fino all’Ottocento ?
R.
Si. Per me montagne e pecore sono ancora qualcosa di inscindibile in
Abruzzo. Ci sono borghi e paesaggi che conservano ancora reliquie
della cultura pastorale. La
pastorizia del passato ha lasciato un’influenza enorme sul piano
sociale e culturale. Basti pensare ai tholos della Maiella.
D.
La crisi dell’economia pastorale ha portato negli anni a fenomeni
quali l’emigrazione e l’abbandono delle aree interne. Cosa rimane
di quel mondo ? –
R.
Sono
ormai pochissimi quelli che lavorano come hanno sempre fatto,
seguendo natura e tradizioni. Conosco un certo numero di pastori
abruzzesi o persone che vivono della pastorizia. Tra questi Gregorio
Rotolo
di Scanno, Nunzio
Marcelli
e Manuela
Cozzi
di Anversa degli Abruzzi, Giulio
Petronio
di Castel del Monte. Ho grande rispetto per questo duro lavoro, oggi
svolto anche da diversi pastori provenienti dai Balcani. Ho voluto
ricordare questo mondo con la mostra che celebra il ventennale della
promozione dell’Abruzzo come Herde
und Wind
(Terra e vento), tour operator specializzato nel turismo ambientale.
La
stampa tedesca si è occupata della mostra con articoli in cui si
esprimono considerazioni interessanti. In particolare, Florian
Sendten
sul quotidiano Mittelbayerische
del 21 ottobre, nel richiamare alcuni episodi di allarme per isolate
presenze del lupo segnalate in alcune aree della Germania, esalta il
mito dei pastori abruzzesi, pastori di razza, abituati a convivere
quotidianamente con i lupi e le intemperie. L’articolo è
accompagnato dalla foto di Gregorio
Rotolo,
che rappresenta, insieme a Nunzio
Marcelli,
non più l’immagine pittoresca del pastore abruzzese, ma quella di
personaggi autentici, i quali esprimono la presenza residuale di
esempi di compassata fierezza, di robustezza fisica, umanità e
saggezza, pressoché in continuità con l’immaginario mondo dei
viaggiatori romantici del Grand Tour, che continua ad esercitare,
forse anche inconsapevolmente, la sua influenza anche sui viaggiatori
del terzo millennio, in particolare di quelli che si sono lasciati
alle spalle i modelli propri del turismo di massa.
Herbert
Grabe,
affascinato dal paesaggio abruzzese nella primavera del 2012, volle
difendere il territorio dall’ipotesi di realizzazione di un parco
eolico a Santo Stefano di Sessanio attraverso un accorato documento
diffuso tra istituzioni e associazioni. Si è anche impegnato negli
anni scorsi per raccogliere 25mila euro in favore del teatro La
Fragolina
nel comune di Fossa,
danneggiato dal terremoto del 2009.
La
sua mostra ha il merito di illustrare con sensibilità umana e
artistica paesaggi, borghi, eremi, spesso al di fuori dei sentieri
maggiormente battuti, con uno sguardo che appare sempre rispettoso e
addirittura solidale per gli uomini e le donne che con le loro
attività mantengono ancora viva e ospitale la montagna abruzzese.
Deve
far riflettere come un simile insieme di valori e di risorse
ambientali continui a caratterizzare l’immagine positiva della
regione oggi, pur in assenza di specifiche politiche promozionali da
parte delle competenti istituzioni locali. Antonio Bini.