Franca Valeri a Fattitaliani: "bisognerebbe tornare a fare il Teatro di strada". L'intervista

Un’artista così originale, che ha attraversato la storia dello spettacolo italiano e che rappresenta un caposaldo della cultura italiana, non ha certo bisogno di presentazioni. Franca Valeri non ha mai smesso di essere innovativa, pur rimanendo sempre fedele a se stessa e al suo linguaggio colto, raffinato, denso, ma anche incredibilmente popolare. Attenta lettrice della società e delle sue dinamiche, associa al valore dell’attrice quello dell’autrice e dell’intellettuale che ha modernizzato il linguaggio, inventato maschere e coniato autentici prototipi di comicità. A conferma della sua inesauribile vitalità artistica, ci regala oggi il suo ultimo gioiello drammaturgico, “Il cambio dei cavalli”, nel quale il consueto, pungente sarcasmo si sposa ad una meravigliosa arguzia di scrittura. Un testo che, come sempre, coinvolge, diverte e fa riflettere grazie al piglio forte e svagato dei personaggi che lo animano, ai dialoghi vivaci e ricchi d'intelligente e amabile ostilità, alle battute brillanti e caustiche, alla ricchezza di riflessioni e aforismi. Fattitaliani l'ha intervistata.

Il Cambio dei cavalli è una commedia che ha scritto per sé e per Urbano Barberini, da come nasce l’idea?
Mi sono messa a scrivere sviluppando l’idea, non l’ho scritta per lui ma sapevo che gli poteva andare bene, vista l’abitudine di recitare insieme, conosco bene le sue corde.
Sulla scena c’è un Padre che viene raccontato ed un Figlio che è presente, come risolve il conflitto generazionale?
Le ultime tre generazioni sono molto diverse dalle precedenti, forse molto di più di quanto sia successo nel corso dei secoli. La generazione precedente è stata molto forte perché chiamata ad affrontare temi come la guerra, il cambio tra Monarchia e Repubblica e ciò ha fatto sì che siano state delle persone attente al proprio destino. Caratterialmente decisi, tosti. Naturalmente le generazioni a seguire hanno altri problemi, hanno faticato a costruire il loro destino. I giovanissimi sono molto più forti, più decisi, La generazione di mezzo è stata più vicino al fallimento. Pensando a tutto ciò ho scritto lo spettacolo.
Venne bocciata all’esame di ammissione dell’Accademia d’Arte Drammatica disse che comunque avrebbe fatto l’attrice e c’è riuscita divinamente. Che cosa l’ha spinta a tentare la strada?
Volevo fare l’attrice perché pensavo di avere le qualità necessarie ma anche altre.
Ha dato vita a tanti personaggi: Cesira la manicure, la Signorina Snob, la Sora Cecioni ed altri, a chi è più affezionata?
A tutte, certo amo sempre l’ultima più delle altre.
Ha dichiarato che quando non è a Teatro le manca e che il Teatro le ha allungato la vita!
È verissimo. Ripensandoci, posso dire che nella vita avrei potuto fare solo questo splendido mestiere e null’altro.
Alcuni l’hanno definita una portatrice sana di cultura, cosa ne pensa? Oggi la cultura cos’è?
La cultura non cambia perché la cultura è il sapere. Viene identificata come la coscienza di chi ci ha preceduto. A me dispiace che molti giovani di oggi che hanno molte qualità la sottovalutino, è l’ignoranza del passato che è il filo conduttore nella nostra testa. Essere appassionati della propria cultura è molto difficile.
Spesso si sente dire che non ci sono più invenzioni per il Teatro, che il Teatro è morto: cosa ne pensa?
Il Teatro Classico non potrà mai morire, bisognerebbe tornare a fare il Teatro di strada. Sono convinta che gli autori, scevri dai condizionamenti politici, sapranno riappropriarsi della propria libertà e ci regaleranno ancora tantissimi testi. Bisognerebbe avere la forza ed anche l’incoscienza di andare in scena comunque.
Elisabetta Ruffolo


Fattitaliani

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