Il documentario di Massimo D'Anolfi e Martina Parente "L'Infinita Fabbrica del Duomo", un suggestivo racconto per immagini sulla nascita e vita del famoso edificio sacro milanese, aprirà oggi pomeriggio la sezione "Signs of Life" del Festival del Film di Locarno. Il servizio di Luca Pellegrini:
Il Duomo di Milano nasce insieme a un antico olmo. Nel 1386. Anno in cui s'iniziava a estrarre il marmo, in Val d’Ossola, per costruirlo. Da quella prima pietra, centinaia di migliaia di blocchi presero la via per la città lombarda. Un'opera infinita. Che ha attirato la curiosità di Massimo D'Anolfi e Martina Parente. Hanno dedicato a questo edificio sacro conosciuto nel mondo un originale documentario, che ci fa anche entrare nella vita notturna del celebre monumento. Le ragioni di questo interesse le spiega il regista.
“Io e Martina Parente viviamo a Milano. Volevamo fare un film sul Duomo da qualche anno. In realtà questo film, “L’infinita Fabbrica del Duomo”, appartiene a un progetto più grande: questo film che stiamo facendo sui quattro elementi della natura, l’idea dell’immortalità che si chiama “spira mirabilis” e la fabbrica del Duomo di Milano - il Duomo - sono l’elemento della Terra. Abbiamo un po’ studiato e abbiamo capito che c’era del materiale per provare a fare un film”.
Pochissimi, nello scorrere delle immagini, sono i riferimenti alla storia. Molto è lasciato all'operosità dell'uomo, che deposita secolo dopo secolo il proprio sapere artigianale e artistico in quest'opera lunga e colossale. Qual è il motivo?
“Questo è un film su un grande monumento: un monumento che, già fin dalla sua nascita, prevede che più generazioni si debbano adoperare per tirarlo su, e poi altre generazioni per mantenerlo. Quindi in qualche modo è proprio un’epopea degli umili e dei senza nome. Non è un’opera fatta da chissà quali grandissimi artisti, ma è un’opera della collettività, sia per come è stata costruita sia per come è stata finanziata, pensata. E questa cosa per noi era motivo di fascino: questa tensione verso l’eternità, l’immortalità”.
Cambiano le persone, nei secoli, come anche le opere d'arte. Nel film le statue vanno e vengono da un loro misterioso cimitero. Immagini silenziose e bellissime.
“È chiaro: il cuore del film - come dicevo - trattandosi di un film sugli elementi, era la Terra e il marmo. Il Duomo è un libro scritto sul marmo, e quindi le statue sono in qualche modo l’espressione migliore di questo lavorio. Il cimitero delle statue è indubbiamente un luogo magico, perché è il luogo dove le statue di un tempo vanno a riposare, poi vengono ricostituite, rigenerate da nuove statue. Insomma il film è un cerchio tra una sorta di Paradiso, Inferno e Purgatorio, tra le montagne, il cimitero e le altezze vertiginose delle guglie del Duomo”. Luca Pellegrini, Radio Vaticana, Radiogiornale del 6 agosto 2015.