Simon Ma - per la prima volta nella Capitale - è uno dei maggiori esponenti dell'Arte Contemporanea Cinese. Ha all'attivo numerose e importanti collaborazioni con Bulgari Hotel, Lamborghini, Ferrari, Ducati. E' stato uno degli artisti ospiti alla Biennale di Venezia 2013, nonchè consulente per il Padiglione Cina all'Expo 2015 di Milano. Simon Ma propone la sua personale interpretazione del tema dell'Amore con una serie di installazioni site specific.
Per Simon Ma il tema dell’Amore è da intendere nell’accezione dell’ “amore incondizionato” che parte dall'opera ed arriva al pubblico tramite gli elementi primari dell'acqua, aria, terra e di quello spirituale della benevolenza. Durante la serata saranno presentati anche creazioni couture dell'artista firmati EP - Elegant Prosper.
Nota critica del curatore Achille Bonito Oliva
Acqua, cielo, terra e benevolenza
Alla conoscenza specialistica e settoriale dell'arte Simon Ma oppone la conoscenza globale e profonda che
scardina la specificità del linguaggio per sconfinare nel luogo totale della creatività. Tra le neoavanguardie Simon
Ma è quello che ha lavorato per una strategia globale, tesa a rifondare a livello antropologico l'esperienza
artistica.
Arte come movimento inarrestabile della concretezza di un evento o di un oggetto.
La rappresentazione artistica diventa il momento focalizzante della dialettica tra l'Io dell'artista e l'oggettività del
mondo, dove il mondo-paradossalmente - è la polarità privilegiata perché costituisce lo spazio esistenziale da
cui nasce l'urgenza dell'opera. Arte appunto come luogo totale in cui la creatività non tende più ad individuarsi
secondo la nozione di lavoro artistico, ma a espandersi con voluta infedeltà alle attitudini riconosciute dalla
società dell'uomo-artista.
La tattica può consistere nella proposta diretta della stessa fisicità dell'artista o degli oggetti impiegati, esibizione
effimera del soggetto e dell'oggetto per affermare una nozione non d'informazione asettica ma di
comunicazione. La qualità di effimero riguarda non solo la presentazione calda del corpo (che per sua evidenza
tenta di scardinare la separatezza teatrale con il pubblico ), ma anche l'uso dell'oggetto che viene impiegato per
semplice associazione, quasi come utensile. La durata del gesto tende a pareggiare il tempo fisiologico di
formazione dell'opera e il tempo di fruizione della stessa.
Simon Ma si è mosso come un fronte mobile di persone e non un gruppo codificato di specialisti, seguendo più
che la tattica di sperimentazione di nuovi linguaggi la strategia di contagio sociale: la possibilità di creare una
serie di reazioni a catena, onde magnetiche al di sotto e al di sopra dell'arte.
Avvertendo l'ineluttabilità delle domande primarie e lo spazio contratto tra la domanda e la risposta, fino
al punto che questa coincide con la pura interrogazione, Simon Ma sa che l'interrogarsi allora corrisponde al
movimento mitico dell'esistenza. E il mitema è la concentrazione linguistica, l'unità irresistibile assunta come
espressione minima del mito dell'esistenza.
Così l'opera o la scrittura diventano la maniera e la misura di oscillare tra la presenza della domanda e
l'assenza della risposta. Un'opera motivata dalla propria stesura che non chieda alcuna omologazione
dall'esterno e l'assenza della metafora è proprio l'affidamento che l'uomo fa del proprio destino alla concretezza
del segno. La metafora, fagocitazione metafisica della concretezza del segno, è ancora uno strumento di
rappresentazione che non corrisponde alla situazione deviata in cui sceglie di operare l'artista.
L'opera pareggia e detiene in sé l'interrogazione e l'atto di vivere, in cui la domanda diventa il gesto del vivere e
l'opera la continuità del gesto. Il procedimento metonimico è la possibilità che l'uomo ha di vivere accostato alla
propria opera, in modo che questa è circolarmente presente a se stessa e non sfugge lungo la tangente dei
significati.
Le domande primarie sono esse stesse in agguato a interrogare l'uomo e riguardano il ciclo antropologico della
vita come un respiro all'infinito orizzontale; riguardano i momenti del tempo e della morte.
Se con Blanchot la scrittura sospende il morire, ció vuol dire che sospende l'istante attraverso una
condensazione dello spazio e del tempo. I segni tracciati non muovono altri significati oltre la motivazione di
queste istanze, le quali non attendono allo scioglimento ma si costituiscono solamente nella posizione evidente
dei segni.
Allora l'opera non differisce nessuna soluzione perché non esiste soluzione, ma estende il procedimento della
vita, cioè il movimento e la sospensione, al segno e all'opera. L'incorporamento di questa ineluttabilità dà
all'opera il potere tautologico di presentarsi non a immagine e a simulazione, ma a chiusa realtà. Simon Ma
traccia insieme lo spazio e il segno, che ripropone la propria cifra evidente, senza mistero se non quello della
propria presenza splendente. Il segno non emerge, infatti, dalla positività storica, ma si è costituito affiorando
alla forma non come tentativo di rassomigliare il mondo, ma come atteggiamento di totalità e di
autosignificazione.
Simon Ma con il suo linguaggio non interroga solo la Storia, ma la natura antropologica della collettività, anzi la
domanda non è interlocutoria ma si definisce come l'atto dell'interrogare. Il linguaggio si pone come entità
concreta, contenente dentro di sé le connotazioni del paesaggio esistenziale dell'uomo. Un paesaggio
stratificato è affidato alla ripetizione dell'umanità che scorre lungo l'irreversibilità del movimento temporale. Il
salto dalla positività storica non è una regressione al primitivo, ma è la risultante di un processo che tende a far
cadere le contingenti oscurità della Storia per consegnare alla vita, attraverso i temi del tempo e della morte, i
suoi termini definitivi che sono l'uomo e la Storia.
“Noi non vediamo mai delle parole nella natura, ma sempre solamente delle iniziali di parole, e quando in seguito
vogliamo leggere, ci accorgiamo che le pretese nuove parole non sono, a loro volta, che delle iniziali di nuove
parole” (Lichtenberg).
L'opera serve, cioè, a sviluppare la tensione a interrogare, perché, come non è possibile arrestare il tempo,
così questa subisce lo scacco di non diventare parola e di non avere significato.
Il segno è sempre una cifra che ossessivamente accompagna gli istanti dell'esistenza, corrispondenti allo
spaccato spaziale dentro cui si introduce. Se il tempo è una linea orizzontale, percorsa di attimi all'infinito, vuol
dire che attraverso una sua presentazione è possibile riportare l'infinità del tempo (passato e futuro) nell'istante
del segno.
L'attività magica di Simon Ma consiste nell'assumere l'istante in quanto segno, come simbolo temporale e
sottrazione alla morte. Il segno disposto è un mitèma, l'unità segnica tracciata dall'artista senza assolvere alla
spiegazione del significato, perché l'unico significato è stato l'atto del tracciare come atto dell'esistere.
Simon Ma scopre che la Storia, vivendo lungo una dimensione verticale di trasformazione, non ponendosi l'interrogazione primaria sul valore del tempo, è destinata all'entropia, alla riduzione a silenzio.
In quanto fuori dal silenzio, esiste l'interrogarsi quale sospensione del tempo come oscuro tracciato, esiste la
domanda primaria che coincide con la vita biologica, come questa ha la continuità del respiro e si propone come
facoltà biologica dell'esistenza, la quale non si entropizza ma realizza un linguaggio all'infinito. Come “amore
incondizionato” che parte dall'opera ed arriva al pubblico tramite gli elementi primari dell'acqua, aria, terra e di
quello spirituale della benevolenza.
L'artista Simon Ma si pone all'incrocio di tutte le possibilità, compresa la metamorfosi e trasformazione della
materia in sentimento universale.