«Se la gioventù le
negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà
come un incubo». Paolo Borsellino
Il 19 luglio 2015 ricorre
l’anniversario dell’uccisione del Giudice Paolo Borsellino e
della sua scorta. L’omaggio al magistrato Paolo Borsellino, a
ventitré anni della strage, lo fa attraverso la grande opera il
Maestro Francesco Guadagnuolo rivolta a tutti i magistrati che sono
stati uccisi solo perché compivano il loro dovere. L’opera vuole
anche essere un’opposizione a tutte le mafie e terrorismo e alle
loro brutali inutili gesta.
La grande tela (olio
su tela 200×350 cm) si prospetta
in questo triste momento della nostra
nazione martoriata dalla corruzione,
infatti, l’opera nel suo
insieme è un inno alla legalità, con l’impressionante ricordo di
tutti i magistrati ammazzati perché erano contro le mafie e
lavoravano per la legalità italiana. Il progetto vede la
presentazione dell’opera all’apertura delle Scuole italiane
perché è lì che si formerà la nuova società. Sarà fortemente
educativo per le giovani coscienze, perché si parlerà di legalità
contro ogni tipo di corruzione,
infiltrazioni mafiose, collusione e corruzione negli appalti,
voto di scambio, falso in bilancio e riciclaggio.
“I martiri della
Giustizia”, l’opera di Guadagnuolo comunica dunque la lotta dello
Stato contro la mafia ed esprime un sentito ricordo dei magistrati
siciliani: Agostino Pianta (1969), Pietro Scaglione (1971), Cesare
Terranova (1979), Gaetano Costa (1980), Giangiacomo Ciaccio-Montalto
(1983), Rocco Chinnici (1983), Alberto Giacomelli (1988), Antonino
Saetta (1988), Rosario Angelo Livatino (1990), Giovanni Falcone
(1992), Paolo Borsellino (1992).
La tela
interpreta un’azione pittorica che crea un’accentuata dinamica di
attrazione per i forti contrasti cromatici, dove ‘scrittura e
gestualità’ coabitano nella stessa “Mens” dell’artista. Una
convulsione motoria del gesto che vuole significare vita e lotta per
la vita. La composizione di quest’opera è divisa in 12 riquadri
che in realtà formano un tutt’uno dove sono inscritti i nomi degli
11 magistrati. I caratteri tipografici cubitali dei nomi inscritti
(gli stessi che vengono usati dai quotidiani) diventano elementi
visivi e comunicativi.
Mons. Sante
Montanaro a proposito di quest’opera scrisse: «Si tratta di un
grande dipinto nel quale i personaggi rievocati s’intersecano con
la scrittura. Infatti, tra le figure umane appena abbozzate, inserite
in riquadri separati e immerse in un’atmosfera carica di tensione,
resa attraverso accese tonalità cromatiche, spiccano a grandi
caratteri di stampa da titoli di prima pagina i nomi di vittime della
mafia, fra i quali Livatino, Falcone, Borsellino, Chinnici. Come
sulla grande tavola di un cantastorie moderno, Guadagnuolo espone qui
la tragica sagra determinata dalla violenza mafiosa».
In
realtà, si potrebbe vedere nell’opera di Guadagnuolo l’allegoria
di un viaggio la cui meta finale è di cercare di impedire altre
stragi. Le paure dell’artista sono fondate perché derivano dagli
eventi brutali che tanto hanno scosso l’opinione pubblica. Così
l’artista si investe quasi del ruolo di oratore pubblico che dà
voce ai timori individuali, creando un’immagine attraverso la quale
possiamo veicolare le nostre esperienze di angoscia in una cultura
satura di potenziale violenza spontanea.