L’edizione 2015 di
Ravenna Festival sarà dedicata a Dante Alighieri, nei 750 anni dalla
nascita. Questa ricorrenza, già di per sé estremamente
significativa, segnerà di fatto l’incipit
di un percorso, della durata di sette anni, con una scansione
biennale, che si concluderà nel 2021, VII Centenario della morte del
poeta avvenuta a Ravenna, che ne custodisce gelosamente le spoglie
mortali e ne coltiva amorevolmente l’immortale memoria.
Dante
nostro contemporaneo
Si
diceva della Video-Opera L’amor
che move il sole e l’altre stelle
che, attingendo alla terza cantica della Commedia,
riconfigura quasi un nuovo poema
della luce (e
del suono vorticosamente proiettato a 360° gradi nello spazio
d’ascolto) potentemente immaginifico grazie all’uso strutturale
del live
electronics
di Tempo Reale e dell’immagine digitale affiancata alle tecniche
più sofisticate del light
designing
di Vincent Longuemare. Tecniche ed équipe collaudate nei precedenti
due ‘episodi’ di quella che si configura come un’ideale
trilogia – ovvero Pietra
di Diaspro
e Tenebræ
– con la visionaria regia di Cristina Mazzavillani Muti,
assecondata dall’estro inventivo dello scenografo Ezio Antonelli e
dai video di Davide Broccoli. L’opera, diretta da Pietro Borgonovo
alla testa del Mdi Ensemble (giovane formazione che nasce da una
costola della “Cherubini”), nasce anche con la preziosa
collaborazione con il Teatro della Pergola di Firenze e verrà
introdotta dalla lettura di versi danteschi da parte di un grande
attore come Gabriele Lavia. Sempre nella dimensione del mixed
media
si muove la composizione Divina.com
di Daniele Lombardi, per orchestra e live
electronics,
giocato sulla vocalità estrema
di David Moss e che ripercorre sonoramente l’itinerario tracciato
dalle lapidi dantesche disseminate a Firenze. Un modo assolutamente
originale per ripercorrere alcune delle tappe fondamentali della vita
del poeta nella città da lui tanto amata-odiata, seguendone le
tracce visibili di luoghi e personaggi che appaiono nella concretezza
di quelle lapidi incise e che creano un anacronistico legame, un qui
e ora di
un mondo che da tanti secoli non c’è più. Divina.com
verrà eseguita dall’Orchestra Cherubini diretta da Tonino
Battista.
Multimediale,
ma soprattutto vertiginosamente global
(in sintonia con il concetto di opera
mondo
a cui si accennava), è le
voyage
intrapreso dall’artista francese Ghislaine Avan, di cui il festival
proporrà in prima assoluta l’esito di un appassionato percorso
pluriennale alla ricerca di Dante – presenza ubiqua e spesso
insospettabile – nei luoghi più vari e talvolta più sperduti e
improbabili della Terra, con il suo Le
visage de la Comédie,
spettacolo-performance mixed
media
ma anche film vero e proprio, che raccoglie centinaia di
testimonianze (la Commedia
letta dall’umanità), raccolte in tutti gli angoli del globo,
capaci di dare un volto, anzi una miriade di volti all’universalità
della poesia dantesca. Le musiche “acusmatiche” sono di Alexandre
Yterce.
Con
Vita
Nuova il
premio Oscar Nicola Piovani aderisce anch’egli perfettamente al
tema del festival ispirandosi alle molteplici declinazioni che
l’Amore
assume in Dante, partendo inevitabilmente dall’amore per Beatrice
(soggetto della Vita
Nuova).
Daranno voce al lavoro – coprodotto con il Festival di Spoleto e
con il Festival “Armonie d’Arte” del Parco Scolacium (Borgia -
CZ) - l’attore Elio Germano (reduce
dalla mirabile prova data ne Il
giovane favoloso,
sempre per rimanere nell’ambito dei grandi poeti)
e la soprano Rosa Feola.
La
musica al tempo di Dante
“La musica al tempo di
Dante” costituirà un’intera sezione del programma di Ravenna
Festival con un intenso percorso musicale che vedrà protagonisti
ensemble specializzati nel repertorio medievale accanto ai quali,
dato l’indissolubile legame fra musica e testo poetico nel XIII e
XIV secolo, figureranno celebri attori e declamatori di versi. Oltre
all’ampia ricognizione nell’ambito della musica composta ed
eseguita dai contemporanei di Dante, troverà spazio il tema della
musica all’interno degli stessi capolavori danteschi.
Boccaccio dice di Dante
che “…sommamente si dilettò in suoni e in canti nella sua
giovinezza e a ciascuno che a que’ tempi era ottimo cantore o
sonatore fu amico e ebbe sua usanza…”, ma è dai riferimenti
stessi contenuti nella Divina
Commedia
che si evince quanto intenso dovesse essere il rapporto vissuto da
Dante con la musica e i musicisti del suo tempo. Il celebre incontro
con Casella nel secondo canto del Purgatorio, dove sarà il poeta a
chiedere all’amico musico di intonare un canto, “Amor che ne la
mente mi ragiona”, su versi dello stesso Dante, ci fa intendere
quanto egli tenesse in considerazione la musica, tanto che anche in
quella dimensione ultraterrena, manteneva intatto il suo potere di
attrarre e consolare le anime.
Un singolare progetto di
ricerca è alla base del programma “La Musica della Commedia” che
l’Ensemble San Felice, diretto da Federico Bardazzi, presenterà
nella dantesca Basilica di San Francesco. Un’attenta analisi di
tutte le parti del testo della Commedia
che presentano, o sottintendono, un qualche riferimento alla musica,
in collegamento coi codici fiorentini o redatti nelle città dove
Dante soggiornò – di epoca precedente la morte del poeta – ha
guidato Federico Bardazzi, affiancato da Suor Julia Bolton Holloway,
docente di Studi Medievali presso le Università di Berkeley e
Boulde, ad individuare un repertorio che spazia dal gregoriano di
area fiorentina all’Ars Nova veneta, dalla Lauda alle Cantigas di
Santa Maria di Alfonso X (legato a Brunetto Latini da relazioni
politiche). L’excursus
musicale, dall’Inferno al Paradiso, viene accompagnato dalla
lettura di testi e citazioni dantesche.
All’interno della
produzione delle Rime,
che
Dante continuerà a comporre durante tutta la vita, le cosiddette
Rime
Petrose,
databili tra il 1296 e il 1304, utilizzano uno stile volutamente
crudo e poco armonioso che prelude a quello della prima Cantica della
Commedia. Questi versi e queste musiche del disincanto e della
malinconia – che adottano nuovi codici espressivi e necessitano di
tecnica ed esecutori capaci di arditi virtuosismi – costituiranno
il focus
di “Più dura che petra”, che Ravenna Festival ha commissionato
all’ensemble di musica medievale LaReverdie con David Riondino voce
recitante.
“Ravenna canta il suo
Dante” invece vedrà protagoniste, sul palcoscenico del suo storico
teatro che, non a caso, la città ha voluto intitolare proprio al
poeta esiliato, due voci ravennati che alla lettura dei versi
danteschi, in italiano e non solo, hanno dedicato tanta attenzione e
passione, Ivano Marescotti e Franco Costantini. Alla loro recitazione
si alterneranno le musiche e le danze interpretate da La Rossignol,
ensemble specializzato nella musica e nelle danze medievali e
rinascimentali.
Il percorso su “La
musica al tempo di Dante” prevede un intero programma dedicato a
colui che è ritenuto universalmente il più alto esponente dell’Ars
Nova e massimo compositore italiano del Trecento, Francesco Landini –
noto al suo tempo anche come “Francesco Cieco” per aver perso
l’uso degli occhi in tenera età a causa del vaiolo, o come
“Francesco delli organi” in quanto anche organaro ed inventore di
strumenti musicali. “Luce nell’ombra” sarà il titolo del
concerto che l’ensemble specializzato in musica medievale La Morra
terrà nella Sala del Refettorio del Museo Nazionale dove sono
esposti gli affreschi di Santa Chiara, prezioso ciclo pittorico che
ornava la chiesa delle Clarisse di Ravenna all’epoca di Dante.
Particolare
rilievo assumeranno quest’anno le tradizionali liturgie domenicali
tutte inserite nella sezione “La musica al tempo di Dante”.
LaReverdie sarà protagonista del primo appuntamento In
Templo Domini
dal titolo “Liturgia in canto volgare” prevista domenica 7 giugno
nella Basilica di San Francesco, interamente dedicata alla Lauda
medievale, la tipica forma di componimento in volgare del XIII secolo
sorta in seno alle confraternite religiose e laiche in particolare,
che ebbe larga diffusione nelle forme paraliturgiche e nei
pellegrinaggi di tutta Europa.
La domenica successiva,
sempre nella Basilica di San Francesco, L’Ensemble San Felice
diretto da Federico Bardazzi animerà una liturgia intitolata “La
Messa di Dante”, che ricostruisce i brani dell’intera liturgia a
partire da citazioni dei medesimi brani liturgici contenute nel
Paradiso
e nel Purgatorio.
Altre due liturgie
chiuderanno il ciclo dedicato alla musica al tempo di Dante; la
“Messa a Ravenna al tempo di Dante” proporrà l’Ufficio di San
Severo conservato presso la Biblioteca Classense e risalente al
secolo XI. La liturgia, che celebra uno dei primi Vescovi e Santi di
Ravenna, e si presume fosse ancora praticata al tempo di Dante, sarà
proposta nella Basilica di Sant’Agata Maggiore domenica 21 giugno
dal coro Ludus Vocalis diretto da Stefano Sintoni.
Infine I Cantori di San
Marco, diretti da Marco Gemmani, proporranno a San Vitale alcune
pagine di altissima spiritualità di Hildegard von Bingen e alcuni
brani tratti dal Codex Las Huelgas – XIII e XIV secolo – che
potranno immergerci nel clima che animava l’Europa al tempo di
Dante. “Il cuore sacro dell’Europa” vuole farci assaporare
quelle radici diffuse di umano sentire, di coscienza e di pensiero,
dalle quali è potuto scaturire il miracolo della Commedia
di Dante.
Incroceranno a vario
titolo il tema dantesco del festival altri appuntamenti espressamente
pensati per la manifestazione ravennate, in grado di offrire pagine
uniche di rara bellezza che difficilmente si ha il privilegio di
ascoltare.
Dedicheremo a Giovanni Battista Lulli, illustre concittadino di Dante
vissuto anch’egli lontano dalla sua Firenze, sia pur in epoca assai
successiva, un concerto che proporrà due sue composizioni, il Dies
Irae e
il Te
Deum, in
prima esecuzione nella loro versione integrale con incluse alcune
pagine inedite. Conosciuto prevalentemente col nome naturalizzato
francese di Jean-Baptiste Lully per aver trascorso gran parte della
sua vita in Francia – dove giunse ragazzo e dove svolse la sua
attività di musicista prevalentemente alla corte del Re Sole – è
anche noto per il tragico quanto bizzarro incidente che gli provocò
la morte per cancrena dopo essersi percosso violentemente un piede
col pesante bastone col quale batteva il tempo in una prova proprio
del suo Te
Deum.
“Lully, un fiorentino a Versailles” sarà diretto da Elena
Sartori alla guida dei suoi Melodi Cantores a Sant’Apollinare
Nuovo.
Il viaggio di un essere
vivente agli inferi, viaggio da cui parte il percorso ascetico di
Dante, ha visto protagonisti nella mitologia classica – cui Dante è
strettamente legato tanto da aver scelto Virgilio come guida –
figure come Orfeo e Ulisse alle quali la musica del Sei/Settecento ha
dedicato pagine memorabili. Il musicologo Guido Barbieri sarà la
guida dell’itinerario musicale “Viaggiatori degli inferi” che
porterà il giovane direttore ravennate Nicola Valentini – con
l’orchestra Dolce Concento Ensemble ed alcune voci emergenti del
panorama nazionale, fra le quali segnaliamo quella del giovane
controtenore Raffaele Pe – ad esplorare alcune delle pagine più
belle di Monteverdi e del repertorio barocco.
I Cantori di San Marco
diretti da Marco Gemmani, presenteranno nella Basilica di San Vitale
“Il Cantico dei Cantici” di Alessandro Grandi, una delle figure
più rappresentative del primo Seicento veneziano, fra l’altro
assistente di Monteverdi nella Basilica di San Marco. Il ben noto
testo della Sacra Scrittura che inneggia all’Amor
che move il sole e l’altre stelle,
attraverso l’allegorica esaltazione dell’amore sensuale fra
l’uomo e la donna, è stato quasi per intero musicato da Grandi in
pagine di straordinaria bellezza e difficile esecuzione a 5, 6 e 7
voci, che verranno in gran parte presentate per la prima volta in
tempi moderni.
Un suggestivo raffronto
fra tre diversissime espressioni della devozione mariana che prende
il titolo dalla ben nota ed emblematica espressione coniata da Dante
per definire il rapporto fra Maria e Gesù, Figlio e Creatore allo
stesso tempo, “Figlia del tuo Figlio”, si compirà nella Basilica
di San Vitale dove Vittorio Ghielmi e il suo ensemble Il Suonar
Parlante, assieme al gruppo di cantori sardi Concordu de Orosei,
eseguiranno tre diversi Stabat
Mater,
uno popolare di tradizione sarda, appunto, quello di Josquin des Prez
che risale al 1519 ed infine lo Stabat
Mater di
Arvo Pärt composto nel 1985.
Concerti,
direttori e solisti (sinfonica e oltre)
Non
poteva mancare lo spazio dedicato alla musica sinfonica che vedrà
innanzitutto il ritorno di Zubin Mehta assieme all’Orchestra del
Maggio Musicale Fiorentino, con un avvincente programma
classico-romantico con musiche di Beethoven, Wagner e Caikowskij
eseguite dall’orchestra
dei Münchner Philharmoniker, diretta da Semyon Bichkov, in un
programma che, oltre alla Terza Sinfonia di Brahms, vedrà
l’esecuzione di due capolavori del primo Novecento francese come il
Concerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra (con uno
straordinario solista come Jean-Yves Thibaudet) di Ravel e La
mer di
Claude Debussy.
Un’ulteriore possibilità di immergerci nel mondo dantesco ci viene
invece offerta dalla Budapest MAV Symphony Orchestra che assieme
all’Angelica Girls’ Choir, anch’esso proveniente dalla capitale
ungherese, eseguirà, diretta da Vittorio Bresciani, la grandiosa
Dante-Symphonie
di Franz Liszt (una coproduzione con il Budapesti
Tavaszi Fesztivál - Festival di Primavera di Budapest), introdotta
dalle letture dantesche per la voce di Chiara Muti e accompagnata
dalle potenti immagini di Gustave Dorè.
Riccardo Muti, sempre sul
podio della prediletta Orchestra Cherubini, sarà protagonista dei
concerti sulle “Vie dell’Amicizia” che quest’anno
approderanno alla Cattedrale di Otranto per un concerto in cui ancora
una volta la musica si apre all’universalità di un messaggio che
supera i confini del suono: musica che si fa preghiera, abbraccio tra
gli uomini, “ponte di fratellanza” teso ad unire culture, lingue,
religioni diverse, alla ricerca di radici comuni, tra Oriente e
Occidente. Poli espressivi riassunti nella composizione di Arvo Pärt:
è su quel tormentato e geniale movimento orchestrale, sulla forza
vibrante che emana da quella partitura che il gesto inconfondibile di
Riccardo Muti intraprende il nuovo “viaggio di amicizia”. Per poi
cedere all’incanto e alla serenità del Paradiso terrestre abitato
da Adamo ed Eva, all’intreccio delle loro voci e alla pace che
emana dalla celestiale melodia di Haydn. E infine alla sgomenta
commozione dell’uomo di fronte a Dio, alla misericordia invocata
con quella drammatica eloquenza che solo il Te
Deum
verdiano sa esprimere. Quell’albero della vita che appare nelle
cantiche di Dante e dal quale, almeno secondo le più ardite teorie e
leggende, scaturirebbe l’idea stessa della Commedia,
non poteva che divenire l’ennesima meta delle Vie dell’amicizia.
Allora, voci di fratellanza e di preghiera risuoneranno nella
cattedrale di Otranto, sul rigoglioso disegno medievale che sembra
racchiudere tutta la storia (e il destino) dell’uomo, sull’immenso
mosaico di pietra – che proprio i maestri ravennati hanno saputo
riportare all’originario splendore – in cui Nuovo e Antico
Testamento, Corano e Torah si incontrano in un unico inestricabile
disegno creativo. Voci che nel cuore della cittadella-medina, per
secoli coacervo di culture e religioni diverse (ma anche, con i suoi
813 martiri, segnata sul finire del Quattrocento dall’odio più
barbaro), si levano oggi più che mai contro la follia del male.
Se l’era postmoderna ci
ha reso famigliare la pratica del de-comporre e del ri-comporre, con
grande libertà attraversando sincronicamente sia il tempo che lo
spazio, l’operazione compiuta dal compositore britannico Max
Richter (già tra i fondatori del leggendario Piano Circus ed autore
di importanti colonne sonore come quella del film di Ari Folman
Valzer
con Bashir),
che ha riscritto uno dei brani più popolari della musica di tutti i
tempi come Le
quattro stagioni
di Vivaldi rendendolo un brano assolutamente contemporaneo, non ci
troverà del tutto impreparati. Tant’è che il reload
del capolavoro vivaldiano, che si avvale di un solista di grande
classe e virtuosismo come il violinista inglese Daniel Hope,
operazione raffinata e certo non commercialmente corriva, è stato
accolto da un grandissimo successo. Quella che ne offrirà Ravenna
Festival sarà la prima esecuzione italiana.
Nell’ambito della
popular
music e
della musica
d’uso citiamo
il concerto che vedrà l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
diretta da Pietro Mianiti, con il celebre pianista jazz Danilo Rea
come solista, ripercorrere “60 anni di sigle RAI” e dunque oltre
mezzo secolo di storia italiana e del nostro immaginario collettivo,
scanditi da brani musicali che vanno dal
tema dell’Inizio delle trasmissioni, il Finale del Guglielmo
Tell di Rossini, alla
sigla di Quark, la Suite n. 3 di Bach passando
per Ufo
Robot, Canzonissima, Sandokan, Studio uno, Spazio 1999 e
molte altre fino ad arrivare al tema della Fine delle trasmissioni
(l“Aria
di Saturno” composta da Roberto Lupi)
che, con il monoscopio Rai, augurava la buonanotte agli italiani.
Roberto Vecchioni è uno
dei protagonisti indiscussi della canzone d’autore italiana ed il
Ravenna Festival gli rende omaggio (dopo aver ospitato negli anni
Franco Battiato, Francesco De Gregori, Gino Paoli, Renato Zero, Peppe
Servillo e Vinicio Capossela), con un concerto assieme all’Orchestra
Giovanile Luigi Cherubini.
La
tradizione del Nuovo: Boulez e Bartók
Con questa dicitura (che
rimanda al titolo di un influente libro del critico d’arte
statunitense Harold Rosenberg) si dà l’avvio a uno spazio del
festival che intende proporre figure ‘eroiche’ (come Bartók e
Boulez, appunto) di quella grande avventura che è stata ed è ancora
quella che viene denominata “musica moderna” (o “New Music”).
L’intento è anche quello di avvicinare un pubblico giovane a
personaggi particolarmente visionari che hanno rivoluzionato non solo
la musica, ma la stessa cultura per come oggi la concepiamo, il
nostro immaginario sonoro, influenzando (per molti
insospettabilmente) anche l’evoluzione della musica rock ed
elettronica dei nostri giorni.
Il primo episodio è
rappresentato dall’integrale dell’opera per uno e due pianoforti
di Pierre Boulez, proposta da colui che ne è oggi il massimo
interprete, ovvero Pierre-Laurent Aimard assieme a Tamara
Stefanovich, celebrando nel contempo i 90 anni del più importante
compositore francese vivente.
Ad uno dei grandi del
Novecento, Béla Bartók, è dedicato – nei 70 anni dalla morte –
un articolato progetto che comprenderà l’integrale dei quartetti
per archi – vera summa compositiva del compositore ungherese –
proposti in forma quasi di ‘maratona’ da due giovani ma assai
valenti quartetti della sua stessa terra, l’Accord e il Kelemen
(quest’ultimo si è infatti aggiudicato l’ultimo Premio Paolo
Borciani) ed altri capolavori come il Divertimento
per archi
e le Danze
popolari rumene
proposti dalla Budapest Strings Orchestra.
Un programma più
classicamente rassicurante sarà invece quello offerto dal Pacific
Quartet Vienna, formazione anch’essa giovane e talentuosa che
scaturisce dalla prestigiosa ECMA (European Chamber Music Academy).
La
danza
Dal
West End londinese prende le mosse anche quello che è considerato il
più importante ed innovativo coreografo inglese, ovvero Matthew
Bourne, con il quale il nostro festival ha instaurato un felice
rapporto di collaborazione, a partire da Swan
Lake.
Bourne propone in prima italiana il suo The
Car Man,
liberamente ispirato sia al capolavoro di Bizet che – assecondando
la dimensione cinefila del coreografo-regista – a Il
postino suona sempre due volte,
film cult, in entrambe le sue versioni (1946 e 1981), del romanzo
noir di James M. Cain.
Allargando
lo sguardo alla ricca scena coreutica inglese, il festival ospita per
la prima volta la compagnia di danza dell’iconoclasta coreografo
scozzese Michael Clark che presenterà in prima italiana la sua
ultima creazione Animal
/ Vegetable / Mineral
su musiche british
rock
di band come Sex Pistols e Scritti Politti. Da New York proviene
invece il Dance Theatre of Harlem, oramai storica compagnia Americana
fondata nel 1969 – l’anno dopo l’uccisione di Martin Luther
King – dal primo ballerino afro-americano del New York City Ballet
Arthur Mitchell, assieme a Karel Shook, che ne fecero così la prima
compagnia di colore di balletto classico al mondo. Nel programma
ravennate lavori di Ulysses Dove, Donald Byrd e Robert Garland su
musiche di Arvo Pärt, Amon Tobin, Aretha Franklin e James Brown.
Aterballetto,
compagnia che sta vivendo un momento particolarmente felice grazie
anche a un formidabile gruppo di giovanissimi danzatori di valore
europeo, avrà un duplice spazio nel festival in cui proporrà
creazioni di coreografi emergenti come il greco Andonis Foniadakis e
degli italiani Michele Di Stefano (fondatore di MK e Leone d’Argento
per la danza
in occasione del IX Festival Internazionale di Danza Contemporanea
della Biennale di Venezia) e Giuseppe Spota. A Di Stefano è dedicato
l’appuntamento del Progetto RIC.CI (Reconstruction Italian
Contemporary Choreography Anni ’80/’90, a cura di Marinella
Guatterini) che vede la ‘ricostruzione’ di e-ink
seminale lavoro del 1999.
Quello de I
Soprano poi
– una coproduzione ICK Amsterdam (International Choreographic Arts
Centre) e Opera Zuid, innovativa istituzione nell’ambito dell’opera
lirica che ha sede a Maastricht – costituisce un ritorno di Emio
Greco al festival, dopo la sua esibizione nel 2003, con un nuovissimo
lavoro che vede come protagonista la musica di Giuseppe Verdi,
eseguita dal vivo da un ensemble strumentale di giovani esecutori
(diretto da Rolf Verbeek, che è anche l’arrangiatore dei brani
verdiani) oltre a tre altrettanto giovani soprani (da cui il titolo
Sopranos
che rimanda ironicamente anche ad una popolare sitcom
americana).
I
Soprano
è la terza delle cinque parti di un progetto monografico concepito
dalla coppia di coreografi Emio Greco e Pieter C. Scholten sul tema
‘Il corpo in rivolta’, presentato in prima italiana. Si tratta di
una ricerca sul modo in cui il corpo reagisce al rapido sviluppo
della nostra società, nella quale il corpo perde sempre più la sua
centralità a causa della crescente importanza dei numeri e
dell’informatica. Questa terza parte affronta il tema della rivolta
da una prospettiva femminile. Che posto occupano le donne e il corpo
femminile in un mondo maschilista nonostante l’avanzata
emancipazione? Ne I
Soprano
le donne si scontrano con gli ideali a loro imposti nelle opere
verdiane del XIX secolo. Allo stesso tempo si ribellano all’immagine
contemporanea che impone loro elevate aspettative: una brillante
carriera, un’armoniosa vita familiare, una florida vita sociale e
un corpo attraente.
Altre
musiche in luoghi altri
Il ricco programma del
festival comprende anche una miscellanea di altri appuntamenti di
varia natura ed in vari ambienti naturali e non, ma tutti di grande
suggestione.
Ricerca tecnologica,
dialogo serrato tra i linguaggi dell’arte, attenzione al rapporto
con l’ambiente architettonico ed il territorio stanno alla base
dell’approccio di un inventore-performer (la parola ‘musicista’
è infatti riduttiva) come Pietro Pirelli – compositore di musica
elettronica che fa parte del Centro di musica informatica AGON di
Milano – che per lo spazio assolutamente unico del Trepponti a
Comacchio ha concepito una complessa installazione ‘site specific’
sonoro-luminosa interattiva, basata sui due elementi di luce ed acqua
(29, 30 e 31 maggio come anteprima del Festival nell’Anno
Internazionale della Luce). Nel titolo “Arpa di luce. Mirabil
uso”
si rievocano i versi dedicati a Comacchio di un altro grande poeta
italiano come Torquato Tasso.
Ambientazione molto
particolare, anche per l’opera musicale Il
Canto nell’Antro:
Concerto per Anguane, grotte e specchi d’acqua, ideata dalle
musiciste Simona Gatto e Marta Celli, che compongono il Duo Alarc’h
e che concluderà il trekking nel Parco della Vena del Gesso
Romagnola. Leggende della tradizione alpina narrano che le Anguane,
eteree creature dai lunghi capelli, abitassero in grotte presso
torrenti e fiumi; e che in quei luoghi, grazie al loro melodioso
canto, attirassero gli uomini, come omeriche sirene, per ridurli in
schiavitù. Donne bellissime e selvatiche, un po’ ninfe e un po’
bisce d’acqua, amavano la danza e il canto notturno, erano dotate
di facoltà profetiche ma, all’apparire dei cacciatori, fuggivano
via trasformandosi in cigno. E sono le Alarc’h,
duo il cui nome è proprio “cigno” in lingua bretone, a proporre
questo viaggio musicale attraverso gli archetipi del femminile, dove
l’acqua, madre e matrigna, si unisce alla grotta in un “regressus
ad uterum”, simbolica discesa agli inferi, per giungere infine ad
una nuova nascita. Lo spettacolo, creazione originale per il Ravenna
Festival, vedrà le musiciste accompagnate da Fabio Mina ai flauti e
dall’Ensemble d’archi della Scuola di musica “Giuseppe Sarti”
di Faenza in uno scenario naturale d’eccezione: la cava della
Marana.
Nell’evocazione di una
turrita Italia medioevale, che la tematica dantesca inevitabilmente
sollecita, non risulta affatto estranea L’opera
equestre
che Giovanni Lindo Ferretti propone, per l’ampia corte/aia
antistante il settecentesco Palazzo San Giacomo a Russi, con la sua
Libera Compagnia di Uomini, Cavalli e Montagne, intitolata Saga.
Il Canto dei Canti.
Si tratta, nelle parole di Ferretti, di una “Partitura per voce,
cavalli, incudine con mantice e bordone” che vede ‘in scena’
oltre allo stesso Giovanni Lindo Ferretti (personaggio chiave e
oltremodo carismatico della musica alternativa italiana a partire dai
primi anni ’80), un musicista (‘Signore delle musiche’) un
maniscalco (‘Signore dei cavalli’) e – soprattutto – venti
cavalli e alcuni cavalieri.
“Saga
– scrive Ferretti – è il racconto di un antico patto che antichi
uomini ed antichi cavalli sancirono a reciproco sostegno; un patto
che avendo esaurito ogni ragione materiale di sussistenza, e proprio
in virtù di ciò, lascia intravedere una ricchezza spirituale e
comportamentale che merita di essere indagata. Conservata,
restaurata, offerta alla vita quotidiana di chi ne comincia a
percepire mancanza”.
L’acqua ritorna come
sfondo, questa volta meno favoloso
ma molto spesso tragico, de Il
Volo. La ballata dei picchettini,
di Luigi Dadina, Laura Gambi e Tahar Lamri, una co-produzione Ravenna
Festival-Teatro delle Albe. Il
Volo è un nuovo, potente lavoro di teatro in musica
dove si alterna parola detta e parola rappata
e si narrano storie di lavoro all’interno delle navi all’attracco
nel porto di Ravenna. Storie tragiche (come quella della Mecnavi nel
1987 in cui persero la vita 13 persone) i cui protagonisti
appartengono ad una umanità variegata e multietnica a cui Il
Volo
intende dare una voce e un volto.
E tante altre storie
ancora, che rimandano all’oralità,
a quando le storie venivano raccontate e cantate a viva voce,
espressione di una socialità altra assai diversa da quella odierna
dei social
network. Storie
di voci nomadi, tra Sardegna, Mongolia e Albania, terre scabre e
antiche con tradizioni tuttora vive come lo sono quelle dei poeti
estemporanei di Toscana e Lazio che ancora si sfidano all’ultimo
verso in
ottava rima. Dagli arcaici canti a
tenores
e difonici (o armonici) di origine pastorale con sullo sfondo
paesaggi non troppo diversi da quelli evocati dallo stesso Dante al
vertiginoso e così contemporaneo intrecciarsi di voci dello
scandinavo Real Group, passando per altri canti intonati sulle
montagne dai partigiani che lottavano per la libertà della propria
terra (con Bella
Ciao, lo
spettacolo di Riccardo Tesi con Elena Ledda, Ginevra di Marco e
Lucilla Galeazzi). Ma se la musica può essere miracolosa come
viatico dell’umana esistenza e resistenza, un grande compositore
del nostro tempo come Nicola Piovani ci insegna che può essere anche
pericolosa,
con il suo concerto-spettacolo – ambientato nell’affascinante
cornice open
air, tra
gli antichi pini dell’anfiteatro MICOPERI – in cui anch’egli
racconterà una storia, quella della sua vita
cantabile “dove
la musica diventa un pretesto per parlare della vita, e dove la vita
si lascia agganciare proprio in quei momenti in cui un’aria, una
combinazione di suoni, il fragore di una banda o l’audacia di
un’orchestra hanno saputo toccarci il cuore e dirci qualcosa di più
su questa rocambolesca avventura di essere musicalmente al mondo”.
Sir
John Falstaff e la Riccardo Muti Italian Opera Academy
La XXVI edizione di
Ravenna Festival si concluderà con un evento straordinario per
diverse quanto singolari esclusive, che avrà come protagonista
Riccardo Muti nel suo unico appuntamento italiano del 2015 con
l’opera, il Falstaff di Giuseppe Verdi. Il grande capolavoro che
chiude l’intera parabola creativa del maestro di Busseto, sarà
proposto nel fortunato allestimento ideato da Cristina Mazzavillani
Muti nell’ambito delle produzioni realizzate da Ravenna Festival
per il bicentenario verdiano - ora inserito nelle manifestazioni di
Expo 2015 - che ambienta l’opera nei luoghi verdiani: la casa
natale di Roncole, il teatrino di Busseto e Villa Sant’Agata, con
la sua facciata “giallo Parma” e il suo grande parco, luoghi che
rivivono in scena attraverso la magia di proiezioni con le immagini
catturate dagli scatti fotografici di Miriam Anconelli, Luca Concas e
Martina Zanzani del VerdiWeb, progetto promosso da Ravenna Festival.
Si dà così seguito, in qualche modo, all’indicazione dello stesso
compositore che scrisse, a proposito di quest’opera, che sarebbe
stato meglio rappresentarla fra le mura domestiche di Sant’Agata
piuttosto che alla Scala.
La produzione di Falstaff
coinciderà con un altro evento unico di rilevanza internazionale, la
nascita della Riccardo Muti Italian Opera Academy promossa dalla RM
Music.
Con questa iniziativa il
maestro Muti realizzerà per la prima volta un corso per direttori
d’orchestra, rispondendo non solo alle tante richieste ed agli
auspici che da tempo e da tutto il mondo lo sollecitavano a dedicarsi
all’insegnamento della direzione d’orchestra, ma portando a
compimento un percorso di formazione dei giovani musicisti, iniziato
nel 2004 con la costituzione dell’Orchestra Giovanile Luigi
Cherubini, che oggi arriva ad includere tutte le componenti alla base
della realizzazione di un’opera, dall’orchestra ai cantanti, dai
maestri collaboratori al direttore d’orchestra.
Il frutto di questo primo
corso di formazione sarà presentato dallo stesso Riccardo Muti nel
concerto finale che i giovani direttori, selezionati da tutto il
mondo per prendere parte al corso, saranno chiamati a dirigere
guidando l’Orchestra Cherubini e i cantanti scelti dai laboratori
di Ravenna Festival in un programma interamente incentrato su
Falstaff,
materia ed argomento della prima Accademia.
RAVENNA
FESTIVAL 2015 (XXVI
edizione)
L’amor
che move il sole e l’altre stelle
4 giugno - 27
luglio 2015
Ouverture
29-30-31
maggio
Info
+39 0544 249244 | www.ravennafestival.org
venerdì
29, sabato 30 e domenica 31 maggio
Comacchio
dalle ore 21 alle ore 24
Nell’anno
internazionale della luce
Arpa
di luce: mirabil
uso
grande
installazione sonora e luminosa sui Trepponti di Comacchio di Pietro
Pirelli con Gianpietro Grossi
a
cura di
AGON
performance
musicali
*
con
Pietro
Pirelli arpa
di luce
Wisam
Gibran oud,
violino
Lorenzo
Serafin contrabbasso
con
il contributo del
Comune di Comacchio
* Le performance musicali, della durata di 15’, avranno luogo nella sola serata di sabato 30 maggio, alle ore 21.30, 22.00, 22.30 e 23.00
* Le performance musicali, della durata di 15’, avranno luogo nella sola serata di sabato 30 maggio, alle ore 21.30, 22.00, 22.30 e 23.00
Per
tre sere i Trepponti di Comacchio, porta fortificata della città,
diventano un grande strumento musicale capace di far vibrare luce e
suono tra le arcate e lungo il crocevia dei canali sottostanti. Al
calare della luce prendono forma 11 corde di luce laser tese fra le
due torri del triplo ponte: l’Arpa può essere percepita come una
rete fra le due torri, a sbarrare il passo verso il mare. Le corde di
luce sono lambite da altrettanti pendoli che creano una musica
infinita, generata dal continuo trasformarsi di figure a serpentina:
quasi una metafora del percorso di un’anguilla. Arpa
di Luce
è una scultura luminosa e un vero strumento musicale suonato dal
moto dei pendoli e da Pietro Pirelli, che ha elaborato una tecnica
dove le dita intercettano corde immateriali articolandosi nel vuoto.
giovedì 4 giugno
Palazzo
Mauro de André, ore 21
Concerto
inaugurale
Orchestra
del Maggio Musicale Fiorentino
direttore
Zubin
Mehta
Ludwig
van Beethoven Ouverture
“Leonore” n. 3 in do maggiore op. 72b
Richard
Wagner
Preludio
e Morte di Isotta
Pëtr
Il’ic Cajkovskij Sinfonia
n. 6 in si minore “Patetica” op. 74
“Poiché
nel corso della mia vita non ho mai gustato la vera felicità
dell’amore – scrive Wagner –, voglio erigere al più bello dei
miei sogni un monumento”: è il Tristano
e Isotta,
naturalmente, che la pagina orchestrale, accostando inizio e fine,
riassume nel contrasto tra la forza struggente della passione e la
trasfigurazione nella morte. Così come nell’ouverture è racchiusa
l’essenza drammatica del Fidelio,
l’eroico percorso dalla prigionia alla libertà. In un crescendo di
intensità emotiva che Zubin Mehta, insieme all’orchestra
fiorentina di cui da trent’anni è direttore principale, conduce
fino al misterioso segreto dell’ultimo capolavoro sinfonico di
Cajkovskij, alla dolente ed ineffabile umanità che lo pervade e al
disperato silenzio in cui la musica si dissolve.
venerdì
5 giugno
Teatro
Alighieri ore 20.30
Dante
nostro contemporaneo
L’amor
che move il sole e l’altre stelle
video
opera di Adriano
Guarnieri
per
tre voci soliste, quintetto vocale, coro, ensemble strumentale, sette
trombe e live electronics
direttore
Pietro Borgonovo
regia
di
Cristina Mazzavillani Muti
regia
del suono e live electronics
Tempo Reale light
designer
Vincent Longuemare
video
programmer
Davide Broccoli
set
e visual design
Ezio Antonelli
prima
dell’opera
Gabriele Lavia legge Dante
solisti
Sonia
Visentin soprano
Claudia
Pavone soprano
Carlo
Vistoli controtenore
mdi
ensemble
commissione
di Ravenna Festival
prima
rappresentazione assoluta
coproduzione
con
Festival dei Due Mondi di Spoleto
in
collaborazione con
Teatro della Toscana
L’ultimo
verso del Paradiso, titolo dell’opera, riassume per Guarnieri il
significato teologico, cosmico ed esistenziale dell’intera commedia
dantesca: “mai una singola frase poetica ha espresso una simile
forza totalizzante del concetto motorio, fisico e metafisico,
vitalistico, di armonia cosmica di cui l’umano vivere è intriso”.
La video opera – con cui si chiude il trittico che dall’Apocalisse
di Pietra
di diaspro
e attraverso Tenebrae,
ci conduce alla luce del Paradiso – si snoda in 14 sequenze
musicali che seguono il testo dantesco in una dimensione velata di
ineffabile spiritualità, in cui la rotazione al ralenti di soli,
vocalist e coro simula quell’armonia delle sfere, riferimento
cosmologico del poeta; mentre le 7 trombe, che in Pietra
di diaspro
aprivano minacciose il disvelamento apocalittico, qui squillano
allelujatiche, di un’armonia creaturale assoluta.
sabato
6 giugno
Palazzo
Mauro de André ore 21
Dante
nostro contemporaneo
La Vita
Nuova
cantata
per voce recitante, soprano e piccola orchestra
di
Nicola
Piovani
con
Elio
Germano
Rosa
Feola
soprano
ensemble
strumentale diretto da
Nicola Piovani
Marco
Loddo contrabbasso
Ivan
Gambini percussioni
Nando
di Modugno chitarra
Marina
Cesari sassofono
Aidan
Zammit tastiera
e
strumentisti dell’Orchestra
Giovanile Italiana
commissione
di Ravenna Festival
prima
rappresentazione assoluta
coproduzione
con
Festival dei Due Mondi di Spoleto e Armonie d’Arte Festival
La
Vita Nuova
è una partitura che scrivo con l’ambizione di raccontare in musica
l’emozione che può ancora dare a un uomo del terzo millennio la
lettura del capolavoro giovanile dantesco. Mi affascina il grande
stupore che questo racconto d’amore può ancora suscitare in noi,
pensando alla vita reale del giovane Dante – Dantino pare lo
chiamasse Guido Cavalcanti – una biografia piena di lacune. E
proprio queste lacune ci lasciano lo spazio per immaginare cosa
potesse essere quest’amore irreale, infantile, paradossale, per
l’intravista Bice Portinari, in arte Beatrice. Un grande amore
epilettico. La musica che scrivo ha l’ambizione di cantare quello
che questa storia d’amore riverbera dentro di me, un amore inumano,
canalizzato in un altro amore: quello per l’endecasillabo, questo
sì amore reale. Umano e divino insieme. (Nicola Piovani).
domenica 7 giugno
Teatro
Alighieri, ore 21
La
tradizione del Nuovo | Omaggio a Pierre Boulez per i suoi 90 anni
Pierre
Boulez: l’opera pianistica
Pierre-Laurent
Aimard
Tamara
Stefanovich
Douze
Notations
Première
Sonate
Deuxième
Sonate
Troisième
Sonate per pianoforte
Formant
3: Constellation/Miroir
Formant
2: Trope
Incises
Une
page d’éphéméride
Structures
per due pianoforti a quattro mani - Deuxième Livre
Quello tra Pierre Boulez e il pianoforte è un rapporto lungo una carriera. Dalle prime composizioni dei vent’anni – ritirate o utilizzate come cava di pietre per altri lavori – fino a Une page d’éphéméride del 2005, la tastiera ha segnato tappe fondamentali per il grande musicista francese e per la musica d’avanguardia tout court, con punte inarrivabili quali la Deuxième sonate del 1947, che segna di fatto il recupero del pianoforte nella pratica musicale contemporanea, o i due libri delle Structures per due pianoforti (1952 e 1961): vere e proprie colonne d’Ercole, queste ultime, del cosiddetto “serialismo integrale” la cui poetica Boulez aveva tratteggiato nel 1952 (l’anno del primo libro delle Structures) con un leggendario articolo su «The Score» dal titolo lapidario Schönberg è morto.
Quello tra Pierre Boulez e il pianoforte è un rapporto lungo una carriera. Dalle prime composizioni dei vent’anni – ritirate o utilizzate come cava di pietre per altri lavori – fino a Une page d’éphéméride del 2005, la tastiera ha segnato tappe fondamentali per il grande musicista francese e per la musica d’avanguardia tout court, con punte inarrivabili quali la Deuxième sonate del 1947, che segna di fatto il recupero del pianoforte nella pratica musicale contemporanea, o i due libri delle Structures per due pianoforti (1952 e 1961): vere e proprie colonne d’Ercole, queste ultime, del cosiddetto “serialismo integrale” la cui poetica Boulez aveva tratteggiato nel 1952 (l’anno del primo libro delle Structures) con un leggendario articolo su «The Score» dal titolo lapidario Schönberg è morto.
lunedì
8 giugno
Basilica
di San Francesco, ore 21
Musica
al tempo di Dante
Più dura
che petra
rime
dantesche e ardimenti musicali tra il xiii
e il xiv
secolo
musiche
di
Arnaut Daniel, Jacopo da Bologna, Guglielmo di Francia, Francesco
Landini, Jacob Senleches, Gilles Binchois
voce
recitante
David
Riondino
laReverdie
Claudia
Caffagni
voce, liuto
Livia
Caffagni
voce, viella, flauti
Elisabetta
de Mircovich
voce, viella, ribeca
Sara
Mancuso
arpa, organo portativo, claviciterio
Matteo
Zenatti
voce, arpa, tamburello
produzione
Ravenna Festival
Qual
è il “lato oscuro” della poesia e della musica europea fra Due e
Trecento? A partire dalle Rime
petrose
che Dante compone a cavallo tra i due secoli, David Riondino e
l’ensemble laReverdie guidano il pubblico attraverso un percorso
che dal più aspro stile dantesco tocca le cupe atmosfere amorose del
trovatore Arnaut Daniel (che Dante ricorda nel Purgatorio)
assieme alle composizioni dei più celebri musicisti dell’ars
nova
italiana e francese – da Guillaume de Machaut a Jacob Senleches, da
Francesco Landini a Jacopo da Bologna –, che al gusto per la poesia
raffinata e complessa derivata dal
trobar clus dei
poeti provenzali uniscono l’interesse per le complessità e gli
artifici metrico ritmici,
che avrebbero meritato alla loro arte l’etichetta di ars
subtilior.
martedì
9 giugno
Teatro
Alighieri, ore 21
Musica
al tempo di Dante
Ravenna
canta il suo Dante
con
Ivano
Marescotti
Franco
Costantini
musica
e danza
La
Rossignol
produzione
Ravenna Festival
in
collaborazione con
Società Dante Alighieri, Comitato di Ravenna
La
città che accolse Dante esule negli ultimi anni del suo percorso
creativo e di vita, che gelosamente ne ha custodito le spoglie
preservandole dai ripetuti tentativi di portarle a Firenze e dai
pericoli dei bombardamenti nella Seconda guerra mondiale, nel suo
principale teatro – che gli ha voluto significativamente
intitolare – canterà il “suo” Dante attraverso due voci
ravennati che alla lettura dei versi danteschi, in italiano e non
solo, hanno dedicato tanta attenzione e passione, Ivano Marescotti e
Franco Costantini. Uno spettacolo che alla parola recitata unisce
musiche medievali e rinascimentali affidate ad un ensemble
specializzato quale è La Rossignol.
giovedì
11 giugno
Basilica
di Sant’Apollinare Nuovo, ore 21
Lully, un
fiorentino a Versailles
Giovanni
Battista Lulli
Te
Deum e Dies Irae per soli, doppio coro e orchestra
Orchestra
Barocca “La Magnifica Comunità”
Melodi
Cantores
direttore
Elena Sartori
prima
esecuzione in versione integrale in tempi moderni
L’8 gennaio 1687 Jean-Baptiste Lully prova a Versailles il proprio Te Deum composto dieci anni prima, da rieseguire per la guarigione di Luigi xiv operato da appena due mesi per una fistola “in parte innominabile”. L’evento è noto: Lully, secondo l’uso del tempo, dirige battendo il tempo con un pesante bastone; si ferisce a un piede col puntale; la ferita degenera in cancrena e il compositore, rifiutata l’amputazione della gamba, muore due mesi dopo, il 22 marzo. L’aneddoto, per certi versi, ha messo in ombra l’immenso valore musicale del Te Deum, che assieme al Dies irae composto nel 1683 per le esequie di Maria Teresa d’Asburgo, moglie di Luigi xiv, è tra i massimi esempi di grand motet: il mottetto a doppio coro che costituiva il cuore della musica sacra di Stato nella Francia del Seicento.
venerdì
12 giugno
Teatro
Alighieri, ore 21
Dante
nostro contemporaneo
Divina.com
evento
mixed media in 36 parti per vocalist, orchestra, live electronics e
video di Daniele
Lombardi
Orchestra
Giovanile Luigi Cherubini
direttore
Tonino Battista
vocalist
David Moss
regia
del suono
Centro Tempo Reale - Firenze (Damiano Meacci)
video
Art Media Studio - Firenze
versione
per orchestra commissionata da Ravenna Festival
ore 18.30
Zona
del silenzio
(Tomba
di Dante, Quadrarco di Braccioforte, Basilica di San Francesco e
Chiostri francescani)
Esecuzione
itinerante di sette brani solistici, parte integrante di Divina.com
(Ingresso
libero)
Pianista, compositore, musicologo e ricercatore instancabile (massimo esperto mondiale del Futurismo musicale), raffinato artista visivo, Daniele Lombardi è una delle personalità musicali più singolari e sfaccettate del nostro tempo. Sperimentatore del dialogo sinestetico tra linguaggi artistici, tra musiche da vedere e quadri da ascoltare in un gioco serrato tra occhi e orecchie, nessuno più di lui, oltretutto fiorentino, avrebbe potuto concepire un’opera multimediale in 36 episodi o clips dedicata a Dante, che parte proprio dai luoghi dell’amata-odiata città in cui il divin poeta ha vissuto la propria giovinezza. Una originalissima composizione affidata, oltre che ai giovani strumentisti dell’Orchestra Cherubini, alla straordinaria vocalità di David Moss, vocalist estremo ed impareggiabile, ed al sapiente live electronics di Tempo Reale.
sabato
13 giugno
Chiostri
Francescani, ore 21.30
Cantar
di Dante in ottava rima
terzine
e quartine con accompagnamento di ciaramelle
poeti
estemporanei in ottava rima di Toscana e Lazio
Marco
Betti (Figline
Valdarno)
Donato
De Acutis (Bacugno)
Pietro
De Acutis (Bacugno)
Giampiero
Giamogante (Cittareale)
Niccolino
Grassi (Massa
Marittima)
Francesco
Marconi (Cittareale)
Irene
Marconi (Massa
Marittima)
Alessio
Di Fabio ciaramelle
a
cura di Cristina
Ghirardini
in
collaborazione con
Università degli Studi di Firenze
Dal
Trecento l’ottava rima diventa un metro di straordinario successo,
che culmina con i poemi epico-cavallereschi di Ariosto e Tasso. Metro
di eccellenza per la poesia narrativa, ha sempre abitato le corti e
le piazze, grazie ai cantastorie quattro e cinquecenteschi e, più
tardi, ai poeti aulici che improvvisavano nelle accademie
settecentesche. In alcune aree del centro Italia la pratica della
poesia estemporanea in ottava rima si è mantenuta sino ad oggi, come
strumento per una competizione rigidamente formalizzata nell’ambito
di gare e serate poetiche, in cui i poeti sono tenuti a confrontarsi
su temi scelti dal pubblico o dagli organizzatori. In Alta Sabina è
praticata anche la poesia estemporanea nella quartina e nella terzina
dantesca, con accompagnamento di organetto o ciaramelle, che trova il
proprio contesto d’elezione nelle serenate.
sabato
13 giugno
Palazzo
Mauro de André, ore 21.30
Michael
Clark Company
animal
/ vegetable / mineral
coreografie
Michael Clark
luci
Charles Atlas
costumi
Stevie Stewart, Michael Clark
musiche
di
Scritti Politti, Public Image Ltd, Sex Pistols, Pulp e Relaxed Muscle
commissionato
da
Barbican, Londra
co-prodotto
da
Barbican di Londra, Michael Clark Company, Maison des Arts de
Créteil, Théâtre de la Ville de Luxembourg, Tramway di Glasgow
Michael
Clark Company è sostenuta da Arts Coucil England
prima
italiana in esclusiva
Ex
enfant
terrible
della coreografia inglese, Michael Clark ha modellato nel tempo la
sua vena punk in una guaina bizzarra e personalissima. In cerca di
una conciliazione stridente tra l’algida eleganza del danzatore
classico che fu al Royal Ballet e la furia iconoclasta di allievo di
Karole Armitage, Clark è un creatore di danze selvagge ma con tocco
glam,
sempre più vicine al graffio pittorico.
Bad
boy,
però fedele al ritmo trasgressivo che imprime ai suoi lavori, così
come continua a riconoscersi nelle sue passioni: dalla musica dei Sex
Pistols alle complicità con Charles Atlas, artista prediletto nella
cerchia dei cunninghamiani. È l’assai elegante sapienza delle sue
luci, infatti, ad accendere il recente animal
/ vegetable / mineral,
mélange di corpi eccentrici con cui la compagnia di Clark torna a
elettrizzare le nostre scene.
domenica 14 giugno
Basilica
di San Francesco, ore 21
Musica
al tempo di Dante
La musica
della commedia
laudi,
inni e cantici spirituali
progetto
a cura di
Suor Julia Bolton Holloway, Federico Bardazzi, Marco Di Manno
videomaker
Federica Toci
voce
recitante
Paolo Lorimer
Ensemble
San Felice
soprani
Laura Andreini, Cecilia Cazzato, Lucia Focardi, Chiara Galioto
alto
Floriano D’Auria
tenore
Michael Paumgarten
bassi
Luciano Fava, Leonardo Sagliocca
Federico
Bardazzi viella
Marco
Di Manno flauto
Cecilia
Fernandez flauto
Dimitri
Betti organo
portativo
Donato
Sansone arpa
gotica, cialamelli, gaita, symphonia
Fabio
Tricomi arpa
gotica, daf, flauto e tamburo, oud, salterio, tamburello, viella,
zarb
Pueri
Cantores della Cattedrale di Santa Maria in Sarzana
maestro
del coro
Alessandra Montali
direttore
Federico Bardazzi
produzione
Ravenna Festival
Chi ha memoria degli studi liceali ricorda due episodi del Purgatorio dantesco: l’incontro tra Dante e l’amico musico Casella nel secondo canto e, nel canto xxi, quello col grande trovatore Arnaut Daniel, del quale Dante era stato ammiratore sin dalla gioventù. Di Arnaut Daniel restano una manciata di testi, solo due provvisti di musica; nulla resta della produzione semimprovvisata di Casella. È per questo che, per ricostruire l’universo musicale della Commedia, Suor Julia Bolton Holloway, Federico Bardazzi e Marco Di Manno si sono rivolti alla pratica medievale del contrafactum (il riuso di una melodia conosciuta su un nuovo testo), facendo risuonare le parole di Dante sulle melodie dei più importanti codici musicali fiorentini o legate ai luoghi che al poeta sono stati cari o familiari.
Chi ha memoria degli studi liceali ricorda due episodi del Purgatorio dantesco: l’incontro tra Dante e l’amico musico Casella nel secondo canto e, nel canto xxi, quello col grande trovatore Arnaut Daniel, del quale Dante era stato ammiratore sin dalla gioventù. Di Arnaut Daniel restano una manciata di testi, solo due provvisti di musica; nulla resta della produzione semimprovvisata di Casella. È per questo che, per ricostruire l’universo musicale della Commedia, Suor Julia Bolton Holloway, Federico Bardazzi e Marco Di Manno si sono rivolti alla pratica medievale del contrafactum (il riuso di una melodia conosciuta su un nuovo testo), facendo risuonare le parole di Dante sulle melodie dei più importanti codici musicali fiorentini o legate ai luoghi che al poeta sono stati cari o familiari.
domenica
14 giugno
Palazzo
Mauro de André, ore 21
Roberto
Vecchioni meets
Orchestra
Giovanile LUIGI Cherubini
direttore
Roberto Menicagli
Poeta, scrittore, enigmista e molto altro, il “Professore” della canzone italiana si è persino affacciato sul grande schermo nel film di Castellitto, Nessuno si salva da solo. A Ravenna, però, Roberto Vecchioni porta la sua voce in primo piano, nel concerto-ritratto di cui è protagonista affiancato dai giovani musicisti dell’Orchestra Cherubini. Tra racconto e canzoni, disegna la mappa di una vita fatta di pensieri e di note. Testi forgiati col bulino con cui il “mercante di luce” riemerge dopo tuffi profondi nella cultura greca e latina, ma con parole per tutti. Ritagliandosi, nel magma orchestrale, spazi intimi per voce e chitarra (Le lettere d’amore) o anche violino (Vincent). Immancabilmente passando per il Sanremo dorato di Chiamami ancora amore e i suoi gioielli d’autore, da Luci a San Siro a Samarcanda.
lunedì 15 giugno
Chiostro
Biblioteca Classense ore 21.30
Ensemble
giapponese di musica e danza tradizionali
Complesso
strumentale giapponese Sakurakomachi
Maki
Isogai, Aoi Kajigano, Rin Nakashima, Yuko Fakuda, Asumi Yamano koto
Sakuzan
Sakurai shakuhachi
Fumiko
Arai strumenti
a percussione
Hitomi
Nakamura voce
progettazione
e produzione
Japan Performing Arts Foundation (NBS)
con
il patrocinio del
Consolato Generale del Giappone
Se c’è un universo di stili, sonorità e linguaggi tradizionali capaci di resistere all’invasiva omologazione dell’imperante world music, allora quello è il mondo musicale giapponese. Inconfondibile e inafferrabile, giunge a noi attraverso la suggestione di un ensemble che ne riunisce le diverse anime esaltando quella continuità che nella consuetudine popolare lega gli antichi repertori classici alla vitalità di sempre nuove composizioni. Dalle arcaiche musiche danzate a corte (gagaku) ai componimenti riservati a straordinari strumenti come il flauto di canna shakuhachi, o l’incisivo liuto a tre corde, shamisen, e soprattutto il raffinatissimo koto, una cetra dalla complessa accordatura, giunto in Giappone nell’viii secolo, ma capace di fondersi ai timbri della modernità.
martedì
16 giugno
Palazzo
dei Congressi, ore 21
Dante
nostro contemporaneo
Le Visage
de la Comédie
(Il
Volto della Commedia)
film-performance
di
Ghislaine
Avan
con
la partecipazione di
Hélène
Breschand arpa
Michel
Godard
basso tuba e serpentone
Ghislaine
Avan
tap dance
prima
visione assoluta
Dal 2006, Ghislaine Avan viaggia per il mondo filmando centinaia di persone che, in tutte le lingue in cui è stato tradotto il poema universale, ne leggono un passo, nella loro quotidianità e spesso nei luoghi o nei momenti più improbabili, ma rivelatori dell’attualità del messaggio di Dante. Di questo babelico materiale audiovisivo viene offerto a Ravenna, in anteprima mondiale, un primo montaggio. Né documentario, né fiction, né serie di ritratti, né reportage, Le Visage de la Comédie, multi-prospettico, multi-lingue, multi-sfaccettato, crea un genere inedito fondendo assieme tutti questi diversi linguaggi. Questa opera collettiva verrà accompagnata live a Ravenna da due improvvisatori di eccezione, Hélène Breschand e Michel Godard, e sarà il pubblico stesso a scegliere in quale dei tre mondi si snoderà il percorso della serata: Inferno, Purgatorio o Paradiso?
Dal 2006, Ghislaine Avan viaggia per il mondo filmando centinaia di persone che, in tutte le lingue in cui è stato tradotto il poema universale, ne leggono un passo, nella loro quotidianità e spesso nei luoghi o nei momenti più improbabili, ma rivelatori dell’attualità del messaggio di Dante. Di questo babelico materiale audiovisivo viene offerto a Ravenna, in anteprima mondiale, un primo montaggio. Né documentario, né fiction, né serie di ritratti, né reportage, Le Visage de la Comédie, multi-prospettico, multi-lingue, multi-sfaccettato, crea un genere inedito fondendo assieme tutti questi diversi linguaggi. Questa opera collettiva verrà accompagnata live a Ravenna da due improvvisatori di eccezione, Hélène Breschand e Michel Godard, e sarà il pubblico stesso a scegliere in quale dei tre mondi si snoderà il percorso della serata: Inferno, Purgatorio o Paradiso?
mercoledì
17 giugno
Palazzo
Mauro de André ore 21.30
Dance
Theatre of Harlem
The
Lark Ascending
coreografia
Alvin Ailey
musica
Ralph Vaughan Williams
costumi
Bea Feitler
luci
Chenault Spence
Cajkovskij
Pas de Deux
coreografia
George Balanchine
musica
Pëtr Il’ic Cajkovskij
luci
Peter D. Leonard
Dancing
on the Front Porch of Heaven
coreografia
Ulysses Dove
musica
Arvo Pärt
costumi
Jorge Gallardo
luci
Björn Nilsson
Return
coreografia
Robert Garland
musiche
Aretha Franklin e James Brown
costumi
Pamela Allen-Cummings
luci
Roma Flowers
L’orgoglio nero della danza si chiama Dance Theatre of Harlem, nato nel 1969, quasi idealmente dalle ceneri del sogno americano di Martin Luther King, assassinato un anno prima. A fondarlo, Arthur Mitchell, primo ballerino afroamericano venuto dall’empireo balanchiniano del New York City Ballet, che assieme a Karel Shook teneva lezioni in un garage ad Harlem, reclutandovi i futuri danzatori della prima compagnia di balletto all black. Nel versatile repertorio del DTH si trovano accostati titoli classici e lavori contemporanei, molti dei quali pensati su misura, così come voluto da Virginia Johnson, che dal 2009 ne rimodella le sorti. Tra le scelte a Ravenna: lo scintillante Cajkovskij Pas de Deux di Balanchine e Dancing on the Front Porch of Heaven di Ulysses Dove, una hit del Royal Swedish Ballet rimontato per il DTH.
L’orgoglio nero della danza si chiama Dance Theatre of Harlem, nato nel 1969, quasi idealmente dalle ceneri del sogno americano di Martin Luther King, assassinato un anno prima. A fondarlo, Arthur Mitchell, primo ballerino afroamericano venuto dall’empireo balanchiniano del New York City Ballet, che assieme a Karel Shook teneva lezioni in un garage ad Harlem, reclutandovi i futuri danzatori della prima compagnia di balletto all black. Nel versatile repertorio del DTH si trovano accostati titoli classici e lavori contemporanei, molti dei quali pensati su misura, così come voluto da Virginia Johnson, che dal 2009 ne rimodella le sorti. Tra le scelte a Ravenna: lo scintillante Cajkovskij Pas de Deux di Balanchine e Dancing on the Front Porch of Heaven di Ulysses Dove, una hit del Royal Swedish Ballet rimontato per il DTH.
giovedì
18 giugno
Teatro
Rasi, ore 21
Viaggiatori
degli inferi
una
esplorazione musicale nel mondo delle ombre guidata da Guido
Barbieri
Dolce
Concento Ensemble
direttore
Nicola Valentini
soprano
Lavinia Bini
controtenore
Raffaele Pe
basso
Antonio Vincenzo Serra
musiche
di
Monteverdi, Händel, Gluck, Mozart
produzione
Ravenna Festival
Commozione e “maraviglia”. Anche il mondo dei morti desta, nel teatro barocco, i medesimi affetti che abitano il mondo dei vivi; nell’opera del Sei e del Settecento gli inferi non sono il regno delle pene e dei contrappassi dei gironi danteschi, bensì un universo fantastico dove si consuma il dolore del congedo. Anche il Novecento, a partire dai Sonetti ad Orfeo di Rilke, sente la visitatio inferni come un progressivo smarrimento dei sensi, come una discesa inconsolabile nel dolore della interiorità. Lo spettacolo vedrà scorrere, come sulle due sponde del “fiume stigio”, le lacrime e gli stupori dell’inferno barocco da una parte, e dall’altra la storia parallela di una guida preziosa: Wera Knoop, la giovane danzatrice, musicista e pittrice, scomparsa a 19 anni nel 1919, alla quale Rilke dedica il suo profetico poema orfico.
Commozione e “maraviglia”. Anche il mondo dei morti desta, nel teatro barocco, i medesimi affetti che abitano il mondo dei vivi; nell’opera del Sei e del Settecento gli inferi non sono il regno delle pene e dei contrappassi dei gironi danteschi, bensì un universo fantastico dove si consuma il dolore del congedo. Anche il Novecento, a partire dai Sonetti ad Orfeo di Rilke, sente la visitatio inferni come un progressivo smarrimento dei sensi, come una discesa inconsolabile nel dolore della interiorità. Lo spettacolo vedrà scorrere, come sulle due sponde del “fiume stigio”, le lacrime e gli stupori dell’inferno barocco da una parte, e dall’altra la storia parallela di una guida preziosa: Wera Knoop, la giovane danzatrice, musicista e pittrice, scomparsa a 19 anni nel 1919, alla quale Rilke dedica il suo profetico poema orfico.
venerdì
19, sabato 20 e domenica 21 giugno
Russi,
Palazzo San Giacomo ore 20
L’opera
equestre
Saga IV.
Il canto dei canti
corte
transumante di Nasseta: libera compagnia di uomini, cavalli e
montagne
Giovanni
Lindo Ferretti signore
delle parole
Marcello
Ugoletti signore
dei cavalli
Cinzia
Pellegri signora
della corte
Paolo
Simonazzi signore
delle arie e degli antichi strumenti
Stefano
Falaschi signore
del ferro e del fuoco
cavalieri
e cavallanti
musiche
originali di
Lorenzo Esposito Fornasari, Giovanni Lindo Ferretti, Luca Rossi
nuovo
allestimento per Ravenna Festival
in
collaborazione con
il Comune di Reggio Emilia
con
il contributo del
Comune di Russi
Nell’evocazione
di una turrita Italia medioevale, che la tematica dantesca sollecita,
non risulta estranea l’opera
equestre
che Giovanni Lindo Ferretti propone per l’ampia corte/aia
antistante il Palazzo San Giacomo a Russi. Una “partitura per voce,
cavalli, incudine con mantice e bordone” che vede “in scena”,
oltre allo stesso Ferretti, un musicista (Signore delle musiche), un
maniscalco (Signore dei cavalli) e – soprattutto – venti cavalli
e alcuni cavalieri. “Saga
– scrive Ferretti – è il racconto di un antico patto che antichi
uomini ed antichi cavalli sancirono a reciproco sostegno; un patto
che avendo esaurito ogni ragione materiale di sussistenza, e proprio
in virtù di ciò, lascia intravedere una ricchezza spirituale e
comportamentale che merita di essere indagata. Conservata,
restaurata, offerta alla vita quotidiana di chi ne comincia a
percepire mancanza”.
sabato 20 giugno
Palazzo
Mauro de André ore 21
60 anni di
sigle RAI
Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai
direttore
Pietro
Mianiti
pianoforte
Danilo
Rea
musiche
di
Rossini, Bach, Liszt, Paradisi, Stravinskij e
medley tematici alternati a libere improvvisazioni al pianoforte di
Danilo
Rea
trascrizioni
ed elaborazioni di
Andrea Ravizza
conduce
Massimo
Bernardini
Chi
è nato prima della televisione commerciale ha legato i propri
ricordi alle musiche delle trasmissioni RAI: dal Guglielmo
Tell
di Rossini che apriva la giornata di programmazione, al finto
Rinascimento della Chanson
balladée
di Almanacco
del giorno dopo;
dall’Aria
sulla quarta corda
di Bach divenuta un evergreen grazie a Quark,
alla Toccata
di Pietro Domenico Paradisi che dava suono alle immagini fisse
dell’Intervallo;
dalle sigle di varietà come Rischiatutto
o Canzonissima,
a quelle dei primi cartoni animati giapponesi o di sceneggiati come
Sandokan
e
Pinocchio
– come
dimenticare il W
la pappa col pomodoro
di Nino Rota per Gianburrasca? –, fino a jingle come il Te
deum di
Lully per l’Eurovisione, e la frizzantissima Pancho:
storica sigla di Jan Stoeckart per l’intermezzo calcistico
90° minuto.
domenica
21 giugno
Brisighella,
Parco Vena del Gesso - Cava Marana
dalle
ore 10 alle 18.30
Concerto
Trekking
Il
Canto nell’antro
concerto
per anguane, grotte e specchi d’acqua
Duo
Alarc’h
Simona
Gatto voce,
percussione
Marta
Celli arpa
celtica, voce
Orchestra
d’archi della Scuola G. Sarti di Faenza
diretta
da
Paolo Zinzani
arrangiamenti
orchestrali Vanni
Crociani
commissione
di Ravenna Festival
il
percorso (km 10 a tappe D+350) Brisighella,
Cava Monticino, Parco Carnè (Ristoro), Cava Marana (concerto),
Brisighella
in
collaborazione con Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola
Dalla
stazione di Brisighella, raggiunta col “treno di Dante”, si
attraversa uno dei borghi più belli d’Italia per inerpicarsi fino
al centro visite Rifugio Ca’ Carnè, passando prima dal Museo
geologico ex-cava del Monticino, dove ascoltare suoni e storie di
minatori, poi dagli scavi di Rontana. Dopo il ristoro si scende
all’ex-cava Marana per immergersi nella leggenda alpina delle
Anguane, eteree e bellissime creature dai lunghi capelli, che
abitavano in grotte presso corsi d’acqua da cui, come omeriche
sirene, grazie al melodioso canto attiravano gli uomini per ridurli
in schiavitù. Un viaggio musicale attraverso gli archetipi del
femminile, dove l’acqua, madre e matrigna, si unisce alla grotta in
un “regressus ad uterum”, simbolica discesa agli inferi, per
giungere infine ad una nuova nascita.
domenica 21 giugno
Palazzo
Mauro de André, ore 21
Le
quattro stagioni - Vivaldi Recomposed
Ensemble
barocco L’Arte del Mondo
maestro
concertatore
Werner Ehrhardt
violino
solista
Daniel Hope
Antonio
Vivaldi Le
quattro stagioni
Max
Richter Vivaldi
Recomposed
(prima esecuzione in Italia)
Alcune
composizioni ci sono talmente familiari che è quasi impossibile
ascoltarle come fossero fresche, qualcosa di nuovo o inaudito, ma
questo è ciò che straordinariamente Max Richter è riuscito ad
ottenere con Vivaldi
Recomposed.
E non si tratta di un mero arrangiamento perché è come se Richter
avesse assorbito le Quattro
Stagioni
di Vivaldi nelle proprie vene, assimilandole e trasformandole
attraverso i filtri della sua sensibilità di musicista
contemporaneo. Nel suo “ri-comporre” confluiscono naturalmente
elettronica, minimalismo, musica ambient,
progressive
rock,
quel profumo di barocco che si poteva udire in certi pezzi dei
Beatles e dei Beach Boys, se non addirittura il drumming
di John Bonham, granitico batterista dei Led Zeppelin. Eppure il
Prete Rosso vi abita ancora dentro, più che mai danzante ed
estatico.
lunedì
22 giugno
Refettorio
di San Vitale
ore
21 prima
parte
ore
22.30 seconda
parte
Musica
al tempo di Dante
Luce
nell’ombra
La
Morra Ensemble
VivaBiancaLuna
Biffi voce
e archi
Corina
Marti flauti
e tastiere medievali
Michal
Gondko liuto
a plettro medievale
musica
di
Francesco Landini da Firenze
Ensemble
Korymbos
direttore
Alessandra
Fiori
Canti
dei monasteri femminili del xiii
e xiv
secolo
“Francesco Cieco”, per aver perso la vista; “Francesco degli Organi” per l’abilità di strumentista; “gloriosa rinomanza” di Firenze (Coluccio Salutati). È Francesco Landini: autore di una copiosa produzione musicale frutto delle commissioni della ricca borghesia fiorentina, figlio d’arte (suo padre era il pittore Jacopo del Casentino, cui il Vasari dedica un capitolo delle proprie Vite) nonché massimo esponente dell’ars nova italiana del Trecento. Alla luce della sua musica e del suo intelletto, che brillò nell’ombra della cecità, seguirà quella spirituale che rifulse nell’ombra della clausura. I canti dei conventi femminili reperiti da Alessandra Fiori nel manoscritto Q.11, conservato presso il Museo della Musica di Bologna, risuoneranno sotto gli affreschi di Santa Chiara, forse gli stessi canti che le Clarisse vi intonarono al tempo di Dante.
“Francesco Cieco”, per aver perso la vista; “Francesco degli Organi” per l’abilità di strumentista; “gloriosa rinomanza” di Firenze (Coluccio Salutati). È Francesco Landini: autore di una copiosa produzione musicale frutto delle commissioni della ricca borghesia fiorentina, figlio d’arte (suo padre era il pittore Jacopo del Casentino, cui il Vasari dedica un capitolo delle proprie Vite) nonché massimo esponente dell’ars nova italiana del Trecento. Alla luce della sua musica e del suo intelletto, che brillò nell’ombra della cecità, seguirà quella spirituale che rifulse nell’ombra della clausura. I canti dei conventi femminili reperiti da Alessandra Fiori nel manoscritto Q.11, conservato presso il Museo della Musica di Bologna, risuoneranno sotto gli affreschi di Santa Chiara, forse gli stessi canti che le Clarisse vi intonarono al tempo di Dante.
martedì
23 giugno
Rocca
Brancaleone ore 21.30
Per
i 70 anni della Liberazione
Bella ciao
con
Ginevra
Di Marco, Lucilla Galeazzi
ed
Elena Ledda voci
Alessio
Lega voce,
chitarra
Andrea
Salvadori chitarra
Gigi
Biolcati percussioni
e cori
Riccardo
Tesi organetto
e direzione musicale
a
cura di Franco
Fabbri
regia
di Silvano
Piccardi
Quando il 21 giugno 1964 sul blasonato e “colto” palcoscenico del Festival dei Due Mondi di Spoleto approdò lo spettacolo imbastito da Roberto Leydi e Filippo Crivelli, con i testi di Franco Fortini, fu subito scandalo e, dopo le scomposte reazioni del pubblico “benpensante”, gli autori furono trascinati fino in tribunale. Ma da lì in poi la canzone italiana non sarebbe stata più la stessa: gli influssi delle ricerche del Nuovo Canzoniere Italiano e quelli del dilagante folk revival sarebbero arrivati a lambire i territori della musica di consumo. Dopo cinquant’anni quei canti di lavoro, d’amore, di protesta – dal canto del titolo a O Gorizia, da Amore mio non piangere agli Scariolanti – tornano a risuonare affidati ai migliori interpreti della scena folk italiana (con una outsider d’eccezione come Ginevra di Marco), rivelando un’urgenza espressiva mai spenta.
Quando il 21 giugno 1964 sul blasonato e “colto” palcoscenico del Festival dei Due Mondi di Spoleto approdò lo spettacolo imbastito da Roberto Leydi e Filippo Crivelli, con i testi di Franco Fortini, fu subito scandalo e, dopo le scomposte reazioni del pubblico “benpensante”, gli autori furono trascinati fino in tribunale. Ma da lì in poi la canzone italiana non sarebbe stata più la stessa: gli influssi delle ricerche del Nuovo Canzoniere Italiano e quelli del dilagante folk revival sarebbero arrivati a lambire i territori della musica di consumo. Dopo cinquant’anni quei canti di lavoro, d’amore, di protesta – dal canto del titolo a O Gorizia, da Amore mio non piangere agli Scariolanti – tornano a risuonare affidati ai migliori interpreti della scena folk italiana (con una outsider d’eccezione come Ginevra di Marco), rivelando un’urgenza espressiva mai spenta.
mercoledì 24 giugno
Artificerie
Almagià, ore 21
Dante
nostro contemporaneo
Un instant
entre deux instants
(Un
istante tra due istanti)
Ghislaine
Avan
regia,
tap-dance
Alexandre
Yterce elettroacustica
video
Luca Brinchi, Maria Elena Fusacchia
Compagnie
Tempo Cantabile
prima
assoluta
Sospeso tra due mondi, questo “istante tra due istanti” si riferisce a quel “mondo intermedio” che, nella Divina Commedia, si trova tra Inferno e Paradiso, ovvero il Purgatorio, che Dante è tra i primi a raffigurare, lasciandosi alle spalle la visione binaria del mondo, suddivisa tra bene e male. Questa transizione a una struttura ternaria fa del Purgatorio il luogo di conversione e trasformazione per eccellenza. Si snoda così un percorso che intreccia danza, video e musica, e che traduce l’intensificarsi della percezione nell’ascesa al Purgatorio. La liquidità, la dolcezza, l’attesa eterna, il sollievo, la tensione, il pericolo, l’Eden, gli angeli, il rituale, l’elevazione, la metamorfosi interiore, la purificazione, la felicità quasi paradisiaca, il sogno, la scrittura, la manifestazione dell’arte (scultura, canto, l’incontro tra poeti), sono i temi ispiratori di questa pièce.
Sospeso tra due mondi, questo “istante tra due istanti” si riferisce a quel “mondo intermedio” che, nella Divina Commedia, si trova tra Inferno e Paradiso, ovvero il Purgatorio, che Dante è tra i primi a raffigurare, lasciandosi alle spalle la visione binaria del mondo, suddivisa tra bene e male. Questa transizione a una struttura ternaria fa del Purgatorio il luogo di conversione e trasformazione per eccellenza. Si snoda così un percorso che intreccia danza, video e musica, e che traduce l’intensificarsi della percezione nell’ascesa al Purgatorio. La liquidità, la dolcezza, l’attesa eterna, il sollievo, la tensione, il pericolo, l’Eden, gli angeli, il rituale, l’elevazione, la metamorfosi interiore, la purificazione, la felicità quasi paradisiaca, il sogno, la scrittura, la manifestazione dell’arte (scultura, canto, l’incontro tra poeti), sono i temi ispiratori di questa pièce.
Giovedì
25 giugno
Teatro
Rasi ore 21
Teatro
delle Albe
Il volo
La
ballata dei picchettini
di
Luigi Dadina, Laura Gambi e Tahar Lamri
con
Tahar
Lamri, Luigi Dadina narrazione
Francesco
Giampaoli basso
e percussioni
Diego
Pasini basso
e percussioni
Lanfranco
Vicari-Moder rap
regia
Luigi
Dadina
scene
e costumi
Pietro Fenati, Elvira Mascanzoni
co-produzione
Teatro delle Albe/Ravenna Teatro, Ravenna Festival
prima
rappresentazione
Domenico Mazzotti, morto sul lavoro nel marzo del 1947, ha insistito perché si raccontasse questa storia. La sua foto è visibile sotto l’unica gru rimasta, nella darsena di città. In arabo Dar Essena’a, Casa dell’industria, dell’arte e del fare.
Tahar
e Luigi, nati rispettivamente il 24 e il 25 dicembre del 1958, il
primo ad Algeri, il secondo a Ravenna, hanno deciso di tenere,
assieme a tre musicisti, una Conferenza sul Marzo per raccontare di
fabbrica, porti, lavoro, incidenti, cormorani, nebbia e fuochi.
Insieme ripercorrono anche la tragedia della Mecnavi, dove persero la
vita, nel marzo 1987, tredici picchettini: morirono soffocati come
topi nei cunicoli della nave gasiera “Elisabetta Montanari”.
Nello
spettacolo si alternano narrazioni e testi in musica, ispirati alle
ballate popolari e alla cultura hip hop.
venerdì
26 giugno
Teatro
Alighieri ore 21
Aterballetto
e-ink
coreografia
Michele Di Stefano (1999)
musica
Paolo Sinigaglia
riallestimento
nell’ambito del Progetto RIC.CI
(Reconstruction
Italian Contemporary Choreography)
ideazione
e direzione artistica
Marinella Guatterini
Upper-East-Side
coreografia
Michele Di Stefano
musica
Lorenzo Bianchi Hoesch
Tempesta/The
Spirits
coreografia
Cristina Rizzo
musiche
autori vari
Un
vento di novità contemporanee avvolge l’Aterballetto ed è
percepibile in questo sorprendente trittico tutto italiano. Vi
spiccano Upper-East-Side
di Michele Di Stefano, già Leone d’Argento alla Biennale
Danza 2014, e Tempesta/The
Spirits di
Cristina Rizzo. Una coreografia formalistica tentata da un nomadismo
concettuale, fatto di fragilità, coraggio, aspirazione ad
impossessarsi fisicamente di un luogo. Ed un’altra danza pura, ma
anche dorata e tribale, per tre coppie al loro rinnovato incontro
dopo una “tempestosa” rottura. A coronamento e-ink,
primo successo, nel 1999, di Mk, la compagnia di Di Stefano: è un
duetto freschissimo, di sussultante, tragica e comica goffaggine,
fuoriuscito dall’ormai lunga e collaudata lista del Progetto
RIC.CI, cui anche il ringiovanito Aterballetto ha aderito.
venerdì
26 giugno
Palazzo
Mauro de André ore 21Münchner
Philharmoniker
direttore
Semyon
Bychkov
Jean-Yves
Thibaudet
pianoforte
Johannes
Brahms Sinfonia
n. 3 in fa maggiore op. 90
Maurice
Ravel Concerto
per pianoforte e orchestra in sol maggiore
Claude
Debussy La
mer tre
schizzi sinfonici dedicati a Jacques Durand
Da una parte quella che lo stesso Brahms, come disorientato dal planetario e incondizionato successo riscosso, definì come la “sinfonia sfortunatamente troppo celebre”, la sua “Eroica”, definitiva emancipazione dall’ingombrante modello beethoveniano; dall’altra il più ambizioso affresco sinfonico di Debussy, la luminosa e stupefacente sequenza d’impasti sonori e ritmici in cui l’esperienza del mare appare trasfigurata in un magma di sotterranee pulsioni emotive. Capolavori. Ad interpretarli il gesto di Semyon Bychkov, capace di svelare l’insospettabile anche nelle pagine più celebri. Eppoi, per la giocosa serenità del Concerto di Ravel, intriso dei più diversi influssi, dal jazz ai temi baschi, la sensibilità poetica e la prodigiosa tecnica di Jean-Yves Thibaudet, sicuramente tra i più titolati interpreti raveliani dei nostri tempi.
venerdì
26 giugno
Chiostro
Biblioteca Classense ore 21.30
Canti
Nomadi 1
Voci
nomadi
l’incontro
del canto a
tenore
sardo col canto difonico della Mongolia
Cuncordu
e Tenore de Orosei
Mario
Siotto
bassu
Gian
Nicola Appeddu
contra
Piero
Pala
mesuvoche
Tonino
Carta
voche
Massimo
Roych
voche, trunfa, flauto pipiolu
Tsogtgerel
Tserendavaa
canto khoomij, flauto tsuur, viella morin-khuur
Garzoring
Nergui
canto khoomij, liuto tovshuur, viella morin-khuur
La suggestione di una possibile condivisione di alcuni elementi di linguaggio tra la sovrapposizione di suoni del tenore sardo e gli intervalli impiegati nel canto difonico in Mongolia, nonché le affinità suggerite dal timbro vocale gutturale, hanno forse incoraggiato, nella cornice multietnica del Festival delle Musiche Sacre di Fès, un incontro tra culture musicali così lontane, radicate rispettivamente nelle montagne sarde e nelle steppe mongole. L’esperienza con i cantori mongoli Tsogtgerel Tserendavaa e Garzoring Nergui non è la prima collaborazione che il Cuncordu e Tenore de Orosei ha costruito con artisti provenienti da diverse realtà musicali: sono infatti progetti ambiziosi e perfettamente riusciti le colonne sonore dei film The Wild Blue Yonder e The White Diamond di Werner Herzog, con la collaborazione di Ernst Reijseger al violoncello e del cantore senegalese Mola Sylla.
La suggestione di una possibile condivisione di alcuni elementi di linguaggio tra la sovrapposizione di suoni del tenore sardo e gli intervalli impiegati nel canto difonico in Mongolia, nonché le affinità suggerite dal timbro vocale gutturale, hanno forse incoraggiato, nella cornice multietnica del Festival delle Musiche Sacre di Fès, un incontro tra culture musicali così lontane, radicate rispettivamente nelle montagne sarde e nelle steppe mongole. L’esperienza con i cantori mongoli Tsogtgerel Tserendavaa e Garzoring Nergui non è la prima collaborazione che il Cuncordu e Tenore de Orosei ha costruito con artisti provenienti da diverse realtà musicali: sono infatti progetti ambiziosi e perfettamente riusciti le colonne sonore dei film The Wild Blue Yonder e The White Diamond di Werner Herzog, con la collaborazione di Ernst Reijseger al violoncello e del cantore senegalese Mola Sylla.
sabato
27 giugno
Palazzo
Mauro de André, ore 21
Dante
Symphonie
DanteXperience
concerto multimediale
Budapest
MAV Symphony Orchestra
Angelica
Girls’ Choir di Budapest
ideazione,
regia e direzione
Vittorio
Bresciani
voce
recitante
Chiara
Muti
Pëtr
Il’ic Cajkovskij Francesca
da Rimini,
fantasia sinfonica in mi minore (dal v
Canto dell’Inferno
di Dante) op. 32
Franz
Liszt Dante-Symphonie
produzione
Festival di Primavera di Budapest - Studiomusica Hungary
Se per Liszt il rinnovamento della musica doveva passare “attraverso la sua più intima compenetrazione con l’arte poetica”, misurarsi con le inarrivabili altezze della Commedia dantesca era inevitabile. Ma la scoperta di quel capolavoro diventò uno dei più ardui banchi di prova per le sue teorie sulla “musica a programma” negli anni della piena maturità, e rinunciando al sogno – multimediale ante litteram – di fondere il suono alle immagini che una “lanterna magica” avrebbe dovuto, secondo i suoi progetti, proiettare durante l’esecuzione del poema sinfonico. Un sogno che qui si realizza nella pienezza sinestetica della musica e del canto che incontrano la forza significante della poesia recitata, sullo sfondo delle inconfondibili e celeberrime incisioni che Gustav Doré, proprio negli stessi anni della partitura lisztiana, realizzò ad illustrare quei versi immortali.
sabato
27 giugno
Chiostro
Biblioteca Classense, ore 21.30
Canti
Nomadi 2
Songs from
a no man’s land
Elina
Duni Quartet & Roberto Ottaviano
Il nomadismo postmoderno non è solo mobilità fisica, ma è soprattutto la possibilità di acquisire e rielaborare modalità espressive che si generano e circolano grazie alla pervasione dei media, dando luogo a ibridazioni inaspettate. Elina Duni lo dimostra: nata in Albania e cresciuta in Svizzera, riscopre la musica tradizionale albanese durante il suo percorso come musicista jazz. Formatasi nel solco di Miles Davis, John Coltrane, Billie Holiday, Shirley Horn, Sidsel Endresen, attratta dalla poesia (la madre stessa, Bessa Myftiu, è scrittrice), dalla duttilità degli idiomi albanesi e delle altre lingue in cui canta le proprie canzoni, ha fatto del quartetto la propria dimensione musicale ideale. Improvvisamente l’equilibrio viene rotto dal sax di Roberto Ottaviano, un altro specialista nell’intrecciare percorsi musicali, tra jazz e mondo mediterraneo.
domenica
28 giugno
Basilica
di San Vitale, ore 21
Il Cantico
dei Cantici
di
Alessandro
Grandi maestro
a Venezia al fianco di Monteverdi
I
Cantori di San Marco
Alice
Borciani, Elena Modena soprani
Julio
Fioravanti controtenore
Marco
Mustaro, Dino Lüthy tenori
Marcin
Wyszkowski basso
Nicola
Lamon organo
Gianluca
Geremia tiorba
direttore
Marco Gemmani
Mottetti
a 5, 6, 7 voci
prime
esecuzioni in tempi moderni
Tutti
conoscono Claudio Monteverdi; molti meno conoscono Alessandro Grandi.
Eppure, le vicende dei due compositori s’intrecciano a più riprese
nell’arco di un ventennio: dalla Ferrara del 1597 in cui Grandi è
cantore e poi maestro di cappella all’Accademia della Morte (negli
stessi anni Monteverdi lavora alla corte di Mantova, che con Ferrara
intrattiene strettissime relazioni anche musicali), alla Venezia dei
primi decenni del Seicento che vede Grandi dapprima “giovane di
coro”, poi cantore, e infine vicemaestro di cappella proprio a
fianco di Monteverdi. Era inevitabile che il più giovane Grandi
subisse l’influenza del seducente stile monteverdiano, soprattutto
nei grandi mottetti concertati che costituivano un vero e proprio
marchio di fabbrica della musica veneziana del primo Seicento.
lunedì
29 giugno
Basilica
di San Vitale ore 21
Figlia del
tuo figlio
Graciela
Gibelli soprano
Margot
Oitzinger contralto
Thomas
Walker tenore
Il
Suonar Parlante
Rodney
Prada viola
da gamba
Cristiano
Contadin viola
da gamba
Vittorio
Ghielmi viola
da gamba
Luca
Pianca liuto
Cuncordu
de Orosei
Giovanni
Rosu voche
Paolo
Burrai mesuvoche
Martino
Corimbi cronta
Franco
Sannai bassu
direttore
Vittorio
Ghielmi
Stabat
Mater tradizionale sardo a 4 voci
Stabat
Mater di Josquin Desprez
Stabat
Mater di Arvo Pärt
Mai Jacopone da Todi avrebbe immaginato quante volte e in quante forme, dal secolo xi a oggi, sarebbe stato musicato il suo testo dello Stabat Mater, e quanto avrebbe viaggiato in lungo e in largo: dalle chiese alle grandi sale da concerto, alle piccole chiese di paese, intonato dai più celebri compositori come dai più oscuri musicisti di tradizione orale. Prende spunto da qui il percorso musicale che Vittorio Ghielmi ci propone assieme al suo Il Suonar Parlante e ai cantori del Cuncordu de Orosei, passando dalla tradizione musicale sarda allo Stabat Mater che Josquin Desprez musicò nel 1480 sul tenor della chanson profana Comme femme desconfortée di Gilles Binchois, fino a quello che il celebre compositore estone Arvo Pärt (80 anni a settembre) scrisse nel 1985 nel suo inimitabile stile tintinnabuli.
Mai Jacopone da Todi avrebbe immaginato quante volte e in quante forme, dal secolo xi a oggi, sarebbe stato musicato il suo testo dello Stabat Mater, e quanto avrebbe viaggiato in lungo e in largo: dalle chiese alle grandi sale da concerto, alle piccole chiese di paese, intonato dai più celebri compositori come dai più oscuri musicisti di tradizione orale. Prende spunto da qui il percorso musicale che Vittorio Ghielmi ci propone assieme al suo Il Suonar Parlante e ai cantori del Cuncordu de Orosei, passando dalla tradizione musicale sarda allo Stabat Mater che Josquin Desprez musicò nel 1480 sul tenor della chanson profana Comme femme desconfortée di Gilles Binchois, fino a quello che il celebre compositore estone Arvo Pärt (80 anni a settembre) scrisse nel 1985 nel suo inimitabile stile tintinnabuli.
martedì
30 giugno
Palazzo
Mauro de André ore 21.30
Aterballetto
Lego |
Antitesi
Lego
coreografia,
scena e costumi
Giuseppe Spota
musiche
Ezio Bosso, A Filetta, Jóhann Jóhannsson, Ólafur Arnalds/Nils
Frahm
video
e sound design
OOOPStudio
Antitesi
coreografia
Andonis Foniadakis
musiche
italiane dal xvi
al xx
secolo
sound
design
Julien Tarride
costumi
Kristopher Millar & Lois Swandale
luci
Carlo Cerri
Corpi scelti, dalla tecnica affilata. Con un senso forte del contemporaneo. Sono i tratti distintivi con i quali Aterballetto si fa riconoscere. Punta di diamante tra le compagnie italiane, ha nel suo DNA le eredità preziose di chi l’ha fatta crescere, dal fondatore Vittorio Biagi – ex béjartiano virato presto a una sua originalità – al percorso stilistico internazionale voluto da Amedeo Amodio, fino al segno d’autore di Mauro Bigonzetti. Cristina Bozzolini riporta oggi la compattezza di Aterballetto a respiri e ritmi variati. Investe su nomi nuovi, come Giuseppe Spota, già danzatore in compagnia e ora firma di Lego, dove condensa le sue esperienze artistiche. Con l’inedito Antitesi, invece, conferma il sodalizio con il gruppo il greco Andonis Foniadakis, coreografo in ascesa con un interessante mix di estetiche béjartiane e rigori made in Japan.
Corpi scelti, dalla tecnica affilata. Con un senso forte del contemporaneo. Sono i tratti distintivi con i quali Aterballetto si fa riconoscere. Punta di diamante tra le compagnie italiane, ha nel suo DNA le eredità preziose di chi l’ha fatta crescere, dal fondatore Vittorio Biagi – ex béjartiano virato presto a una sua originalità – al percorso stilistico internazionale voluto da Amedeo Amodio, fino al segno d’autore di Mauro Bigonzetti. Cristina Bozzolini riporta oggi la compattezza di Aterballetto a respiri e ritmi variati. Investe su nomi nuovi, come Giuseppe Spota, già danzatore in compagnia e ora firma di Lego, dove condensa le sue esperienze artistiche. Con l’inedito Antitesi, invece, conferma il sodalizio con il gruppo il greco Andonis Foniadakis, coreografo in ascesa con un interessante mix di estetiche béjartiane e rigori made in Japan.
mercoledì
1 luglio
Chiostro
Biblioteca Classense ore 21.30
Pacific
Quartet Vienna
European
Chamber Music Academy - Scuola di Musica di Fiesole
YuTa
Takase violino
Eszter
Major violino
Chin-Ting
Huang viola
Sarah
Weilenmann violoncello
Alessandro
Scarlatti Sonata
a 4 in re minore n. 4
Wolfgang
Amadeus Mozart Quartetto
in re minore KV 421
Robert
Schumann Quartetto
in la maggiore op. 41 n. 3
È
nella città crocevia della creazione musicale europea che si
incontrano i giovani musicisti riuniti dal 2006 in questo quartetto,
ma provenienti dai quattro angoli del mondo – Giappone, Ungheria,
Taiwan, Svizzera. Quella Vienna in cui Mozart compone i sei Quartetti
dedicati ad Haydn – quello nella cupa e inquietante tonalità
di re minore è il secondo del ciclo, intriso di una tensione
patetica “senza precedenti e con ben pochi rimandi futuri” (Carli
Ballola). Quella Vienna dove Schumann avrebbe voluto gettare le basi
di una nuova vita insieme a Clara, e a cui continua a guardare
studiando i quartetti di Mozart e di Beethoven pochi giorni prima di
dare alla luce i serrati dialoghi strumentali dell’op. 41.
Quella Vienna che Scarlatti mai vide, ma dove sbocciò il germe del
quartetto d’archi che, con le sue Sonate a 4, egli aveva gettato
all’ombra del Vesuvio.
giovedì
2, venerdì 3, sabato 4 e domenica 5 luglio
Teatro
Alighieri
spett.
serale
ore 21
spett.
pom.
ore 15.30 (sab.
e dom.)
New Adventures
Matthew
Bourne’s
The Car Man
Bizet’s
Carmen Re-Imagined
regia
e coreografia
Matthew
Bourne
musiche
di Terry
Davies (da Rodion Shchedrin e Georges Bizet)
scene
e costumi Lez
Brotherston
luci
Chris
Davey
suono
Paul
Groothuis
direttore
associato Etta
Murfitt
co-direttore
residente Neil
Westmoreland
il
progetto è sostenuto dall’Arts Council England grazie al programma
di fondi Grants for the Arts
prima
italiana in esclusiva
Nel
panorama della danza di oggi, Matthew Bourne è uno dei rari
coreografi che sa raccontare storie in movimento. Affabulatore
ironico e raffinato pesca titoli dal repertorio classico e li
trasforma in novelle contemporanee orlate di dark.
Dalla leggendaria versione al maschile di un Lago
dei cigni
ambientato nella corte di Elisabetta ii,
alla Bella
Addormentata
gotica e timburtoniana che con un frizzante Schiaccianoci!
forma un originale omaggio a Cajkovskij, Bourne si dimostra un
vulcano di sorprese. Dal cilindro tira fuori questa volta The
Car Man,
ribaltata variante dell’eroina di Bizet di cui resta un semplice
retrogusto musicale negli arrangiamenti di Rodion Shchedrin e Terry
Davies, mentre la trama naviga nelle acque del noir
con
ben evidenti omaggi, da inveterato cinefilo quale è, a Visconti e al
torbido romanzo Il
postino suona sempre due volte
di Mallahan Cain.
venerdì
3 luglio
Chiostro
Biblioteca Classense ore 18.30
di
Commedia in Commedia
incontro
con
Patrizia
Valduga
in
dialogo con
Emiliano Visconti
flauto
e live electronics
Fabio Mina
“Se
il prolungamento, lo sbocco naturale della parola petrarchesca è la
musica, quello della parola dantesca è il monologo, il dialogo, il
grido, la scena”, ha scritto Giovanni Raboni. La poetessa Patrizia
Valduga, ultima compagna del grande poeta, ha testimoniato il suo
amore per Dante nel lontano 1985 con La
tentazione
(Crocetti editore, ora in Cento
quartine,
Einaudi): dieci canti in terza rima, mille endecasillabi per un
dialogo tra due amanti, di carattere inequivocabilmente teatrale. Ce
ne legge un canto, anzi, lo dice a memoria, e con la maestria che
tutti le conoscono. Ma prima della lettura, dialogando con Emiliano
Visconti, ci mette a parte del “suo” Dante: lontano da ogni
pretesa critica o filologica, il suo racconto ha i modi e il valore
di una testimonianza autobiografica.
venerdì
3 luglio
Pineta
San Giovanni (Micoperi) ore 21.30
The Real
Group
30
anni di musica vocale
Emma
Nilsdotter, Katarina Henryson, Anders Edenroth, Peder Karlsson,
Anders Jalkéus
Più volte Ravenna Festival ha accolto prestigiosi gruppi vocali nel solco dei grandi Swingle Singers ospiti nel 1991 fino alle Voci di corridoio presenti nel 2012, passando per i newyorkesi Manhattan Transfer e Hudson Shad, le finlandesi Värttinä o i Take 6. È ora la volta dello svedese Real Group, che quest’anno festeggia i trent’anni di attività. Formatosi alla Royal Academy of Music di Stoccolma, ha definito il proprio stile combinando jazz, pop e musica corale del Nord Europa, con una versatilità che gli ha consentito di collaborare con orchestre sinfoniche e artisti quali Barbara Hendricks, Toots Thielemans e Sir George Martin. Alle esibizioni in tutto il mondo, da qualche tempo si sono aggiunte l’organizzazione di festival, come The Real Group Festival, e l’attività didattica nell’ambito della Real Group Academy e dell’Å Cappella Camp.
Più volte Ravenna Festival ha accolto prestigiosi gruppi vocali nel solco dei grandi Swingle Singers ospiti nel 1991 fino alle Voci di corridoio presenti nel 2012, passando per i newyorkesi Manhattan Transfer e Hudson Shad, le finlandesi Värttinä o i Take 6. È ora la volta dello svedese Real Group, che quest’anno festeggia i trent’anni di attività. Formatosi alla Royal Academy of Music di Stoccolma, ha definito il proprio stile combinando jazz, pop e musica corale del Nord Europa, con una versatilità che gli ha consentito di collaborare con orchestre sinfoniche e artisti quali Barbara Hendricks, Toots Thielemans e Sir George Martin. Alle esibizioni in tutto il mondo, da qualche tempo si sono aggiunte l’organizzazione di festival, come The Real Group Festival, e l’attività didattica nell’ambito della Real Group Academy e dell’Å Cappella Camp.
sabato
4 luglio
Palazzo
Mauro de André ore 21
Le
vie dell’Amicizia: l’Albero della Vita, Ravenna-Otranto
Orchestra
Giovanile Luigi Cherubini
La
Stagione Armonica
direttore
Riccardo
Muti
maestro
del coro Sergio
Balestracci
con
la partecipazione di musicisti di
Coro
e Orchestra del Teatro Petruzzelli
Arvo
Pärt Orient
& Occident per orchestra d’archi
Franz
Joseph Haydn da
Die Schöpfung Hob.XXI:2 (La Creazione) parte terza
recitativo
“Aus
Rosenwolken bricht”
tenore
Matthias Stier
duetto
e coro “Von deiner Güt, o Herr und Gott”
soprano
Rosa Feola
baritono
Thomas Tatzl
Giuseppe
Verdi Te
Deum per doppio coro e orchestra
Ancora
una volta la musica si apre all’universalità di un messaggio che
supera i confini del suono: musica che si fa preghiera, abbraccio tra
gli uomini, “ponte di fratellanza” teso ad unire culture, lingue,
religioni diverse, alla ricerca di radici comuni, tra Oriente e
Occidente. Poli espressivi riassunti nella composizione di Arvo Pärt:
è su quel tormentato e geniale movimento orchestrale, sulla forza
vibrante che emana da quella partitura che il gesto inconfondibile di
Riccardo Muti intraprende il nuovo “viaggio di amicizia”. Per poi
cedere all’incanto e alla serenità del Paradiso terrestre abitato
da Adamo ed Eva, all’intreccio delle loro voci e alla pace che
emana dalla celestiale melodia di Haydn. E infine alla sgomenta
commozione dell’uomo di fronte a Dio, alla misericordia invocata
con quella drammatica eloquenza che solo il Te
Deum
verdiano sa esprimere.
Lunedì
6 luglio
Cattedrale
di Otranto ore 21
Le
vie dell’Amicizia: l’Albero della Vita, Ravenna-Otranto
Orchestra
Giovanile Luigi Cherubini
La
Stagione Armonica
direttore
Riccardo
Muti
maestro
del coro Sergio
Balestracci
con
la partecipazione di musicisti di
Coro
e Orchestra del Teatro Petruzzelli
Arvo
Pärt Orient
& Occident per orchestra d’archi
Franz
Joseph Haydn da
Die Schöpfung Hob.XXI:2 (La Creazione) parte terza
recitativo
“Aus
Rosenwolken bricht”
tenore
Matthias Stier
duetto
e coro “Von deiner Güt, o Herr und Gott”
soprano
Rosa Feola
baritono
Thomas Tatzl
Giuseppe
VerdiTe
Deum per doppio coro e orchestra
in
collaborazione con
RAI 1
con
il contributo del
Comune di Otranto
Quell’albero della vita che appare nelle cantiche di Dante e dal quale, almeno secondo le più ardite teorie e leggende, scaturirebbe l’idea stessa della Commedia, non poteva che divenire l’ennesima meta delle Vie dell’amicizia. Allora, voci di fratellanza e di preghiera risuonano nella cattedrale di Otranto, sul rigoglioso disegno medievale che sembra racchiudere tutta la storia (e il destino) dell’uomo, sull’immenso mosaico di pietra – che proprio i maestri ravennati hanno saputo riportare all’originario splendore – in cui Nuovo e Antico Testamento, Corano e Torah si incontrano in un unico inestricabile disegno creativo. Voci che nel cuore della cittadella-medina, per secoli coacervo di culture e religioni diverse (ma anche, con i suoi 813 martiri, segnata sul finire del Quattrocento dall’odio più barbaro), si levano oggi più che mai contro la follia del male.
martedì
7 e mercoledì 8 luglio
Chiostro
Biblioteca Classense
La
tradizione del Nuovo | Omaggio a Béla Bartók per i 70 anni dalla
scomparsa
Béla
Bartók: integrale dei Quartetti per archi
martedì 7 luglio, ore 18.30
Quartetto
Accord
Péter
Mezo violino
Csongor
Veér violino
Péter
Kondor viola
Mátyás
Ölveti violoncello
Quartetti
per archi n. 1 op. 7 Sz 40 e n. 3 Sz 85
martedì
7
luglio, ore 21.30
Quartetto
Kelemen
Barnabás
Kelemen violino
Katalin
Kokas violino
e viola
Oskar
Varga violino
e viola
Dóra
Kokas violoncello
Quartetti
per archi n. 2 op. 17 Sz 67 e n. 4 Sz 91
mercoledì
8
luglio, ore 21.30
Quartetto
Kelemen e Quartetto Accord
Quartetti
per archi nn. 5 Sz 102 e 6 Sz 114
Felix
Mendelssohn Ottetto
in mi bemolle maggiore per archi op. 20
Conoscenza
profonda del contrappunto, abilità ineguagliabile nella combinazione
di diversi centri tonali, esplorazione di nuove tecniche timbriche e
strumentali e, soprattutto, un ritmo che affonda le proprie radici
nel cuore oscuro della musica popolare magiara, e che si fa
struttura. È nei Quartetti che è racchiusa la vera essenza del
gesto compositivo di Bartók: non è un caso che la loro elaborazione
punteggi buona parte del suo arco creativo, dal 1908 fino a quel 1940
che lo vide costretto alla difficile scelta di lasciare l’Europa in
guerra ed emigrare negli Stati Uniti. Quartetti qui proposti in una
vera e propria “maratona” che i due ensemble di Budapest
concludono riunendosi in una piccola orchestra sinfonica: quel che ci
vuole per l’irrequieto e innovativo Ottetto di Mendelssohn.
giovedì
9 luglio
Chiostro
Biblioteca Classense ore 21.30
Budapest
Strings Orchestra
Ferenc
Erkel “Palotás”
Béla
Bartók
Divertimento
per archi
Johannes
Brahms
Danze
ungheresi nn. 5 e 6
Béla
Bartók
Danze
popolari rumene
Franz
Liszt
Rapsodia
ungherese n. 2 (trascrizione
di
Peter Wolf)
Dal virtuosismo dello stile zigano delle rapsodie e delle danze alle suggestioni di un linguaggio che si nutre del mistero della musica popolare: è la magia della musica ungherese, interpretata da una delle più brillanti formazioni boeme, sapientemente condotta dal primo violino Jànos Pilz, tra l’altro protagonista del festival haydniano presso il leggendario castello degli Eszterhazy. Da una parte, le acrobatiche rapsodie di Brahms e di Liszt, che nella trascrizione per orchestra (gli originali sono pianistici) restituiscono agli archi lo stile dei leggendari violinisti zigani attivi nei caffè mitteleuropei. Dall’altra, la ricerca di un rinnovamento che attinge da quegli arcaici stilemi popolari che, secondo Bartók, “hanno reso possibile la liberazione dalla tirannia dei sistemi maggiore e minore”, e che nel suo personalissimo stile approdano all’uso “libero e indipendente di tutti e dodici i suoni della scala cromatica”.
giovedì
9 luglio
Palazzo
Mauro de André ore 21.30
ICKamsterdam
Emio Greco |
Pieter
C. Scholten
I
Soprano
coreografia
Emio Greco | Pieter C. Scholten
ideazione
Pieter C. Scholten
direttore
d’orchestra
Rolf Verbeek
drammaturgia
Jesse Vanhoeck
luci
Henk Danner, Paul Beumer
scenografia
Paul Beumer
costumi
Clifford Portier
video
Rafael Kozdron
musiche
di Giuseppe
Verdi
brani
da “Don Carlo”, “Otello”, “La traviata”, “Il
trovatore”, “Rigoletto”, “La forza del destino”, Messa di
Requiem
danzatori
Dereck Cayla, Quentin Dehaye, Kelly Hirina, Arad Inbar, Edward Lloyd,
Arnaud Macquet, Helena Volkov
cantanti
Capucine Chiaudani, Anna Emelianova, Marjolein Niels
musicisti
Daniel Boeke, Lidwine Dam, Merel Junge, Arthur Klaassens, Toska
Kieft, Margreet Mulder, Nadine van Mervwe, James Isaac Oesi, Niels
Verbeek, Geneviève Verhage, Marit Vliegenthart
co-produzione
ICKamsterdam e Opera Zuid
prima
italiana in esclusiva
con
il supporto di
Stichting AMMODO, Performing Arts Fund NL (FPK), il Comune di
Amsterdam e EU Culture
Lui, Emio Greco, brindisino dal fisico mingherlino e asciutto, un fascio di muscoli che guizzano in una danza nervosa, scheggiata, piena di fremiti. E lui, Pieter C. Scholten, nordico mago delle luci e sapiente orchestratore di schemi scenografici. Si sono incontrati in Olanda e dal 1995 formano un tandem di artisti tra i più affiatati. Curiosi di ogni nuova forma, interdisciplinari da sempre, hanno affinato la loro intesa focalizzandosi all’inizio su un lavoro riflesso l’uno per l’altro. Lanciandosi poi in una monumentale trilogia ispirata alla Divina Commedia e costruita per la loro compagnia. Ora danno nuova vita alle eroine verdiane, facendo dialogare sul palco i soprano con danzatori e giovani musicisti. Insieme ricavano per il patrimonio verdiano un nuovo spazio nella società contemporanea. Uno scontro fisico tra movimento e voce.
Lui, Emio Greco, brindisino dal fisico mingherlino e asciutto, un fascio di muscoli che guizzano in una danza nervosa, scheggiata, piena di fremiti. E lui, Pieter C. Scholten, nordico mago delle luci e sapiente orchestratore di schemi scenografici. Si sono incontrati in Olanda e dal 1995 formano un tandem di artisti tra i più affiatati. Curiosi di ogni nuova forma, interdisciplinari da sempre, hanno affinato la loro intesa focalizzandosi all’inizio su un lavoro riflesso l’uno per l’altro. Lanciandosi poi in una monumentale trilogia ispirata alla Divina Commedia e costruita per la loro compagnia. Ora danno nuova vita alle eroine verdiane, facendo dialogare sul palco i soprano con danzatori e giovani musicisti. Insieme ricavano per il patrimonio verdiano un nuovo spazio nella società contemporanea. Uno scontro fisico tra movimento e voce.
sabato
11 luglio
Pineta
San Giovanni (Micoperi) ore 21.30
La
musica è pericolosa - Concertato
musica
e parole di Nicola
Piovani
Ensemble
Aracoeli
Marina
Cesari sax,
clarinetto
Pasquale
Filastò violoncello,
chitarra
Ivan
Gambini batteria,
percussioni
Marco
Loddo contrabbasso
Aidan
Zammit tastiere
Nicola
Piovani pianoforte
produzione
Compagnia della Luna
È un racconto musicale, narrato da un manipolo di strumenti chiamati ad agire in scena. A scandire le stazioni di questo viaggio musicale in libertà, Nicola Piovani racconta al pubblico il senso di quei frastagliati percorsi che l’hanno portato a fiancheggiare il lavoro di De André, di Fellini, di Magni, di registi spagnoli, francesi, olandesi, per il teatro, il cinema, la televisione, per cantanti e strumentisti, alternando l’esecuzione di brani teatralmente inediti a nuove versioni di pagine più note, riarrangiate per l’occasione. Nel racconto teatrale la parola arriva dove la musica non può arrivare, ma, soprattutto, la musica la fa da padrona là dove la parola non sa e non può dire. I video di scena integrano la narrazione con spezzoni di film e di spettacoli, eppoi con immagini che artisti come Luzzati e Manara hanno dedicato all’opera musicale di Piovani.
venerdì 17 luglio
Piazzale
Saline di Cervia ore 21
Mercanti
di sale 1
Dalle
terre e dai mari... di Sardegna
preludio
Quando
la musica… sale
Fabio
Mina
flauti,
field recordings dei suoni delle saline e live electronics
Marcello
Fois e Gavino Murgia Mediterranean Trio
Marcello
Fois voce
narrante
Gavino
Murgia sax
soprano, tenore e voce “gutturale”
Marcello
Peghin chitarre
e live electronics
Pietro
Iodice drums
con
il contributo del
Comune di Cervia
“Io
vorrei un po’ vedere quest’Adriatico che non conosco: mi
piacerebbe andare a Riccione o a Bellaria o anche nella sua
Cesenatico. Che mi dice Lei? Sarebbe possibile avere proprio sul mare
una casina con facilità di vita materiale, oppure una pensione,
sempre vicinissima al mare, per me, Sardus e Franz?” così scriveva
all’amico Marino Moretti, nell’aprile 1919, Grazia Deledda,
manifestando la curiosità per la costa adriatica che l’avrebbe
portata a Cervia, dove trascorse tutte le estati fino alla morte,
affascinata dal paesaggio a tratti ancora incolto, con pinete, siepi
di tamerici, paludi e dune. Marcello Fois e il Gavino Murgia
Mediterranean Trio, nel nome della Sardegna, e il sale dei flauti,
field
recordings
e live
electronics
del romagnolo Fabio Mina rendono omaggio a terre, mari e saline.
domenica
19 luglio
Cervia,
Milano Marittima
Mercanti
di sale 2
Dalle
terre e dai mari... di Sicilia
sole
e sale dall’alba al tramonto
Foce canale delle saline, ore 6
Fabio
Mina
flauti
e
Peppe
Frana
oud
Pineta
di Cervia-Milano Marittima, ore 18
Trekking
“la via del sale”
Woodpecker,
ore 19
Casa
delle Aie (Ristoro), ore 20
Pineta
di Cervia-Milano Marittima, ore 21.30
Davide
Enia
Rita
Botto
e la Banda
Diavola
Terra
ca nun senti
Terme
di Cervia, ore 23.30
Lounge
underwater sounds
con
il contributo del
Comune di Cervia
Le linee d’acqua che connettono il mare alle saline e poi alle terme, caratterizzando non solo un paesaggio ma anche un’economia che si basa sulle risorse del territorio, delineano la via che Ravenna Festival e Trail Romagna hanno scelto per un cammino in musica da percorrere in un’intera giornata, dall’alba al tramonto. Il particolare contesto ambientale fatto di canali, pineta, saline è allo stesso tempo il paesaggio attraversato e il teatro in cui prenderanno suono i testi di Davide Enia e in cui Rita Botto e la Banda Diavola tramuteranno lo spazio fisico in uno spazio sonoro ispirato alle tradizioni musicali di un’altra terra di mare e di sale, la Sicilia. Dopo il tramonto il meritato arrivo alla destinazione, con la vera e propria immersione in un nuovo spazio sonoro: le acque ristoratrici delle terme.
giovedì
23, sabato 25 e domenica 26 luglio
Teatro
Alighieri, ore 20.30
Giuseppe
Verdi
Falstaff
commedia
lirica in tre atti, libretto di Arrigo Boito
dalla
commedia Le
allegre comari di Windsor
e dal dramma Enrico
IV
di William Shakespeare
Sir John Falstaff Kiril Manolov
Ford
Federico Longhi
Fenton
Giovanni Sebastiano Sala
Dott.
Cajus
Giorgio Trucco
Bardolfo
Matteo Falcier
Pistola
Graziano Dallavalle
Mrs.
Alice Ford
Eleonora Buratto
Nannetta
Damiana Mizzi
Mrs.
Quickly
Isabel De Paoli
Mrs.
Meg Page
Anna Malavasi
l’oste
della Giarrettiera
Ivan Merlo
Robin
paggio di Falstaff
Michael D’Adamio
DanzActori
del Teatro Alighieri
direttore
Riccardo
Muti
regia
e ideazione scenica
Cristina
Mazzavillani Muti
light
design
Vincent Longuemare
scene
Ezio Antonelli
costumi
Alessandro Lai
visual
design
Davide Broccoli
Orchestra
Giovanile Luigi Cherubini
Coro
del Teatro Municipale di Piacenza
maestro
del coro
Corrado Casati
produzione
di Ravenna Festival
allestimento
in occasione di EXPO 2015
in
collaborazione con
la Regione Emilia Romagna
È
profonda la sintonia che lega Riccardo Muti all’ultima
straordinaria opera di Verdi: “Potrei dirigere Falstaff
ogni sera, immergersi in essa significa vivere in uno stato di gaudio
totale. Perché dentro c’è la nostra vita, ciascuno può trovarvi
un pezzo di se stesso, vanità, debolezze, narcisismo, intrighi,
l’amore vissuto nella sua forma più fresca e intensa…”.
Un’opera composta nel ritiro di villa Sant’Agata, “per piacer
mio e per conto mio”, scrive Verdi, che in quelle stanze avrebbe
voluto rappresentarla: “la vastità della Scala nuocerebbe
all’effetto”. E proprio in quelle stanze, tra gli alberi del
rigoglioso giardino, tra le nebbie dei “suoi” paesaggi, catturati
nelle immagini che tratteggiano la caleidoscopica e virtuale scena,
si muoveranno i personaggi di questo Falstaff.
Cercando quella raffinata lievità che sola può esprimere questo
disincantato addio al mondo e al gioco della vita.
lunedì
27 luglio
Teatro
Alighieri ore 21
Riccardo
Muti Italian Opera Academy gala
Orchestra
Giovanile Luigi Cherubini
estratti
dall’opera “Falstaff”
Riccardo
Muti
introduce
i direttori della sua prima
master
class
“Chi, come me, ha avuto il privilegio di studiare con Antonino Votto, e di raccogliere dalle sue mani la lezione di Arturo Toscanini, quindi il dettato verdiano, ha il dovere di trasmettere tutto questo alle nuove generazioni”. Riccardo Muti, che alla formazione dei giovani musicisti ha iniziato a dedicarsi da oltre dieci anni, con la fondazione dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, per la prima volta conduce un’accademia sulla direzione d’orchestra. Ai giovani direttori, selezionati tra le innumerevoli domande giunte da tutto il mondo, insegnerà la propria arte, fatta di tecnica, di studio e passione, ma anche di profonda sensibilità culturale. Irrinunciabile banco di prova, l’opera italiana: quel Falstaff “raffinatissimo e ricco di contrappunto, in cui Verdi raggiunge la piena compenetrazione tra parola e musica, compendio ideale di un’arte di straordinaria profondità”.
Musica
al tempo di Dante
In templo
domini
musica
sacra e liturgie nelle basiliche
7 giugno domenica, ore 11.15
Basilica
di San Francesco
Liturgia
in canto volgare
Laude
delle confraternite laiche del xiii
secolo
laReverdie
14
giugno domenica, ore 11.15
Basilica
di San Francesco
La
Messa di Dante
Brani
liturgici citati nella Commedia
Ensemble
San Felice
direttore
Federico Bardazzi
21
giugno domenica, ore 11.30
Basilica
di Sant’Agata Maggiore
Messa
a Ravenna al tempo di Dante
Brani
tratti dall’Ufficio di San Severo, Vescovo di Ravenna, risalente al
xi
secolo
Ludus
Vocalis
direttore
Stefano Sintoni
28
giugno domenica, ore 10.30
Basilica
di San Vitale
Il
cuore sacro dell’Europa
Antifone
di Hildegard von Bingen e mottetti dal Codex Las Huelgas
I
Cantori di San Marco
direttore
Marco Gemmani
Il
percorso delle liturgie è incentrato sulle forme musicali dell’epoca
di Dante. La Liturgia
in canto volgare
è interamente dedicata alla Lauda medievale, la forma di
componimento in volgare del xiii
secolo sorta in seno alle confraternite religiose e laiche. La
Messa di Dante
propone brani dell’intera liturgia desunti da citazioni contenute
nel Paradiso e nel Purgatorio. La Messa
a Ravenna al tempo di Dante è
incentrata sull’Ufficio di San Severo conservato presso la
Biblioteca Classense e risalente al secolo xi,
che celebra uno dei primi vescovi e santi di Ravenna e che si presume
fosse ancora in uso nella Chiesa ravennate tra Due e Trecento.
Hildegard von Bingen e alcuni brani tratti dal Codex Las Huelgas ci
immergono nel clima che animava l’Europa al tempo di Dante, quel
“cuore sacro” diffuso di umano sentire, di coscienza e di
pensiero, da cui è potuto scaturire il miracolo della Commedia.