Cinema, morto a 106 anni il regista portoghese Manoel de Oliveira: l'occhio del poeta nel mistero dell'uomo

Si è spento ieri all’età di 106 anni il regista portoghese Manoel de Oliveira, che ha incarnato il sogno dell’immortalità del cinema nella sua lunghissima carriera costellata da numerosi capolavori in cui il visibile e l’invisibile, la realtà e la trascendenza diventano racconti di vita e di storia ispirati ad autentica poesia. L’ultimo lavoro, un cortometraggio, “Il vecchio di Restelo”, presentato lo scorso anno alla Mostra del Cinema di Venezia, ove ha vinto ben due Leoni d’oro alla carriera, nel 1985 e nel 2004. Il servizio di Luca Pellegrini

La voce emozionata di Manoel de Oliveira indirizza l’omaggio del mondo della cultura portoghese a Papa Benedetto nel corso della sua visita apostolica in Portogallo. Era il 12 maggio del 2010 a Lisbona. Ed era giusto che fosse il decano dei registi portoghesi e una delle figure più amate e longeve del mondo del cinema a evidenziare il legame tra arte, religione e cultura europea, ricordando come “l’etica, se non addirittura la stessa arte, derivano dalle religioni che cercano di dare una spiegazione dell’esistenza dell’essere umano rispetto alla sua presenza concreta nel cosmo”. Rispondeva Benedetto XVI con ammirazione, affetto e viva riconoscenza, perché le parole del regista lasciavano intravedere “le ansie e le disposizioni dell’anima portoghese in mezzo alle turbolenze della società di oggi”.
Gli esordi e la stima di Pirandello
E con quelle parole il Papa era come se avesse tracciato una sintesi dell’idea di cinema di de Oliveira, che ha cercato in tutta la sua filmografia di sondare il mistero dell’esistenza umana, delle sue cadute e delle sue illuminate conquiste nel campo del sapere. Una carriera iniziata nel 1931 con il documentario “Douro, lavoro fluviale” – lodato da Pirandello – e proseguita fino all’ultimo istante della sua lunghissima vita. Nato l'11 dicembre del 1908 a Oporto, de Oliveira ha solcato un intero secolo, ha attraversato un millennio, ora si adagia nel riposo.

“La vita non si spiega, si dispiega”
Alcuni dei suoi film sono indimenticabili, anche nei titoli richiamano misteriose trame, un confronto tra il visibile e l’invisibile, il terreno e il trascendente: “Inquietudine, Parola e Utopia, Specchio magico”. Mentre altri sono un tributo alla storia e alla letteratura lusitane: “Quinto Impero e Cristoforo Colombo - L'enigma”, del 2008, anno in cui ricevette a Cannes la Palma d'oro alla carriera, quattro anni prima il Leone d’oro a Venezia. Spesso l'anima è perturbata dal dubbio, afflitta dai casi di un destino avverso – “Un film parlato” – o dalla malvagità di una cattiva coscienza – “Gebo e l'ombra” – del quale lo stesso de Oliveira ci disse: “È vero che nei miei film sembra che non succeda niente, ma nel frattempo le cose fondamentali succedono! Come spiegare la vita? La vita non ha spiegazione, si dispiega".

La poesia del cinema
Un cinema nel quale, man mano che gli anni scorrono, diventa poesia. In cui de Oliveira riesce a fermarsi, con sguardo immobile, per contemplare un cielo grigio, un mare azzurro, una stanza poverissima o sontuosamente borghese, il bastione di un castello antico, una strada silenziosa cosparsa di verde e aperta verso un infinito sempre atteso, sempre invocato. Luca Pellegrini, Radio Vaticana, Radiogiornale del 3 aprile 2015.
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