In
una precedente nota abbiamo ricordato che alle Scuderie del Quirinale
a Roma sta avendo luogo una esposizione sia di opere sia di
oggetti, di un gigante dell’arte del Novecento, Henri
Matisse. Una
iniziativa di notevole respiro e significato e per noi Italiani
ancora più stimolante poiché vi sono esposti tre dipinti che
illustrano una modelle italiana.
In
effetti è a Roma, nelle prime decadi del 1800, quale risultanza di
una presenza ormai molto numerosa e ben strutturata, che assistiamo
alla origine ed apparizione di alcuni fatti divenuti poi storici: la
nascita della
professione e
mestiere del
modello di artista
quale attività lavorativa professionale per
la prima volta sulla scena della storia
e anche, quale corredo identificativo di questo nuovo mestiere, il
nascere e diffondersi della parola ’modella’
al femminile, solo nella lingua italiana; e questa umanità, in gran
parte splendida nelle forme e nelle fisionomie -si direbbe quasi che
la natura per indennizzarla della miseria e del degrado, abbia voluto
dotarla di bellezza e di grazia!- era rappresentata quasi
esclusivamente
da immigrate e immigrati originari addirittura di un’altra nazione
e cioè dal Regno di Napoli e più esattamente da una zona appartata
ed emarginata di Terra di Lavoro, più tardi individuata come
Valcomino. Erano i cosiddetti ciociari,
così chiamati a seguito delle misere calzature e degli stracci
variopinti indossati. Ma la gloria vera e propria, quella eterna, è
a Parigi che fu conquistata a cavallo tra 1800 e 1900, allorché la
città era diventata letteralmente un crogiuolo di razze e di artisti
e di umanità di ogni genere, difficilmente da immaginare. E le
modelle e modelli italiani erano particolarmente ricercati: erano
circa un migliaio concentrati a Montmartre, a Montparnasse e al
Quartiere Latino ed erano tutti, nessuno escluso, originari dei
medesimi luoghi della regione a sud di Roma, erano tutti ciociari.
E se si considera che i massimi artisti, Corot, Cézanne, Van Gogh,
Modigliani, Rodin, Sargent, Whistler, Picasso, Rodin, erano questi
modelli e modelle che più di tutti amavano avere davanti a loro in
posa, possiamo immaginare il loro ruolo nell’ambito della storia
dell’arte occidentale. Ed è perciò con la più grande
gratificazione che si apprende che a Roma è attualmente in essere
l’iniziativa espositiva dedicata a Matisse,
perché Matisse nel suo periodo parigino, ebbe rapporti con almeno
quattro modelle e modelli ciociari, eternati tutti in capolavori
incredibili: Carmelina, Le Serf, Joie de vivre, e poi…Lorette. E in
questa esposizione, come detto, sono presenti tre opere raffiguranti
Lorette, la modella che ha influito così in
profondità
sulla vita artistica e non solo artistica di Matisse che la moglie
capì, fiutò quasi, che i cambiamenti e i
mutamenti nel marito, e non solo artistici, erano da ricondurre alla
presenza conturbante e spiritualmente condizionante della nuova
modella, di quella che a seguito delle sue parole è passata nella
storia dell’arte come ‘la femme italienne’ e
ancora oggi gli eredi quando menzionano Lorette, ripetono: la
femme italienne,
espressione nella quale si riconosce, a dispetto delle
giustificazioni che si vogliono dare, un senso di livore e di astio o
quanto meno di non
considerazione: invero è la espressione medesima che
linguisticamente
lo documenta! Fu dunque Loreta Arpino, la
femme italienne,
modella originaria di Gallinaro, questo olimpo dei modelli, che in un
appartamento al quarto piano di Quai St. Michel a Parigi, di fronte a
Notre Dame, favorì e rese possibile l’affrancamento dell’artista
dal fauvismo, dal cézannismo, dal geometrismo, dall’impressionismo
e pointilismo, dischiudendogli i sentieri della dolcezza del
colore, della natura e degli interni delicati, della decorazione,
della bellezza della figura umana, o, per ripetere un termine in uso
nella iniziativa in oggetto, dell’arabesco, cioè della dolcezza,
dell’armonia. Questa modella fu il soggetto di almeno
cinquanta opere
in un periodo di una decina di mesi tra il 1916 e 1917 e l’artista
la chiamava Lorette scritto anche Laurette. Matisse avrà dopo
Lorette molte altre modelle, alcune dal ruolo perfino determinante
nella sua vita, ma solo Lorette incise in maniera indelebile
e incancellabile.
Tanto amata, possiamo impiegare questo termine, che allorquando gli
eredi dell’artista fecero l’inventario del lascito pittorico alla
sua morte, non poco stupore riportarono nel prendere visione di due
opere che risalivano a
quarantanni prima,
una conosciuta (oggi al Metropolitan di New York) perché esposta
qualche volta e un’altra (oggi al Museo di Arte Moderna di Parigi),
mai esposta o mostrata a qualcuno o
pubblicata: accessibile solamente a lui e
alla sua nostalgia per la sua modella di Gallinaro.
Matisse
e Lorette, morirono nello stesso anno, 1954, a un mese di distanza
l’uno dall’altro, lui ormai un artista universale, lei povera e
pezzente, a raspare la dura terra e ad accudire figli e un marito
ubriacone in Valcomino. Non si videro né sentirono mai più.
Alle
Scuderie sono esposte tre opere con Laurette: la prima opera (anche
in senso cronologico) intitolata L’Italienne, una seconda la
modella in abito persiano (Lorette à la toque persane) e poi una
terza particolarmente significativa: Les Trois Soeurs: ne parleremo
in un prossimo intervento.
Per chi ha piacere, tale
affascinante tema dei modelli di artista e anche di Laurette è
trattato nel libro ‘MODELLE E MODELLI CIOCIARI NELL’ARTE EUROPEA
A ROMA, PARIGI E LONDRA 1800-1900” e se si vuole conoscere più da
vicino il rapporto sottile tra Laurette e Matisse allora si consulti
il catalogo redatto dal suo maggior studioso Jack Flam “MATISSE IN
TRANSITION, AROUND LAURETTE” edito dal Norton Museum di West Palm
Beach, che dedicò una mostra personale
a Laurette nel 2006 con la esposizione della maggior parte delle
opere in cui appare.
Si ricorda che la mostra
dura fino al 21 giugno e il biglietto di ingresso costa 12 €,
ridotto 9,50.
Michele
Santulli