FIRENZE
- Qual è lo stato di salute della lingua italiana? In questi tempi
di massiccia contaminazione con linguaggi imposti dal web, di
migrazione verso altre lingue e di fastidiosi barbarismi,
l’interrogativo rimbalza spesso sui media, suscitando intriganti
dispute tra esperti e cittadini preoccupati di una costante erosione
della nostra bella lingua.
Ma l’argomento è anche croce e delizia
delle comunità italiane all’estero, da un lato fortemente
interessate a tutelare e promuovere la nostra lingua, con una
passione senza pari, insieme alle istituzioni culturali e in primis
la Dante Alighieri; dall’altro mortificate dal crescente
disinteresse dei vari Governi che fanno a gara nel contrarre le già
magre risorse destinate alle politiche culturali all’estero. E
pensare che proprio sull’espansione della lingua e della cultura
italiana si rafforza l’interesse verso il nostro Paese e il Made
in Italy.
Quanto di più crescerebbe il richiamo verso l’Italia se solo
s’investisse un po’ di più all’estero su lingua e cultura,
stimolando ancor più l’attenzione già innata verso il Belpaese.
Malgrado la disattenzione e le grame risorse, oggi l’italiano si
colloca al quarto posto tra le lingue più studiate al mondo. Orbene,
proprio nell’ambito dell’azione di tutela, diffusione e
valorizzazione in Italia e nel mondo della nostra amata Lingua,
la società Dante Alighieri di Firenze
ha promosso, in collaborazione con la Compagnia
delle Seggiole,
un originale evento teatrale dal titolo “Sao
ko kelle terre”,
su testo di Marcello
Lazzerini.
Già
giornalista Rai, Marcello
Lazzerini
ha scritto numerosi libri - tra i quali “La
leggenda di Bartali”,
Premio Bancarella Sport 1993 - e vari lavori teatrali. Tra questi
ultimi mi piace ricordare “Celeste
e Galileo”,
che debuttò nell’ottobre 2010 a New
York
nell’ambito delle iniziative per il Mese della Cultura italiana,
per iniziativa del grande drammaturgo Mario
Fratti.
Alla “prima” di quello spettacolo, al Theater of the New City,
anche chi scrive ebbe l’opportunità di partecipare, apprezzandone
la forte suggestione e il successo che il dramma raccolse, con una
superba interpretazione di Sandro
Carotti
e Laura
Lamberti.
Un elegante, sofisticato dramma basato sulla vita di Celeste che,
religiosissima, ama suo padre Galileo e soffre per la persecuzione
cui la Chiesa sottopone lo scienziato pisano. E’ un testo di grande
finezza, ispirato alla corrispondenza effettivamente avvenuta tra
Celeste e suo padre, nel decennio precedente il 1633, l’anno del
processo al grande scienziato e della condanna per eresia, che poi lo
condusse all’abiura delle sue teorie astronomiche.
Marcello
Lazzerini
ha inoltre scritto una serie di “Faccia
a faccia improbabili”
per la Radio Vaticana, quali Galileo,
Vespucci, Lorenzini, La Palla, Monna Lisa, e
il Ventaglio.
Queste opere su singolari colloqui con personaggi del passato sono
state riproposte dal vivo e con successo dalla stessa Compagnia, la
quale ha messo in scena anche altri testi dell’autore, dedicati al
dialogo tra Shakespeare e Galileo e tra Galileo e Leonardo,
rappresentati in occasione dei 90
anni della Radio
( “90 anni on Air”) nella sede della Rai Toscana, ai “Salotti
di Firenze Capitale”.
Su questa nuova produzione teatrale “Sao
ko kelle terre”
rivolgo qualche domanda all’autore Marcello
Lazzerini.
Marcello,
come è nata l’idea di dedicare uno spettacolo alla Lingua
italiana?
“Dal
desiderio di conoscere lo stato di salute della nostra lingua e di
metterne in luce – di fronte ai barbarismi ed agli eccessivi
anglismi che denotano, diciamolo, un certo provincialismo, i tanti
colori e le mille sfumature che costituiscono la sua ricchezza,
l’armonia, la musicalità, in una parola la bellezza, di cui
dovremmo essere orgogliosi. Quale dunque miglior modo dunque se non
quello di chiederlo direttamente a lei, alla ……Signora Lingua!”
Si
tratta, dunque, di un’intervista ( in) credibile alla …Signora
Lingua, secondo il tuo ormai collaudato schema?
“Anche,
ma non solo. L’ insolito e, diciamo pure, originale dialogo con la
Signora Lingua è il filo conduttore di uno spettacolo magistralmente
interpretato dagli attori della Compagnia delle Seggiole, che
unisce l’elemento divulgativo al divertimento, ripercorrendo i
momenti salienti della sua vita, dalla nascita ai nostri giorni, che
narra delle sue gioie e dei momenti difficili, nonché delle sue
aspettative circa il futuro.”
Perché
quel titolo non a tutti comprensibile?
“Perché
è il certificato di nascita della lingua, sancito in un atto
giuridico, il Placito Capuano, in cui è riportata per la prima
volta non in latino ma in volgare la nota frase “Sao
ko kelle terre, per kelle fini que qui contene, trenta anni le
possette parte sancti Benedicti”.
E’ la testimonianza in base alla quale il giudice confermò
l’assegnazione di alcune terre della piana tra Capua e Benevento,
rivendicate da un privato, ai monaci dell’Abbazia di Montecassino.
Parliamo del 960 dopo Cristo. Da qui prende le mosse lo spettacolo.
Che,
se ho ben capito, è una sorta di bignami della storia della
letteratura. Come si sviluppa?
“Fabio
Baronti, capocomico della compagnia, veste i panni di un giornalista
a colloquio con una “Signora” (Sabrina Tinalli, che cura anche la
mise
en espace)
elegante e raffinata, ma anche ciarliera e talvolta spudorata: è
proprio lei, la Lingua Italiana nelle sue mille sfaccettature. Il
dialogo tra i due è originale, sin da subito la donna rivela di non
provare alcun fastidio per i “barbarismi” subiti da parte delle
innovazioni mediatiche: il tutto comunque contribuisce alla sua
diffusione; in fondo anche in epoche passate è stata vittima di
angherie e corruzioni, non solo nell’ultimo secolo! Durante
l’intervista viene rappresentata la scena del Placito e da lì si
ripercorrono le tappe salienti della vita della lingua italiana,
grazie anche all’ausilio di immagini, filmati e contenuti musicali,
la cui proiezione è intervallata dalle appassionate interpretazioni
delle opere dei maggiori autori della letteratura italiana
interpretate dagli attori della compagnia (Fabio Baronti, Marcello
Allegrini, Luca Cartocci, Andrea Nucci, Silvia Vettori). Del gruppo
fanno parte anche Vanni Cassori, per i contenuti musicali, e Daniele
Nocciolini, tecnico video, mentre i contenuti video sono di Andrea
Nucci. Il tutto si snoda - questo il giudizio di quanti lo hanno
visto ed accolto con entusiasmo - con garbo e leggerezza, ma senza
tralasciare nessuno dei nomi che hanno dato lustro al nostro paese.
Un
ringraziamento particolare va dato anche ad Antonietta Ida Fontana,
Presidente della Società Dante Alighieri di Firenze - ed ex
Direttrice della Biblioteca Nazionale - per la preziosa
collaborazione al testo e per la disponibilità della sede. Infatti,
proprio nel suggestivo oratorio di San Pierino, in via Gino Capponi a
Firenze, abbiamo messo in scena le prime rappresentazioni: la più
recente il 24 febbraio scorso.”
E’
uno spettacolo esportabile?
“Certo,
ovunque in Italia e all’estero, come tutti gli altri che sono nel
repertorio della Compagnia, che ha al suo attivo un’importante
tournée a Kyoto con Mandragola e che opera soprattutto in luoghi
storici e museali, quali Palazzo Corsini, Casa Martelli, Villa La
Petraia, il Corridoio Vasariano, gli Uffizi, la Certosa, Palazzo
Davanzati e tanti altri. Penso anzi che “Sao ko kelle terre”
potrebbe interessare le varie Società della Dante Alighieri sparse
nel mondo, gli Istituti di Cultura, le istituzioni scolastiche. La
bellezza della nostra lingua è un segno della nostra identità.”
Altri
spettacoli in programma?
I
“Salotti di Firenze Capitale”, nella ricorrenza dei 150 anni
(qui mi sono avvalso anche della testimonianza di un giovane Edmondo
De Amicis), e mi auguro nuove repliche di “Celeste e Galileo” a
Villa Il Gioiello, ultima dimora del grande scienziato e, spero,
dell’altro spettacolo “Divento vento”. Tutti lavori che hanno
ottenuto calorosi consensi.”