Teatro dell'Angelo, fino al 29 marzo Antonello Avallone in “Io, Ettore Petrolini”: Un vanto, una sfida, un rischio, una presunzione. L'intervista di Fattitaliani

Lo spettacolo si propone di tracciare un ritratto non solo teatrale, ma anche umano e di costume del grande autore-attore, troppe volte rappresentato in un facile e fuorviante cliché di comico romanesco. Non fu certo un caso che Petrolini mettesse in scena le sintesi futuriste e che Marinetti lo proclamasse “grande attore futurista”. “Io, Ettore Petrolini” rappresenta anche l’uomo con il suo rapporto profondo con Roma, dov’era nato in un vicolo vicino a Via Giulia, il suo orgoglio ma anche la sua malinconia, il suo sguardo lucido sulle debolezze umane, ma anche la sua fiducia nella dignità degli uomini.
La commedia, opera di un autore che è anche uno studioso di Petrolini, avendo curato l’edizione più completa e più fortunata delle sue opere, coniuga il ritratto artistico e umano dell’attore-autore con quello dell’irresistibile narratore di facezie, barzellette, “colmi”, come egli li chiamava. Riso e malinconia, realtà e memoria, verità e finzione, si alternano nella pièce con l’obiettivo di far rivivere sulla scena, a settant’anni e più dalla sua morte, una figura inimitabile, anche se oggi imitata, spesso in maniera superficiale e maldestra, nell’originalissima interpretazione che ne dà Antonello Avallone, intervistato da Fattitaliani
Per un artista che significato assume poter interpretare Petrolini?
Un vanto, una sfida, un rischio, una presunzione…tanti sentimenti contrastanti. Petrolini è stato l’artista, l’innovatore, non l’attore classico ma quello che si metteva ogni volta in gioco con l’intento di spiazzare e sorprendere il pubblico con le sue particolarissime interpretazioni. Ricordiamoci che stiamo parlando di 100 anni fa, al 1915 si riferisce per esempio la creazione di Fortunello. La cosa che più mi ha attratto non è stata tanto l’interpretazione delle sue macchiette, comunque molto stimolante, quanto il racconto dell’uomo che alla fine dei suoi giorni ripercorre la sua carriera e si pone l’interrogativo “se qualcuno si ricorderà di me”.
Del suo esempio quale aspetto le piace mettere in pratica nella sua professione?
Non so, lui era interprete del suo repertorio, io spazio interpretando ruoli scritti da altri.
Una delle cose che condivido è quando parla del ruolo dell’attore, ovvero della necessità di muoversi e parlare sulla scena come nella vita, di provare realmente i sentimenti e le emozioni che si vogliono trasmettere al pubblico, usando la voce e tutto il corpo. Questa è una cosa che provo a fare sempre, tutte le volte che vado in scena, con qualunque spettacolo.
Lo spettacolo le ha permesso di conoscere meglio la sua figura? in che cosa?
Certamente mi sono dovuto avvicinare a lui con molta attenzione e ciò che mi ha colpito di più è stato il suo scetticismo nei confronti dei suoi colleghi e la critica verso le scuole di recitazione. Lui non aveva studiato e non aveva frequentato nessuna scuola di recitazione e sosteneva che fare teatro non si impara a scuola, è un dono innato che va coltivato con l’intelligenza, con lo studio dei comportamenti delle persone comuni che si incontrano per strada.
Testo, regia e interpretazione che cosa confermano e che cosa invece sconfessano di quello che si sa di Petrolini?
Per carità, spero che si avvicini il più possibile alla realtà, non mi piacerebbe non raccontare la verità su un personaggio così importante della nostra storia. Tra l’altro chi l’ha scritto è uno studioso come Giovanni Antonucci e regia e interpretazione si sono semplicemente impegnati a dare vita a questo grande artista. Sono, tra l’altro, molto felice di essere lontano dalla caratteristiche fisiche di Petrolini, per cui, al di là dell’interpretazione delle sue macchiette, non sempre fedelissima ma da me personalizzata, raccontiamo la storia di un uomo che si trova a fare i conti con una malattia che non gli permette più di andare in scena e fa un resoconto della sua vita artistica.
Quale Roma si ritrova in lui? Petrolini si ritroverebbe nella città di oggi?
La Roma di Petrolini è una Roma che non c’è più. La descrizione che dà di Piazza Guglielmo Pepe, con i teatri baracconi pieni di ciarlatani e saltimbanchi è meravigliosa, e dà un ritratto di una Roma che nessuno di noi ha visto. Già lui, negli ultimi anni, non la riconosceva più e, malinconicamente, nello spettacolo ne ricorda i tempi “migliori”. L’unica cosa che apprezza molto è l’avvento del cinematografo negli anni ‘30, in particolare come unico mezzo per essere ricordato. Era un improvvisatore, coglieva all’istante quello che il pubblico voleva sentire, i suoi spettacoli non erano mai uguali e andare in scena era tutte le sere una battaglia da vincere. E vinceva, sempre. Per cui il cinema non poteva avere lo stesso fascino. Se vivesse oggi, comunque, di personaggi satirici ne creerebbe molti, per lui sarebbe una passeggiata, prenderebbe in giro tutti noi. Giovanni Zambito.
© Riproduzione riservata


Teatro dell'Angelo di Roma
dal 18 al 29 marzo 2015 
Antonello Avallone 
IO, ETTORE PETROLINI 
di Giovanni Antonucci 
spettacolo teatrale con musiche
Musiche Pino Cangialosi
 Scene Red Bodò
Regia Francesco Branchetti (intervista)
Fattitaliani

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