Ambientato tra Siculiana e Agrigento, a
Torre Salsa, una riserva naturale dove si alternano piccole colline
e vallate, un’onda di terra e colori, dove a volte il vento porta
un forte odore di timo. E’ un “raccomanzo”, l’autore con
questa formula, ha potuto sviluppare non solo la vita dei personaggi
principali, legati da una forte amicizia ma è riuscito a mettere
dentro anche delle storie personali.
A Torre
Salsa è presente l’umanità (Pippina, Micheluzzo, Alif, Giorgio) e
sono presenti anche le pianta e gli aromi del territorio, lavanda,
ruta, ginepro, melissa che fanno da sottofondo ad ogni racconto e che
si trasformano in ricette medicamentose nelle pagine del libro. Paolo
Borsellino disse “Torre Salsa esiste nel territorio più devastato
d’Italia”. Un territorio così bello che non è mai emerso,
l’autore gli rende omaggio con la scrittura.
“Morire, non
morire, bisogna vedere dove avviene, tutto è più lieve”. La
“magara” viene chiamata perché una ragazza ha il mal d’amore e
lei la cura con una pianta officinale e perciò viene tacciata di
essere una megera. In realtà è solo vittima dei pregiudizi altrui
che la temono ma quando diventa punto di riferimento viene amata
da tutti. Sembrerebbe un paradosso pirandelliano.
Attraverso
l’espediente formale si superano delle cose altrimenti
insuperabili. Protagoniste sono quasi sempre le donne. Il racconto a
volte è anche enigmatico, si assiste alla fuga di un Cristo. L’acqua
quasi sempre presente come simbolo che allontana il ricordo del
deserto. Il mare che immagini come una carezza.
Zambito ha una
narrazione così descrittiva al punto da viverla come se si fosse
presente in quei luoghi. Si potrebbe dire che aiuta il Meridione ad
esprimersi. Il capitolo più toccante è senz’altro quello dedicato
alla malattia del padre “Signora Alzheimer, da cinque anni sei
entrata nella nostra vita. Sei entrata in punta di piedi ma in poco
tempo sei diventata invadente. Lineamenti marcati, due occhi
stranamente fermi ma non duri. Un leggero sorriso ed una cannuccia
che aspira i ricordi, volti, gesti, pezzi di vita che si frantumano
davanti ai nostri occhi, impossibili da ricomporre. Gran parte di me
è scomparsa nella sua memoria o forse nascosta in qualche angolo
remoto. Inutile mostrargli le foto, tutto rimane addormentato”.
Il
titolo è tratto dalla nenia che le suore benedettine, intonano
nella visita all’estinto per consolare i parenti addolorati “per
le figlie e per le spose che son tanto addolorate, Gesù mio che
tanto amate, custoditele per pietà". L’autore mescolando realtà e
fantasia ci mette di fronte alle avversità della vita ma riesce
anche a strapparci un sorriso e a farci riflettere che la vita anche
se a volte è amara, vale la pena di essere vissuta.
Elisabetta Ruffolo
© Riproduzione riservata
PER LE FIGLIE E PER LE SPOSE
PEPPE ZAMBITO
ARMANDO SICILIANO EDITORE
PAGG. 120 - € 12,00