Uscito From a Distance il secondo disco dei Not a Good Sign, la formazione milanese, apprezzata in tutto il mondo per la rilettura dinamica e accattivante della tradizione prog-rock, tra temi distopici e graffiante rock di frontiera.
Pubblicato nuovamente da Fading Records/AltrOck, etichetta nostrana tra le più apprezzate all'estero per la qualità della scuderia e l'innovazione di tante proposte, From a Distance è un lavoro di svolta, che conferma le conquiste del precedente e presenta nuovi sviluppi e soluzioni. La formazione milanese, nata nel 2011 per volontà di Paolo 'Ske' Botta e Francesco Zago di Yugen insieme al produttore Marcello Marinone, arriva al nuovo album con una formazione rinnovata e in occasione del concerto/festa del 28 febbraio, ha presentato al pubblico il nuovo chitarrista Gian Marco Trevisan, che ha sostituito il dimissionario Zago, uscito dalla band dopo la realizzazione di From a Distance.
Pubblicato nuovamente da Fading Records/AltrOck, etichetta nostrana tra le più apprezzate all'estero per la qualità della scuderia e l'innovazione di tante proposte, From a Distance è un lavoro di svolta, che conferma le conquiste del precedente e presenta nuovi sviluppi e soluzioni. La formazione milanese, nata nel 2011 per volontà di Paolo 'Ske' Botta e Francesco Zago di Yugen insieme al produttore Marcello Marinone, arriva al nuovo album con una formazione rinnovata e in occasione del concerto/festa del 28 febbraio, ha presentato al pubblico il nuovo chitarrista Gian Marco Trevisan, che ha sostituito il dimissionario Zago, uscito dalla band dopo la realizzazione di From a Distance.
Un
disco d'esordio nel 2013 apprezzato unanimemente in tutto il mondo,
il secondo a poco più di un anno di distanza: che differenze ci sono
tra Not
a Good sign
e From
a Distance?
Sicuramente
la band è più matura e consapevole, la visione artistica più
chiara e intellegibile. C’è una maggiore ricerca melodica e
timbrica, ancor più evidenziati i giochi di luce e colore. Per ogni
band il secondo album rappresenta un grande traguardo e soprattutto
il momento in cui si mettono a fuoco esperienze e visioni, ci
aspettiamo di poter appagare tutti coloro che hanno apprezzato il
primo e di riuscire a conquistare altro pubblico anche non
necessariamente e tipicamente prog.
In
occasione del nuovo disco la band si presenta con un differente
organico: l’arrivo di nuovi musicisti che tipo di opportunità vi
ha offerto?
Francesco
Zago essenzialmente ha deciso di dare priorità a progetti a cui
tiene di più come gli Yugen, a causa dei numerosi impegni non
riusciva a seguire tutto e ha dovuto prendere questa decisione, anche
se dolorosa. Chi ha scelto di intraprendere strade diverse dalle
nostre verrà sempre considerato come un tassello importante e
decisivo nella formazione del nostro sound, ciò nonostante vediamo
l’arrivo di nuovi musicisti come una possibilità di arricchire le
nostre scelte e di confrontarci anche con artisti che provengono da
esperienze stilistiche e tecniche diverse. Il gruppo è ora più
completo e maturo.
A
differenza di molti vostri colleghi che prediligono quasi
esclusivamente la componente strumentale, voi lasciate il giusto
spazio alla voce, per quale motivo?
Credo
che le liriche di Zago siano parte integrante del progetto e della
visione comunicativa del gruppo. Sicuramente rispetto ad altri
progetti esclusivamente strumentali, l’utilizzo della voce ci aiuta
ad esprimere più chiaramente un disagio, un messaggio o ad evocare
delle sensazioni. C’è un mood generale molto ben definito, ma
essenzialmente ogni brano ha una sua storia. Non è certamente un
concept album.
Nel
primo disco c'erano diversi ospiti: scelta confermata anche ora o
avete fatto tutto da soli?
Nel
primo album abbiamo chiesto a Sharron Fortnam di contribuire in un
brano che ritenevamo perfetto per una voce femminile e tipicamente
inglese (il testo di Witchcraft
by a Picture
è un poema di John Donne), cercavamo quel tipo di voce e Sharron era
certamente tra le nostre preferite. Quindi è stata una
collaborazione nata in maniera quasi naturale, non abbiamo scelto
ospiti per il semplice gusto di averli ma perché musicalmente grazie
al loro contributo si poteva completare il disegno al meglio. Anche
in From
a Distance
collaboriamo con dei musicisti che arricchiscono la nostra gamma di
colori. Come nel precedente album, ritroviamo il maestro Maurizio
Fasoli al pianoforte che dona un colore che ci è caro. Inoltre siamo
stati aiutati da Eleonora Grampa e Jacopo Costa rispettivamente al
corno inglese/oboe e al vibrafono/glockenspiel. Questi timbri
impreziosiscono il sound della band e diventano in qualche occasione
addirittura protagonisti assoluti.
Per
i Not a Good Sign che rapporto e che combinazioni ci sono tra
scrittura e improvvisazione? From
a Distance
è nato già composto oppure la band in studio ha contribuito con
ulteriori invenzioni?
Posto
che come direzione generale Not a Good Sign è decisamente
indirizzato verso la composizione scritta rispetto
all'improvvisazione, credo che per rispondere propriamente sia
necessario scindere i due momenti principali costitutivi del
progetto. In “studio”, o più propriamente per il disco, la
scrittura gioca un ruolo preponderante, anche se non dittatoriale.
Infatti, come è sano e naturale, il materiale scritto viene provato
e discusso dalla band prima di entrare in studio, in maniera da
massimizzare l'espressività propria degli strumenti e degli
strumentisti in relazione al momento musicale. In questa fase vengono
più o meno consciamente delineati degli spazi individuali dove i
musicisti scelgono (o sono chiamati, a seconda dei casi) ad
esprimersi fuori dallo spartito. Il risultato è una commistione tra
scrittura e improvvisazione in un rapporto di 90 e 10 circa.
Diversamente
accade dal vivo, dove questi (e altri) momenti vengono naturalmente
espansi e per quanto possibile “spettacolarizzati”, proprio per
regalare un respiro diverso ai brani, e cercare un dialogo più
diretto con il pubblico. Non amiamo essere particolarmente legati
alle versioni “studio” dei brani, abbiamo sempre cercato di far
crescere la nostra musica portandola con noi nei luoghi che
visitiamo, tra le persone per cui ci esibiamo.
Mi
ha colpito una cosa sulla vostra pagina Facebook. Alla voce 'genere'
c'è la lapidaria dicitura 'music'... Spesso invece i gruppi di area
prog mostrano con orgoglio la loro appartenenza!
È
bello pensare che siano gli ascoltatori a dire ciò che sei o che
sensazioni sonore sei in grado di evocare. Spesso veniamo accostati a
generi musicali totalmente opposti o addirittura alla fine di un
concerto ci è capitato di sentire opinioni totalmente discordanti
sulla nostra musica, ed è bello così! Quando si parla di musica di
commistione troviamo sia molto limitante ancorarci ad un genere,
preferiamo lasciare una libera interpretazione a chi ci ascolta. Se
creiamo magia, se generiamo emozioni, l’obiettivo è raggiunto,
l’etichetta è meno importante.
La
vostra interpretazione del prog-rock spicca per la modernità: qual è
il segreto per rendere questo genere fresco e poco nostalgico?
Penso
che dipenda tutto dai punti di vista. Non riesco a considerare Not a
Good Sign completamente come un figlio della modernità, ci sono
troppi riferimenti timbrici/compositivi alla stagione d'oro del prog
'70 e non solo. D'altro canto, ci sono altrettanti aspetti musicali e
di produzione che sono molto vicini a delle esperienze più moderne,
a volte persino distanti dal rock. La freschezza ritengo risieda
dunque nell'onestà dell'approccio, da un lato figlio del proprio
tempo, dall'altro memore e portatore di memoria di una stagione
musicale indimenticabile.
Negli
ultimi tempi vi siete esibiti dal vivo con molti colleghi italiani e
stranieri, dai Syndone ai Wobbler: com'è lo stato di salute del
prog-rock oggi?
Io
credo che sia buono. Ci sono molte band validissime in grado di
proporre e rielaborare con una veste più fresca e attuale questo
genere. Il livello tecnico e compositivo rimane molto alto, spesso
anche mediamente superiore agli anni ‘70, sono difficili i tempi, è
difficile avere strategie di comunicazione vincenti. È
complicatissimo proporre questa musica (e non solo) dal vivo, ci sono
forse troppe proposte e troppo poco pubblico. Questo tende a rendere
il movimento un po’ sfocato, ammesso e non concesso che di
movimento si possa parlare. In altre parole, in generale la proposta
musicale è sovradimensionata rispetto al bacino d'utenza. Di
conseguenza più che interrogarsi sullo stato di salute della musica,
occorrerebbe interrogarsi sullo stato di salute del pubblico, sia per
il prog che per altri generi musicali.
Anche
From
a Distance
esce con Fading Records, una delle etichette più apprezzate al mondo
in area prog e avant-rock: quanto conta per un gruppo come il vostro
far parte di una scuderia blasonata?
In
un ambiente relativamente piccolo e con una proposta musicale cosi
diversificata anche in quelle che sono oggi nicchie di mercato,
certamente avere la possibilità di essere riconosciuti non soltanto
per la propria proposta musicale ma anche per l'appartenenza ad una
etichetta di richiamo come Fading, aiuta. E aiuta anche il pubblico,
che nel momento in cui trova sintonia con le scelte artistiche di
questa o quell'etichetta, la prende come garanzia di qualità.
Per
Flying
Over Cities
c'è anche un video: di cosa si tratta?
Quella
del video è certamente una novità per Not a Good Sign. Abbiamo
sentito come importante la necessità di portare avanti un certo tipo
di comunicazione anche a livello visivo, aspetto che sinora si era
concretizzato solo in immagini. Riteniamo il video un ottimo veicolo
per le emozioni, in particolare se legato alla musica. Il video di
Flying
Over Cities
non narra un racconto preciso e delineato, piuttosto aiuta e si fa
aiutare dalla musica e dal testo a trasmettere o a indurre degli
stati d'animo. Questo brano in particolare contrappone a dei testi
narranti una visione distopica del mondo, un movimento musicale
dinamico, quasi frizzante.
From a Distance studio Personnel:
Paolo «Ske» Botta, keyboards
Alessio Calandriello, vocals
Alessandro Cassani, bass
Martino Malacrida, drums
Francesco Zago, guitars
Guests:
Maurizio Fasoli (Yugen), grandpiano
Eleonora Grampa, corno inglese/oboe
Jacopo Costa, vibrafono/glockenspiel
Live 2015 line-up:
Paolo «Ske» Botta, keyboards
Alessio Calandriello, vocals
Alessandro Cassani, bass
Martino Malacrida, drums
Gian Marco Trevisan, guitars
Info:
Not a Good Sign:
Fading Records/AltrOck: