Cinema, “Still Alice”: Julianne Moore e l'Alzheimer, film da Oscar. La recensione: dolore sì, pietismo no

Anche in Italia è stato accolto con critiche assai positive e un’ottima risposta del pubblico “Still Alice”, il film in cui Julianne Moore si impegna, con una indimenticabile recitazione, a ritrarre una donna felice e appagata alla quale viene improvvisamente diagnosticata una forma di Alzheimer precoce. Il servizio di Luca Pellegrini:

Una vita sconvolta

Quello che sta per succedere, in cuor suo, Alice lo sa: davanti alla famiglia confessa la sua malattia e le sue angosce, perché a cinquant’anni e un matrimonio fortunato e un’appagante carriera universitaria e la felicità toccata ogni giorno, l’Alzheimer, in una forma precoce e devastante, l’assale lentamente, iniziando a distruggere tutto di lei, non solo la memoria, ma le prospettive di un’intera vita, costruite pazientemente giorno dopo giorno.

Julianne forte e fragile

Il film, scritto e diretto della coppia Glatzer-Wetmoreland – il primo con gli effetti della Sla che già ne aveva minato il fisico – tratto dal romanzo omonimo di Lisa Genova è, però, nel suo rigore formale, nella sua tensione drammatica, nella perfetta scansione dei tempi, degli umori e dei sentimenti, un riconoscimento di quanto con coraggio, nobiltà, forza, si possano affrontare esperienze così tragiche e sconvolgenti all’interno di un gruppo familiare. E il ritratto di questa donna insieme forte e fragile, che Julianne Moore costruisce nella più totale dedizione a un personaggio così difficile – lei sicuramente una delle più grandi attrici americane e giustamente candidata all’Oscar – è di un’empatia totale.


Dolore sì, pietismo no

Il pregio di “Still Alice” è che non si scade mai in un eccesso di patetismo lacrimevole: c’è sì tanta tristezza, ci sono la perdita, lo smarrimento, la ribellione, Alice si allontana dal passato, il presente le si sfarina davanti, il futuro non le apparterrà più, così come i figli, il marito, le amiche. Eppure la sua battaglia per la vita non deflette mai dinanzi all’irrazionalità della malattia e del male.
“Non sto soffrendo. Io sto lottando! Sto lottando per rimanere parte della vita, per restare in contatto con quella che ero una volta. “Cosi, vivi il momento!”, è quello che mi dico. E’ davvero tutto quello che posso fare: vivere il momento! Luca Pellegrini, Radio Vaticana, Radiogiornale del 31 gennaio 2015.
Fattitaliani

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