Aix-en-Provence, Dmitri Tcherniakov ridisegna "Carmen" di Bizet e lascia il pubblico soddisfatto. La recensione di Fattitaliani

Una Carmen senza dubbio originale l'opera diretta da Dmitri Tcherniakov e rappresentata al Festival d'Aix-en-Provence. Il pubblico ha ben accolto la particolare messa in scena e ne ha salutato con fragorosi applausi gli artisti. 

Non è la prima volta che l'iconoclasta regista russo si pone di fronte a un'opera classica in maniera provocatoria, ben consapevole di andare incontro a critiche e a fraintendimenti. In questo caso, Tcherniakov (suoi anche i costumi e la scenografia) ha volutamente spogliato "Carmen" di alcuni elementi che - a suo dire - fanno oramai parte di un immaginario collettivo turistico (le piazze soleggiate di Siviglia, toreri, contrabbandieri e cambiato anche l'essenza dei protagonisti che costituirebbero solo archetipi fissati nel tempo. A suo avviso, una storia come quella della civettuola e seduttiva zingara e del triangolo amoroso che vi prende vita, non può funzionare al giorno d'oggi: siamo, infatti, tutti disillusi e su di noi un "mito" del genere non attecchirebbe perché appare innaturale.
Dunque, per rendere la storia ancora attuale con delle forti connessioni al presente, il regista ha pensato a un'ambientazione dei nostri giorni (una hall con tanti divani in pelle, una scenografia per i due atti) e ha reso l'opera una forma di terapia per una coppia in crisi (lui, in particolare), che viene coinvolta con attori professionisti a rappresentare il libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy e loro stessi impersonano Don José e Micäela. Da qui il cambiamento di alcuni dialoghi e l'inserimento di alcuni nuovi.
Un gioco di ruoli è quello che ci vuole per riaccendere l'ardore della coppia, secondo lo psicologo, che ha anche la funzione di fare al pubblico il punto della situazione e istruire la compagnia. 
L'intento del regista è nobile e all'inizio scorre gradevolmente, soprattutto quando la voce del coro dei piccoli è mimata sul palco dagli artisti; però, l'effetto sembra evaporare presto.
Le scene collettive e movimentate sono bellissime (ben diretto e recitato il momento dell'incursione della polizia con tanto di kalachnikov): è come se gli artisti (e i personaggi) avessero bisogno di muoversi di più e forse, paradossalmente, l'idea di Tcherniakov anziché liberarli li trattenesse. 
Ottime le voci: su tutte quella del soprano Elsa Dreisig, una Micäela delicata, possente, costante; benissimo il mezzo-soprano Stéphanie d'Oustrac nella parte di Carmen con una notevole duttilità da attrice; il tenore americano Michael Fabiano ha dato il meglio di sé nelle ultime scene e il finale, nel duetto con l'amata, è stato da brividi.
E ciò, ancora una volta, mostra quanto l'opera in sé possa parlare, comunicare, trasmettere ed essere sempre adeguata anche senza sovrastrutture e idee rivoluzionarie.
Eccezionali l'Orchestra di Parigi e il suo direttore il Maestro Pablo Heras-Casado: la musica ha sapientemente accompagnato le voci, i moti interiori dei personaggi, i colori, i diversi timbri tanto nei momenti allegri che in quelli drammatici e intensi.
Giovanni Zambito
©Riproduzione riservata

Fattitaliani

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