Spesso sono proprio gli psicologi a provare irritazione per l'abuso del termine narcisismo o narcisista. Ciò che li disturba è l'idea che chiunque, in assenza di competenze specifiche o formazione scientifica, possa tranciare diagnosi su disturbi o patologie. La criminalizzazione di persone che soffrono non può essere avallata né istigata. Del resto chi rimane vittima di comportamenti tanto destabilizzanti, sia nei rapporti sentimentali tossici che lavorativi o familiari, deve dotarsi di cognizioni e strumenti di difesa. I libri, i testi degli specialisti più autorevoli in primo luogo, possono essere un ottimo modo per orientarsi; sempre che non si scelga la via delle terapie di supporto. “I narcisisti perversi e le unioni impossibili – Come sopravvivere alla dipendenza affettiva e ritrovare se stessi” di Enrico Maria Secci (disponibile sugli store) è, in tal senso, un libro davvero imprescindibile, giunto alla riedizione dopo aver venduto oltre 200mila copie. L'autore di altri long seller come “Amori Supernova” e “Il narcisismo in amore e la sindrome di Eco” ci ha concesso questa intervista.
Oggi non si parla d’altro, anche sui social, che di narcisismo patologico o perverso. Il fenomeno è in aumento o è maggiore l’attenzione su questo disturbo?
L’interesse per il narcisismo patologico, amplificato dai media e dai social, riflette sia una maggiore attenzione culturale sia un possibile aumento dei casi. Non è una moda, ma un indicatore della sensibilità sociale verso questa tematica, in particolare per quanto riguarda l’impatto del narcisismo nell’ambito relazionale e affettivo. Un impatto che può essere fortemente traumatico.
È sbagliato parlare di patologia?
Sì, è improprio parlare genericamente di patologia. Il narcisismo è un tratto evolutivo presente in ognuno di noi sin dall’infanzia, come osservò già Freud. In altre parole, siamo tutti “un po’ narcisisti” ed è del tutto normale. La patologia, invece, riguarda un disturbo grave della personalità. Una condizione ben distinta e clinicamente rilevante con una incidenza nella popolazione stimata tra l’1 e il 6%.
Molti suoi colleghi sono per evitare facili etichette per non infierire su queste persone. Ma bisogna anche difendersi...
Imparare a riconoscere le dinamiche narcisistiche nei contesti interpersonali è importantissimo. Permette di spezzare i circoli viziosi di queste relazioni e talvolta di prevenirle, prima che diventino dipendenze affettive. Ma per difendersi davvero è importante mettere al centro se stessi e avviare una sano processo di consapevolezza. Il vero pericolo è stigmatizzare l’altro come “narcisista” in modo arbitrario e scivolare in un vittimismo insano e controproducente.
Esiste però un narcisismo sano, diceva.
Il narcisismo sano è una componente fondamentale dell’autostima e un fattore chiave nell’orientamento agli obiettivi e nella capacità di leadership. Integrato in modo equilibrato nella personalità, favorisce relazioni autentiche, perché permette di riconoscere e rispettare i propri bisogni senza farsi paralizzare dal timore eccessivo del giudizio altrui, migliorando così la qualità delle interazioni.
Fin dalla lettura del mito però, di elementi sani se ne ravvisano pochi…
Il mito di Narciso, così come lo racconta Ovidio, mette in luce solo gli aspetti più patologici del narcisismo, trascurandone ogni possibile forma sana. La mitologia, infatti, sembra rappresentare in modo simbolico molte condizioni psicologiche estreme: Narciso il narcisismo, Eco la dipendenza affettiva, Dionisio il delirio, Demetra la depressione. Non sorprende quindi che non vi sia spazio per un narcisismo equilibrato, legato all’autostima. Per questo motivo, il concetto moderno di narcisismo sano è diventato necessario per descrivere in modo più completo e sfumato questo tratto della personalità.
Quali sono le caratteristiche delle persone narcisiste (patologiche) che devono mettere in allarme?
I segnali principali sono: l’intermittenza affettiva con sparizioni e ritorni improvvisi; la manipolazione costante, anche con bugie inutili; la mancanza di reciprocità legata a un senso di superiorità; la tendenza a svalutare e giudicare il partner, minandone l’autostima e isolandolo da colleghi, amici e familiari.
Si può dire che spesso chi incappa in queste relazioni tossiche ha una empatia esagerata e questo le mette nella condizione di vittime?
L’empatia, intesa come capacità di comprendere l’altro senza perdere il contatto con sé, è una risorsa protettiva, non un rischio. Ciò che espone maggiormente alle relazioni tossiche è un’eccessiva sensibilità emotiva e interpersonale, spesso confusa con l’empatia. Questa ipersensibilità può favorire la dipendenza affettiva, soprattutto in dinamiche con partner narcisisti, ma non solo. Per esperienza clinica direi che comunque le modalità relazionali del narcisismo possono essere tossiche per chiunque, comprese le personalità più “sane” ed equilibrate.
I narcisisti mancano invece di empatia, ma l’empatia si può acquisire da adulti?
Il deficit empatico del narcisismo può essere lieve a severo. In alcuni casi, può migliorare con percorsi terapeutici mirati, ma molto dipende dalla motivazione al cambiamento. Il discorso è complesso e controverso se parliamo del disturbo narcisistico di personalità, che rappresenta una sfida piena di incognite anche per il clinico più esperto.
È possibile sperare che una buona terapia possa farli cambiare o bisogna considerare solo la sottrazione e la fuga, per cui lei parla di “unioni impossibili” nel suo libro?
La maggiore criticità è appunto la scarsa motivazione al cambiamento e la svalutazione della terapia, tipica dei narcisisti patologici. Un percorso psicoterapeutico mirato può dare risultati, ma spesso la relazione resta squilibrata e frustrante. Per questo nel mio libro parlo di “unioni impossibili”. Ritrovare il proprio equilibrio può portare alla sottrazione. La sottrazione non è fuga, ma un atto di comprensione profonda e cura di sé.
Dalla dipendenza affettiva si può uscire ma a quale prezzo? Ci saranno sempre rischi di invischiarsi troppo…
Come in ogni dipendenza, il percorso di uscita dalla dipendenza affettiva può essere segnato da ricadute e momenti di scoraggiamento. Ma il prezzo da pagare è minimo rispetto ai danni di una relazione tossica e ai benefici di un cambiamento profondo. Ne vale la pena: si ritrova fiducia in sé stessi, negli altri e nella possibilità di costruire relazioni più sane e appaganti.



