Kami presenta il singolo "Sign": un mix di movimento, libertà e ricerca di significato. L'intervista di Fattitaliani



di Giovanni Zambito - “Sign” è il nuovo singolo di Kami, una traccia electro-dance costruita su un loop armonico ipnotico e un synth melodico immediatamente riconoscibile. Un viaggio notturno dove ritmo e sensazioni si fondono in un’unica scia di luce. L'intervista di Fattitaliani.

“Sign” è un brano che unisce energia e introspezione. Da dove nasce l’idea e cosa rappresenta per te “il segno” del titolo?

Siamo circondati ogni giorno da segni - alcuni positivi, altri negativi - e sta a noi imparare a riconoscerli e interpretarli nel modo giusto. Nella vita ci troviamo spesso davanti a delle sliding doors, a scelte che possono cambiare tutto. In quei momenti entra in gioco l’istinto, che per me è il segno più grande: quella spinta interiore che ti indica la direzione, anche quando non hai certezze.

La traccia si muove su un loop ipnotico e un synth melodico molto riconoscibile. Come hai lavorato alla costruzione del sound e quali strumenti o software hanno avuto un ruolo chiave nella produzione?

Il brano è nato da una serie di idee messe insieme nel tempo. Sign era una demo che avevo nel cassetto da un po’ e che continuavo a riaprire, perché sentivo che aveva del potenziale ma non trovavo mai la chiave giusta per completarla.
Ho modificato il riff principale più volte, cercando il suono che mi rappresentasse davvero. Poi è arrivata la voce di Austin e tutto ha preso forma: è stato come accendere una luce. Da lì, il pezzo ha trovato il suo equilibrio e la sua identità.

C’è un’atmosfera notturna e quasi cinematografica nel pezzo. Ti sei ispirato a un’immagine o a un’emozione particolare durante la composizione?

Sono una persona notturna per natura: ho passato anni nei club, nei locali, immerso nella musica e nell’energia della notte. Amo anche il cinema e le colonne sonore, ma in questo caso l’ispirazione non è arrivata da un’immagine precisa.
Ogni mio brano nasce da un’emozione vissuta in un determinato momento. Sign è il riflesso di ciò che sentivo in quel periodo: un mix di movimento, libertà e ricerca di significato.

La voce di Austin si fonde perfettamente con il tuo sound. Come è nata la collaborazione e che tipo di alchimia di è creata in studio?

Curiosamente non abbiamo mai lavorato insieme nello stesso studio. Austin vive in Inghilterra e io in Umbria: due mondi diversi che si sono incontrati grazie alla musica.
Avevo la mia base, lui una linea vocale. Quando le abbiamo unite, c’è stata subito sintonia. Abbiamo solo fatto piccoli aggiustamenti, ma il risultato è arrivato in modo molto naturale. È stata una collaborazione a distanza, ma con una connessione autentica.

“Sign” gioca con la tensione tra il desiderio di lasciarsi andare e la paura di farlo. È un contrasto che ti appartiene anche nella vita personale o artistica?

Assolutamente sì. Spesso mi lascio andare d’istinto, ma ho anche i miei momenti di esitazione. È una parte di me, come credo di molti.
Però credo anche che quando la vita ci mette davanti a un segno — a un bivio, a una possibilità — dovremmo avere il coraggio di seguirlo. Se qualcosa ci chiama, è perché deve accadere.

La tua musica mescola influenze che vanno dalla future house al pop elettronico, ma con una forte identità. Come definiresti oggi il tuo stile e quali artisti senti più vicini alla tua sensibilità sonora?

Ho sempre ammirato i Daft Punk: per me sono e restano un punto di riferimento assoluto. Hanno saputo fondere generi diversi mantenendo un’identità unica e riconoscibile, e questo è ciò che cerco anch’io.
Non voglio chiudermi in un solo stile o schema. Mi piace sperimentare, cambiare, ma senza perdere la mia impronta. Ogni traccia deve suonare diversa, ma “mia”.

Nei tuoi brani c’è spesso una ricerca di connessione – con sé stessi, con gli altri, con la musica. È questo il filo conduttore del tuo percorso artistico?

Sì, è proprio questo il cuore di tutto.
Viviamo in un mondo iperconnesso digitalmente, ma spesso disconnesso emotivamente. Io credo che la prima connessione importante sia quella con noi stessi: se non stiamo bene dentro, non possiamo esserlo con gli altri. La mia musica nasce da questa idea: creare un ponte tra le persone, tra le emozioni, tra chi ascolta e chi produce.

C’è un verso che torna come un mantra: “Baby, don’t you wanna give me a sign?” - che cosa rappresenta per te questa domanda?

È una frase aperta, che ognuno può interpretare a modo suo.
Può essere una richiesta d’amore, un invito a farsi capire, o un dialogo con sé stessi quando si cerca una direzione. A volte i segni ci sono, ma non li vediamo; altre volte dobbiamo solo chiederli più forte. È un modo per dire: parlami, mostrami qualcosa, dammi un segnale che mi aiuti a capire.

BIO

Kami è il progetto musicale del produttore e storyteller Andrea Bonsanto. Dopo una lunga esperienza nel mondo del clubbing e della musica elettronica Kami nasce come progetto solista per dare voce a un suono personale, dove il beat diventa racconto e la melodia si intreccia con emozioni autentiche.

Con influenze che spaziano dalla dance europea al pop elettronico contemporaneo, Kami fonde elementi club, synth emotivi e testi che esplorano il lato più umano delle relazioni. 

Il primo singolo in radio dal 19 settembre 2025 è “Talk it out” feat. Ethan, seguito il 7 novembre da “Sign” feat. Austin.

Fattitaliani

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