SIMONE SELLO, “Grey Horse’s Standpoint” il nuovo singolo. L'intervista

Intervista a cura di Domenico Carriero.

Il nuovo singolo di Simone Sello, “Grey Horse’s Standpoint” fonde fischio, chitarra slide e canto lirico in un’atmosfera meditativa ispirata ai Western. Il videoclip, ambientato in un deserto surreale con cavalli e astronavi, riflette sul rapporto tra natura e tecnologia. Il brano rappresenta la visione europea dell’artista su paesaggi americani. Sello, chitarrista e produttore italiano residente negli USA, mira a consolidarsi nel panorama internazionale della musica sperimentale e cinematografica.

Simone, come è nata l’idea di sostituire il Theremin con il fischio di Alex Alessandroni Jr e cosa ha rappresentato questo cambiamento per l’atmosfera del brano?

In origine avevo immaginato una linea di Theremin, per la sua capacità di evocare un senso di sospensione quasi “extraterrestre”. Ma poi mi è venuto spontaneo pensare al fischio morriconiano, e subito ho pensato ad Alessandro Alessandroni Jr, che di quel linguaggio è l’erede naturale.

Il fischio introduce un elemento più umano, più respirato — mantiene la dimensione surreale, ma la riporta sulla Terra. È diventato il punto d’incontro tra il cielo e la polvere, tra il West e la fantascienza. Ha trasformato il brano in qualcosa di più emotivo e allo stesso tempo cinematografico.

Il brano evoca paesaggi desertici visti da una prospettiva europea: quali emozioni o riflessioni personali hai voluto trasmettere con questa scelta?

Mi interessa molto la visione “da esterno” dell’Occidente. Il mio sguardo europeo non è nostalgico ma analitico: il deserto per me è uno spazio mentale, non solo geografico.

È un luogo dove le culture si svuotano e si osservano. Volevo che Grey Horse’s Standpoint raccontasse proprio questo: la calma prima del movimento, la capacità di fermarsi e osservare ciò che ci circonda senza giudizio.

All’inizio è un invito a rallentare, a lasciare che il paesaggio interiore emerga insieme a quello sonoro. Ma poi ad agire, come fa coraggiosamente il cavallo grigio nel videoclip.

Nel videoclip, il cavallo grigio prende il controllo di un’astronave: qual è il messaggio dietro questa fusione tra natura e tecnologia?

Il cavallo rappresenta l’istinto primordiale, l’energia pura. L’astronave è la costruzione — in questo caso di un’intelligenza aliena, forse superiore. Quando il cavallo prende il controllo, significa che l’istinto si riappropria della guida.

È una metafora della condizione umana: spesso ci spingiamo al punto da dimenticare chi siamo, e forse è il momento di tornare a un equilibrio più organico tra naturale e artificiale.

Nel videoclip c’è ironia, ma anche un messaggio spirituale: la natura non scompare — si evolve, si adatta, e alla fine riconquista la direzione del viaggio.

Hai collaborato con diversi artisti e tecnici per questo progetto: come è stato lavorare con Marco Torri e Alessandro Liccardo, e che ruolo hanno avuto nella definizione del sound finale?

Con Marco Torri c’è un’intesa profonda: condividiamo la stessa curiosità per i suoni e per l’arte in generale, anche figurativa. Da lì parte un approccio quasi cinematografico alla produzione. La sua batteria ha dato identità e movimento a diversi brani dell’album.

Alessandro Liccardo, invece, ha aperto le porte della sua nuova etichetta discografica Inner Drive Records, che inauguriamo proprio con Paparazzi, Izakayas and Cowboys. Essendo anche un chitarrista, mi ha aiutato a definire il progetto in modo preciso, senza mai snaturarne la dinamica.

Entrambi hanno contribuito a mantenere l’equilibrio tra organico e sintetico, che è la vera chiave del progetto: una tensione costante tra il reale e il visionario.

In questo periodo di brutture nel mondo, pensi che le atmosfere evocative del tuo ultimo brano possano in qualche modo aiutarci a contrastarle?

Credo che la musica, oggi più che mai, debba offrire spazi di respiro. Non per scappare dalla realtà, ma per osservarla da altre prospettive.

Grey Horse’s Standpoint non è una fuga, ma una sospensione: un momento in cui il tempo si dilata e possiamo riascoltarci dentro.

Le immagini, i suoni e le suggestioni del brano cercano di ricordarci che anche nel rumore collettivo può esistere una forma di silenzio interiore. Ed è da lì che nascono la consapevolezza e, forse, la bellezza.

 


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