di Giovanni Zambito - Figlia di un padre greco e di una madre avellinese, nata a Napoli e cresciuta in Veneto, Penelope Mitsikopoulos incarna sin da subito un intreccio di radici culturali e musicali che hanno alimentato la sua curiosità e la sua apertura verso il mondo. Fin da giovanissima ha scelto con determinazione la strada della musica, un percorso che l’ha condotta dai banchi del liceo classico e del Conservatorio di Vicenza fino ai prestigiosi studi alla Hochschule di Basilea.
Contrabbassista di talento, ha collaborato con alcune delle orchestre e dei direttori più importanti del panorama europeo - da Riccardo Muti a Daniele Gatti, da Fabio Luisi a Daniel Barenboim - vivendo esperienze artistiche intense e formative, tra il Teatro alla Scala e i principali palcoscenici internazionali.
Tra i suoi affetti più cari anche la cugina Elisabetta Veterone, parte della rete familiare che l’ha sempre ammirata nel suo percorso artistico.
Oggi, dopo anni di concerti, tournée e riconoscimenti, insegna al Conservatorio di Alessandria, trasmettendo alle nuove generazioni la passione, il rigore e la profondità artistica che hanno segnato il suo cammino. Con Fattitaliani Penelope Mitsikopoulos ripercorre la sua storia musicale, tra origini familiari, palcoscenici prestigiosi e nuove sfide educative. L'intervista.
Papà greco, mamma di Avellino, nata a Napoli e trasferita nel Veneto da bambina: come ha influito questo intreccio di radici culturali sul suo percorso umano e musicale?
Credo che le mie origini abbiano avuto un’influenza forte, ma in modo molto naturale. I miei genitori sono persone molto aperte e ci hanno trasmesso curiosità, rispetto e ricettività al di là delle origini. Ho sempre viaggiato molto, un linguaggio universale come la musica si adatta perfettamente alla mia storia, tutto quello che ho visto e vissuto è diventato parte di me.
Da piccola ha partecipato alle selezioni per allo Zecchino d’Oro: che ricordo conserva di quella prima esperienza sul palcoscenico?
Ricordo pochissimo, mi è rimasto invece molto impresso il ricordo della mia famiglia che mi aspettava a fine esibizione: un sostegno semplice ma fondamentale.
Il suo percorso musicale è iniziato molto presto, tra liceo classico e conservatorio a Vicenza. Che ricordi ha di quegli anni di formazione?
Già da giovanissima ero convinta che la mia strada fosse la musica. Frequentavo il liceo classico, ma dedicavo molto tempo allo studio dello strumento, verso il quale nutrivo una passione ed una curiosità estreme. Ho avuto la fortuna di avere accanto una famiglia e degli insegnanti che mi hanno sostenuto molto, mi hanno incoraggiato e mi hanno dato fiducia. Questo mi ha aiutato a seguire il mio percorso senza esitazione, con serenità e determinazione.
Ha poi perfezionato i suoi studi in Svizzera e ha vinto numerosi concorsi. Quanto è stato importante il rigore dello studio nella sua crescita come musicista?
Prima di andare in Svizzera ho avuto la fortuna di studiare in Italia con Ubaldo Fioravanti, un insegnante straordinario, molto attento alla precisione tecnica ma anche capace di lasciare spazio alla natura espressiva di ognuno. Il rigore, quindi, ha sempre fatto parte del mio percorso. All’Hochschüle di Basilea ho ritrovato la stessa serietà, lo stesso senso di responsabilità verso la musica. Lì ho potuto consolidare il mio metodo di lavoro, che è diventato sempre più focalizzato, e le selezioni alle quali ho partecipato sono state un modo per verificare la mia preparazione, per mettermi alla prova e continuare a perfezionarmi.
Ha suonato con alcune delle più importanti orchestre europee e direttori come Muti, Gatti, Luisi, Barenboim… C’è un concerto o un momento che considera particolarmente significativo?
Mi sono rimasti particolarmente impressi gli anni al Teatro alla Scala. È stato un tempo denso di soddisfazioni artistiche e di esperienze di grande prestigio, che ricordo con molta intensità e che mi ha sicuramente segnato. Ogni giorno un direttore importante, programmi impegnativi e di alto livello, così come la compagine artistica in cui ero inserita; un grande repertorio e grandi soddisfazioni.
Dalla Sicilia a Berna, passando per grandi teatri italiani: che cosa ha imparato dal suonare in luoghi e contesti così diversi?
Suonare in teatri diversi e in contesti diversi non ha cambiato il mio modo di lavorare. La musica richiede lo stesso impegno e la stessa concentrazione ovunque: nonostante i contesti anche molto differenti tra loro questo è un mestiere universale. Sicuramente aver vissuto e lavorato in diversi ambienti è stato estremamente arricchente dal punto di vista umano, e ne ho guadagnato una grande flessibilità generale.
Oggi insegna al Conservatorio di Alessandria, dove ha vinto la cattedra, e vive a Parma. Cosa significa per lei trasmettere la sua arte e la sua esperienza alle nuove generazioni di musicisti?
Insegnare al Conservatorio di Alessandria è per me una grande responsabilità e anche una grande soddisfazione. Significa condividere anni di esperienza, trasmettere non solo tecnica, ma anche il rigore, la curiosità e la passione che ho coltivato in tutto il mio percorso. Devo dire che dati i tempi non è un compito facile.
Il Concorso Benzi rappresenta un punto di riferimento storico per il contrabbasso in Italia. Qual è, secondo lei, la sua forza e unicità?
Il Concorso Benzi è l’unico concorso in Italia dedicato ai contrabbassisti studenti o neodiplomati, e questo ne fa un punto di riferimento storico unico nel suo genere per questo strumento. La sua forza sta proprio nel dare a questi giovani musicisti un’occasione concreta per mettersi alla prova, crescere e confrontarsi con standard e giurie di alto livello.
Come docente e musicista, che consiglio darebbe ai giovani talenti che sognano una carriera nella musica classica oggi?Il consiglio principale è di tenere sempre vive passione e costanza. La musica classica richiede uno studio profondo e mirato, ma anche curiosità e apertura: conoscere la propria storia, essere aperti a viaggiare, ascoltare tanta musica e imparare da ogni esperienza. È fondamentale anche lavorare sulla parte psicologica della performance: sul palco siamo come gli sportivi in campo, e saper gestire tensione, ansia e concentrazione fa una grande differenza. Direi infine di non avere fretta: una carriera si costruisce nel tempo con impegno, disciplina e pazienza, senza mai scoraggiarsi.
Se dovesse riassumere la sua vita musicale con una sola immagine, quale sceglierebbe?Una piccola fiamma. Brucia, cambia di intensità, ma non si spegne.