Piuma: “6 di agosto”, la bellezza di perdersi per ritrovarsi. L'intervista

Con “6 di agosto”, Piuma firma uno dei brani più intensi e maturi del suo percorso: un piccolo manifesto di vulnerabilità che mescola leggerezza e malinconia, poesia e quotidianità. Nel suo indie pop dal tono limpido e malinconico convivono luce e buio, ironia e introspezione, come in quelle giornate d’estate in cui il sole sembra non voler tramontare ma dentro di noi si fa sera.

Il brano nasce dal bisogno di accettare la perdita — non come sconfitta, ma come occasione di rinascita. “Perdere è importante”, racconta l’artista, perché solo nel confronto con le proprie fragilità si riscopre la parte più autentica di sé. “6 di agosto” è dunque una canzone che parla di resa, ma anche di liberazione, di quel momento in cui smetti di forzare le cose e impari a lasciarle andare.

Con sincerità e una sottile ironia, Piuma riflette su quanto la società tenda ancora a nascondere la vulnerabilità, mentre proprio da essa nasce la possibilità di creare empatia e verità. Un brano che non cerca la perfezione, ma la presenza; che trasforma la perdita in gratitudine e la fragilità in forza.

 

Hai detto che perdere è importante: in che modo questa idea può parlare non solo di musica ma anche della vita di tutti i giorni?

Credo che nella vita, come nella musica, non si possa sempre vincere. Le sconfitte ci costringono a guardarci dentro, a capire chi siamo davvero. Perdere ti rimette a fuoco, ti restituisce una dimensione umana. È un modo per restare autentici, per non smettere di imparare.

Pensi che la cultura italiana abbia ancora difficoltà ad accettare la fragilità?

Sì, penso di sì. Viviamo in una società che premia la performance e nasconde la vulnerabilità. Ma la fragilità è una forza, è la parte più vera di noi. Nella mia musica cerco di raccontarla senza paura, con ironia e sincerità, perché è lì che si crea empatia con chi ascolta.

“6 di agosto” sembra dire che la resa è anche liberazione: è un messaggio rivolto più a te stesso o agli altri?

È un messaggio che prima di tutto ho rivolto a me stesso. Scriverlo è stato un modo per accettare qualcosa che non potevo cambiare. Ma poi ho capito che poteva parlare anche agli altri: a chi si sente stanco, deluso o semplicemente umano.

Qual è la più grande lezione che hai imparato proprio da un fallimento?

Che non serve sempre capire tutto. A volte la lezione è nel lasciare andare. Quando smetti di combattere contro ciò che non puoi controllare, arriva una leggerezza nuova. È quello che ho cercato di raccontare in “6 di agosto”.

Se potessi trasformare la parola “perdita” in una canzone intera, come la racconteresti?

La racconterei come un ritorno. Perché ogni perdita ti fa tornare a te stesso. Non sarebbe una canzone triste, ma piena di gratitudine per quello che è stato e per ciò che, proprio grazie a quella mancanza, può ancora nascere.


Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top