L’ascesa dell’ultradestra: Farage e il rischio di una Gran Bretagna in bilico

 

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"La politica non è solo potere, ma anche responsabilità verso chi ti ha eletto." Tony Blair

Con preoccupazione, osserviamo come le destre crescono ovunque, e la Gran Bretagna sembra oggi uno degli esempi più lampanti di questa tendenza. La recente conferenza del partito Reform UK, guidato dall’ex paladino della Brexit Nigel Farage, ha mostrato al mondo un fenomeno politico inquietante: un partito nato come marginale, con pochi deputati e limitata presenza locale, ora appare pronto a contendere seriamente il governo della nazione, approfittando della debolezza dei due storici blocchi politici, Laburisti e Conservatori.

Il contesto politico britannico degli ultimi mesi è stato segnato da una sequenza di crisi senza precedenti. Il governo laburista, guidato da Keir Starmer, ha visto diminuire drasticamente la fiducia pubblica, penalizzato da un’economia stagnante, dall’insicurezza percepita riguardo alla gestione dei flussi migratori e dagli scandali interni, culminati con le dimissioni della sua vice, Angela Rayner, travolta da accuse di evasione fiscale. Parallelamente, il partito conservatore sembra incapace di reagire alla perdita di consensi, con la recente defezione della figura di spicco Nadine Dorries, alleata storica di Boris Johnson, passata tra le fila di Farage, dichiarando che “il partito conservatore è morto”.

In questo vuoto politicoReform UK emerge come nuova forza patriottica e nazionalista, cavalcando sentimenti di insoddisfazione popolare e promuovendo un programma estremamente duro contro l’immigrazione. Farage, durante il suo discorso alla conferenza di Birmingham, ha esibito cifre impressionanti: da 30mila iscritti paganti nel 2024 a 240mila nell’ultimo anno, e un’espansione dei consiglieri locali da poche decine a oltre 900. Il messaggio è chiaro: il partito è pronto a diventare protagonista delle future elezioni, anche se i sondaggi ufficiali mostrano un consenso del 32%, ancora sotto la maggioranza necessaria per governare da solo.

Il carisma e la retorica di Farage si combinano con una strategia politica ben definita: sfruttare il malcontento economico e sociale, demonizzare l’immigrazione e proporre soluzioni drastiche, come la sospensione della Convenzione europea per i diritti umani e i rimpatri di massa. Il leader populista promette di fermare i flussi migratori sulle coste britanniche in sole due settimane e di ridisegnare completamente la politica energetica, abbandonando gli impegni sul Net Zero e puntando su gas e petrolio locali, cavalcando il nazionalismo economico.

Il fenomeno britannico non è un caso isolato. In Europa e nel mondo, assistiamo a una crescita costante delle forze di destra radicale, spesso populiste, che prosperano in contesti di crisi sociale ed economica. La strategia di Farage segue schemi già osservati in altri Paesi: enfatizzazione di temi emotivi come sicurezza e identità nazionale, attacco ai media tradizionali e alle istituzioni democratiche considerate “corrotte”, e costruzione di una narrazione di vittimismo nazionale, secondo cui la nazione sarebbe minacciata da forze esterne, migranti o élite globali.

La presenza e il sostegno di figure internazionali come Donald Trump contribuiscono a legittimare e rafforzare l’immagine di Farage, trasformando il partito in un laboratorio di populismo internazionale. Le alleanze con investitori privati e sostenitori del mondo delle criptovalute, come Zia Yusuf, mostrano come l’ultradestra stia costruendo un’infrastruttura politica e finanziaria moderna, pronta a sfruttare tutte le leve del potere, compresi i social media e le piattaforme digitali, per amplificare il proprio messaggio.

Questa situazione solleva una domanda cruciale: quali conseguenze potrebbe avere un’eventuale vittoria di Reform UK? Il rischio non è solo politico, ma anche sociale e istituzionale. L’implementazione di politiche migratorie estreme, l’indebolimento dei diritti civili e la polarizzazione crescente della società potrebbero trasformare il Regno Unito in un laboratorio per esperimenti politici che, se estesi ad altri Paesi, rappresenterebbero una minaccia per la stabilità democratica europea.

Il contesto britannico ci insegna anche quanto la fiducia nelle istituzioni sia fragile. La crisi dei due principali partiti tradizionali, incapaci di rispondere alle esigenze della popolazione e di mantenere la coerenza morale e politica, apre varchi che forze populiste e nazionaliste possono sfruttare rapidamente. Questo fenomeno non si limita alla Gran Bretagna: Francia, Italia, Germania e altri Stati europei mostrano segnali simili, con partiti di destra radicale che guadagnano consenso in periodi di crisi economica, immigrazione massiccia o percezione di insicurezza nazionale.

Un elemento preoccupante di questa dinamica è la rapidità con cui un partito può trasformarsi da realtà marginale a protagonista nazionale. Nel caso di Reform UK, il passaggio da 4 deputati a potenziale forza di governo nel giro di pochi anni indica una capacità di mobilitazione sociale impressionante, basata sulla comunicazione diretta, emotiva e divisiva. Farage ha saputo leggere il malcontento, incanalarlo in un progetto politico coerente e presentarsi come alternativa credibile, pur con un programma radicale.

La capacità dei leader tradizionali di contenere o contrastare l’ascesa di queste forze appare limitata. I governi laburisti o conservatori, già fragili, rischiano di essere travolti da un’onda populista, incapaci di reagire efficacemente alle narrative semplificate che il nuovo partito propone. La politica britannica, storicamente basata su equilibrio e moderazione, si trova così a fronteggiare un vero e proprio cambiamento strutturale, in cui i principi consolidati di rappresentanza democratica vengono messi alla prova da una destra organizzata, aggressiva e in rapida crescita.

La lezione più ampia che emerge da questa vicenda è la necessità di vigilanza politica e civica. L’erosione della fiducia nelle istituzioni, la crisi economica e sociale e la polarizzazione possono creare terreno fertile per movimenti estremisti. La risposta non può essere solo elettorale, ma richiede un coinvolgimento attivo della società civile, dell’informazione e delle istituzioni educative, affinché i cittadini comprendano le implicazioni delle scelte politiche e siano in grado di difendere valori democratici fondamentali.

Infine, è essenziale non sottovalutare l’effetto domino di questa ascesa ultradestra. L’influenza britannica, se tradotta in successi elettorali concreti, potrebbe legittimare e incoraggiare movimenti simili altrove, contribuendo a un’ondata di populismo radicale su scala europea e globale. La sfida per le democrazie occidentali consiste nel trovare un equilibrio tra ascolto del malcontento sociale e difesa dei diritti fondamentali, evitando che l’onda populista trasformi il sistema politico in un terreno di conflitto permanente.

In conclusione, la crescita di Reform UK guidata da Nigel Farage rappresenta un segnale di allarme. La Gran Bretagna, e con essa l’Europa, è di fronte a una sfida senza precedenti: la capacità di contenere la destra radicale senza compromettere i principi democratici e la coesione sociale. La storia insegna che il populismo prospera laddove c’è crisi, e oggi più che mai la vigilanza politica e culturale diventa essenziale. Le destre crescono ovunque, e con esse le tensioni sociali e istituzionali che richiedono risposte immediate e consapevoli.

Carlo Di Stanislao

Fattitaliani

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