Perché scrivo oggi questo articolo
Scrivo oggi su l’arroganza del potere perché non possiamo ignorare i segnali dei tempi in cui viviamo. Viviamo in un’epoca in cui la politica, l’economia e la tecnologia mostrano ogni giorno come il potere, se non controllato, possa trasformarsi in abuso. Non si tratta solo di eventi lontani nel tempo: l’influenza dei grandi gruppi economici, il peso dei monopoli digitali, le scelte di leader e imprenditori come Fiat e Carlo Toto incidono concretamente sulla vita quotidiana di milioni di persone.
Scrivere oggi significa fermare un attimo la storia e riflettere, collegando passato e presente. Vuol dire mostrare che la tracotanza di ieri ha forme nuove oggi, spesso più sottili e invisibili, ma non meno pericolose. È un invito alla consapevolezza: conoscere, comprendere e analizzare il potere è il primo passo per proteggerci dall’arroganza che può minare libertà, equità e trasparenza.
Questo articolo vuole essere un monito e uno strumento di riflessione, un’occasione per capire che il potere non è neutro e che il suo uso responsabile dipende tanto da chi governa quanto da chi osserva, giudica e partecipa. Scrivere oggi significa ricordare che la storia è piena di esempi di eccessi, ma anche che la società può reagire, limitare gli abusi e trasformare il comando in servizio.
Un fenomeno antico ma sempre attuale
L’arroganza del potere attraversa la storia umana come un filo rosso invisibile, presente in ogni epoca e in ogni società. Ogni volta che un individuo o un gruppo acquisisce autorità, nasce la tentazione di trasformare quella responsabilità in privilegio. La storia mostra come il potere raramente venga esercitato con equilibrio; più spesso si manifesta come abuso, imposizione e sopraffazione.
Il concetto di hybris, così caro ai Greci, rappresenta l’eccesso di chi, accecato dal proprio potere, si crede superiore alle leggi, agli altri e persino al destino. Le tragedie di Eschilo e Sofocle raccontano personaggi che, per superbia, ignorano i limiti imposti dalla realtà, con conseguenze tragiche. Da allora nulla è cambiato: l’arroganza continua a manifestarsi nelle forme più diverse, dalla politica all’economia, dalla società civile alla cultura popolare.
L’antica Roma ci offre esempi clamorosi: Caligola, che nominava senatori i suoi cavalli; Nerone (immagine da Wikipedia Commons), che incendiava Roma pur di modellare la storia secondo il proprio volere; Domiziano, che perseguitava chiunque osasse criticarlo. Uomini convinti che l’Impero fosse un’estensione del loro ego, convinti di potersi collocare al di sopra di tutto e tutti.
Il ventesimo secolo: l’apice dell’arroganza
Il Novecento ha portato all’estremo l’arroganza del potere. Mussolini, Hitler, Stalin, Franco e Mao sono figure emblematiche della capacità di un singolo uomo di piegare popoli interi al proprio volere. In tutti questi casi, la volontà del capo coincideva con il destino della nazione, e chiunque dissentisse era considerato nemico.
Un esempio minore, ma rivelatore, riguarda lo sport. Nel 1934, durante i Mondiali di calcio in Italia, il regime fascista non poteva accettare la sconfitta della nazionale. Secondo diverse testimonianze, Mussolini intervenne direttamente, condizionando arbitri e avversari. Il portiere spagnolo Ricardo Zamora, escluso dalla partita più importante, diventa simbolo di come anche il calcio fosse piegato alla volontà del potere.
Hitler, d’altro canto, trasformò le Olimpiadi del 1936 in una gigantesca macchina di propaganda, convinto che il successo tedesco avrebbe dimostrato la supremazia ariana. La storica impresa di Jesse Owens, vincitore di quattro ori olimpici, dimostrò che la realtà spesso smentisce l’arroganza dei potenti, ma non senza costi politici e psicologici per chi osa sfidarla.
Questi episodi dimostrano una verità: chi detiene potere tende a ignorare limiti, regole e verità, convinto che la propria volontà possa riscrivere la realtà.
L’arroganza oggi: nuovi volti, stesse dinamiche
Molti credono che l’arroganza del potere sia un problema del passato. In realtà, si manifesta in forme più sottili ma altrettanto pericolose.
Autoritarismo elettorale e geopolitica
Leader moderni come Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu mostrano come il potere contemporaneo possa trasformarsi in coercizione e controllo totale su informazione, opinione pubblica e opposizione politica. Netanyahu, con le sue mosse politiche e legislative, evidenzia come il comando prolungato possa consolidare influenza personale e di partito, spesso sfidando principi democratici e pluralismo. Queste dinamiche internazionali ci insegnano che anche sistemi apparentemente democratici possono cedere a tentazioni autoritarie, con conseguenze sia interne che globali.
L’arroganza economica e imprenditoriale: Fiat e Carlo Toto
Il potere economico non è meno pericoloso. Le grandi aziende possono influenzare politica, lavoro e vita dei cittadini. In Italia, la Fiat di Giovanni Agnelli ha rappresentato per decenni un esempio emblematico di come un colosso industriale possa condizionare governi, mercato del lavoro e politiche industriali.
Accanto a Fiat, un esempio contemporaneo è Carlo Toto, imprenditore di Pescara, attivo in settori strategici come le concessioni autostradali e il settore aereo con Air One. Nonostante il successo iniziale, i figli di Carlo Toto hanno affrontato il fallimento di alcune attività, ma sono riusciti comunque a farsi eleggere deputati, evidenziando come il potere economico si leghi a quello politico. La vicinanza e l’imparentamento con figure politiche come Luciano D’Alfonso mostrano come i legami familiari e politici possano consolidare influenza e privilegi.
Scandali politici regionali: il caso Chiodi
Anche la gestione delle risorse pubbliche può diventare terreno di arroganza. In Abruzzo, il Governatore Chiodi è stato coinvolto in polemiche per l’uso della carta di credito della Regione per pagare soggiorni in alberghi con l’amante, mostrando come la gestione del potere pubblico possa facilmente degenerare in abuso personale.
L’arroganza tecnologica
Oggi i colossi digitali esercitano un potere invisibile ma reale. Google, Amazon, Meta controllano informazioni, mercati e comunicazioni globali. Attraverso algoritmi e strategie di mercato, queste aziende possono influenzare opinioni, elezioni e comportamenti senza che l’utente medio se ne accorga.
Conseguenze sociali dell’arroganza
- Erosione della fiducia: cittadini disillusi dalle istituzioni o dalle aziende smettono di credere nel sistema.
- Corruzione sistemica: il confine tra interesse privato e pubblico si sfuma, premiando favoritismi e legami personali.
- Clima di paura e intimidazione: dove l’arroganza prevale, dissenso e critica diventano rischiosi.
- Disuguaglianza crescente: le élite economiche e politiche accumulano risorse e potere, mentre la maggioranza ne è esclusa.
La psicologia del potere arrogante
Chi detiene potere a lungo tende a perdere empatia, sopravvalutare le proprie capacità e sottovalutare rischi. Gli studi sul cosiddetto effetto hybris dimostrano che l’autorità prolungata può alterare percezione, giudizio e responsabilità morale. Manager, leader politici o imprenditori possono così trasformarsi inconsapevolmente in despoti, ignorando conseguenze e limiti.
Resistere all’arroganza
La storia insegna che nessun potere arrogante è eterno. Vaclav Havel, Nelson Mandela e le Primavere arabe dimostrano che la resistenza civile può sconfiggere anche apparati potenti e radicati. Oggi, la resistenza assume forme nuove: giornalismo indipendente, attivismo digitale e movimenti civili sfidano l’arroganza economica e politica, reclamando trasparenza e responsabilità.
Conclusione
L’arroganza del potere resta una tentazione costante, ma la difesa dalle sue derive non è solo responsabilità delle istituzioni: dipende anche dai cittadini. Chi detiene autorità deve ricordare che la propria legittimazione deriva dal servizio agli altri e dal rispetto delle regole. Fiat, Carlo Toto, Air One, Netanyahu, le vicende familiari dei Toto e scandali come quello del Governatore Chiodi mostrano concretamente come potere economico e politico possano degenerare in abuso personale e collettivo.
La storia è chiara: il potere senza limiti è destinato a trasformarsi in abuso, mentre il potere con responsabilità e controllo reciproco può diventare forza positiva e duratura per la società.
Carlo Di Stanislao