Intervista
di Marialuisa Roscino
Dopo
un incidente stradale, spesso l’attenzione si concentra sui danni fisici, ma è
fondamentale non trascurare le conseguenze psicologiche. Un incidente, anche se
di lieve entità, può innescare un trauma psicologico che si manifesta con
sintomi come ansia, stress e attacchi di panico. Riconoscere l’importanza di
affrontare questi traumi è il primo passo per una ripresa completa, sia fisica,
che mentale. Di questo e molto altro ancora, ne parliamo oggi con Adelia
Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica
Italiana
Lucattini: “Gli incidenti stradali causano ferite psichiche profonde e incidenti troppo spesso trascurate. Necessaria diagnosi precoce e tempestivi interventi di supporto e benessere psicologico”.
Dott.ssa Lucattini, quali sono le cause principali degli incidenti stradali in Italia?
Gli incidenti sulle strade rappresentano ancora oggi la prima
causa di morte negli adolescenti dai 15 anni in su e negli adulti sotto i 40
anni, e sono responsabili di oltre la metà dei casi di paralisi
post-traumatica.
Nel 2024 in Italia si sono registrati 173.364 incidenti con
feriti, che hanno provocato 3.030 vittime e oltre 233.000 feriti. Il tasso di
mortalità è rimasto sostanzialmente stabile (51,4 morti per milione di
abitanti), ma il costo sociale di questi eventi è enorme: 18 miliardi di euro,
che salgono a 22,6 miliardi se si considerano anche i danni materiali.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità e i dati ISTAT, le cause
principali cambiano anche in base all’età degli automobilisti, la grande
maggioranza degli incidenti gravi e mortali dipende da comportamenti scorretti:
eccesso di velocità, guida distratta e pericolosa (spesso per uso del
cellulare), mancato rispetto della precedenza o della distanza di sicurezza, ma
anche dall’assunzione di alcol e sostanze stupefacenti.
Un segnale positivo arriva dal 2025, grazie al nuovo Codice della Strada, nei primi tre mesi dell’anno gli incidenti sono calati del 5,5%, i feriti dell’8,8% e le vittime addirittura del 20,4% rispetto allo stesso periodo del 2024, pari a 61 vite salvate.
I dati ci dicono che le fasce d’età più a rischio riguardano in particolare i giovani e gli adolescenti. Quali possono essere i fattori scatenanti?
Negli adolescenti e nei giovani i comportamenti a rischio come la
guida spericolata, l’uso eccessivo di alcol o sostanze, oppure attività estreme
senza adeguate misure di sicurezza, possono essere letti come una sorta di
sfida alla morte. Non si tratta quasi mai di un desiderio consapevole di
morire: spesso i ragazzi non hanno piena consapevolezza dell’ideazione
suicidaria e, per una sorta di negazione inconscia, mettono in atto condotte
impulsive e pericolose. In questi comportamenti è ricercato un “brivido
antidepressivo”: un’eccitazione che momentaneamente allevia la sofferenza
interiore.
La letteratura scientifica recente conferma questa
interpretazione. Uno studio pubblicato sul Journal of Affective Disorders (2025)
ha dimostrato che tra gli adolescenti esiste una correlazione significativa tra
ideazione suicidaria e comportamenti di guida rischiosa, con un aumento del
rischio di incidenti gravi.
Anche l’abuso di alcol e sostanze si lega a questo meccanismo: una
revisione apparsa sul Journal of Clinical Medicine (2025) ha evidenziato
come l’uso di droghe illecite nei giovani sia fortemente associato sia a
comportamenti autolesivi indiretti, sia a episodi di overdose non intenzionale.
Le neuroscienze spiegano in parte questa vulnerabilità: una ricerca pubblicata su Neuropsychopharmacology (2025) ha mostrato che, durante l’adolescenza, le aree cerebrali deputate al controllo degli impulsi maturano più lentamente rispetto a quelle coinvolte nella ricerca di sensazioni ed emozioni forti. Questo squilibrio favorisce la propensione ai comportamenti spericolati e aumenta il rischio di incidenti.
Si parla spesso delle conseguenze fisiche, ma poco dei traumi psicologici che subisce chi è vittima di incidente e che può riguardare anche le stesse persone ad essa, vicine, perché è bene, invece, non sottovalutarli?
Quando si parla di incidenti stradali, ci si concentra molto sulle
conseguenze fisiche, ma meno su quelle psicologiche, che possono essere
altrettanto gravi. Chi sopravvive a un incidente può sperimentare, sul momento,
fenomeni dissociativi: la depersonalizzazione, cioè la sensazione di essere
scollegati dal proprio corpo e di osservarsi dall’esterno, e la
derealizzazione, cioè la percezione dell’ambiente circostante come irreale,
quasi fosse un film.
Gli incidenti stradali rappresentano la ferita profonda e
invisibile troppo spesso trascurata. Necessaria diagnosi precoce e tempestivi
interventi di supporto e benessere
psicologico.
Numerose ricerche confermano che questi stati possono
rappresentare il preludio a disturbi più complessi. Uno studio pubblicato sul Journal
of Traumatic Stress (2025) ha mostrato che fino al 45% dei sopravvissuti a
incidenti stradali sviluppa un Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) entro
sei settimane, con sintomi che possono durare anche tre anni, spesso
accompagnati da ansia e depressione.
Un altro studio su Psychological Medicine ha evidenziato
che la dissociazione peri-traumatica e persistente, quindi la presenza continua
di depersonalizzazione e derealizzazione, è uno dei principali predittori della
cronicizzazione del PTSD.
Inoltre, una ricerca pubblicata su Frontiers in Psychiatry (2022) ha sottolineato che i disturbi dissociativi legati al trauma sono più diffusi di altri disturbi psichiatrici comuni come il disturbo bipolare o ossessivo-compulsivo, ma spesso rimangono sottodiagnosticati per anni, ritardando l’accesso alle cure appropriate.
Ritiene, che anche chi assiste ad un incidente, quindi senza esserne coinvolto direttamente, possa avere importanti conseguenze sul piano psicologico ed emotivo?
Anche chi assiste a un incidente senza esserne direttamente
coinvolto può riportare conseguenze psicologiche importanti. Si parla in questo
caso di “trauma del testimone”, un fenomeno studiato dalla psicoanalisi
dell’emergenza, che ha sviluppato negli anni interventi mirati proprio per
sostenere chi si trova esposto a eventi traumatici in prima persona o come
spettatore.
Assistere a un incidente stradale può provocare un forte shock: la
vista delle auto distrutte, delle lamiere contorte, delle persone ferite
adagiate sull’asfalto o intrappolate, l’arrivo delle ambulanze e dei soccorsi,
tutti questi elementi evocano angosce profonde di morte e attivano un’allerta
interna che può sfociare in sintomi acuti di ansia e stress.
La letteratura scientifica più recente conferma questo quadro. Una
ricerca pubblicata sul European Journal of Psychotraumatology (2025) ha
mostrato che non solo le vittime dirette, ma anche i testimoni di incidenti
stradali sviluppano con frequenza elevata sintomi di disturbo post-traumatico
da stress (PTSD), in particolare quando assistono a scene di violenza o di
morte.
Analogamente, uno studio sul Frontiers in Public Health (2024) ha evidenziato che i sopravvissuti indiretti, cioè testimoni, familiari e soccorritori, riportano un carico di salute mentale significativo e duraturo, spesso trascurato dai servizi sanitari, con sintomi che vanno dall’ansia alla depressione fino alla dissociazione.
In che modo, secondo Lei, è possibile superare il trauma psicologico?
Gli esiti a distanza sono molto diversi, se il paziente ha perso
conoscenza, se ha avuto traumi fisici importanti ed è stato sottoposto a
interventi chirurgici oppure se ha avuto un piccolo trauma, ma ha dovuto
comunque fare una serie di accertamenti e sottoporsi a cure e riposo forzato. Ci
sono anche i pazienti che non hanno traumi fisici seri, ma un notevole trauma
psicologico. In tutti questi casi, è necessaria l'elaborazione del trauma
attraverso un trattamento psicoterapeutico psicodinamico e psicoanalitico. Ogni
trauma fisico causa sempre un trauma psicologico, poiché ogni ferita nel corpo è
anche una ferita nella mente.
I testimoni, invece, solitamente non necessitano di un trattamento specifico ma persone che per altre ragioni si rivolgono ad uno psicoanalista, non di rado parlano degli incidenti stradali a cui hanno assistito come alcune delle esperienze traumatizzanti vissute.
L’abuso di alcol continua a essere una delle cause principali degli incidenti stradali. Come mai, nonostante i fatti di cronaca, lo evidenzino spesso, molte persone continuano a fare abuso di bevande alcoliche e a guidare in stato di ebbrezza?
Il problema dell’abuso di alcol è molto complesso. Da un lato, c’è
una forte pressione sociale, dall’altro, una percezione distorta degli effetti
dell’alcol, spesso minimizzati o addirittura associati a svago e socialità. A
ciò, si aggiunge una scarsa consapevolezza dei danni fisici e mentali a lungo
termine, nonostante l’informazione pubblica.
La ricerca conferma questo intreccio tra aspetti culturali e
psicologici. Uno studio pubblicato sul Journal of Affective Disorders
(2025) ha mostrato come l’abuso di alcol sia strettamente connesso a
depressione e ansia, sottolineando che in molti casi, il consumo non è solo
ricreativo, ma una forma di automedicazione che finisce però per peggiorare lo
stato depressivo, creando un circolo vizioso.
Inoltre, il consumo di alcol ha un effetto diretto sulla mente e sul cervello: disinibisce, riduce il controllo degli impulsi e altera la capacità di giudizio. Per questo, nonostante i divieti e le campagne di sensibilizzazione, soprattutto i giovani continuano a guidare in stato di ebbrezza. Una ricerca pubblicata su Addiction (2025) ha ribadito con forza che la guida in stato di ebbrezza rimane una delle principali cause di incidenti stradali e di mortalità sotto i quarant’anni, con un rischio significativamente aumentato già a livelli di alcol nel sangue inferiori ai limiti legali.
Quali sono le precauzioni che ogni automobilista può prendere per evitare l’eventuale rischio di incidente? E come è possibile tutelare maggiormente i bambini in macchina?
La sicurezza sulle strade dipende in gran parte dai comportamenti
di ciascun automobilista. Le regole fondamentali possono sembrare banali, ma
fanno davvero la differenza: non usare il cellulare alla guida, rispettare i
limiti di velocità, mantenere la distanza di sicurezza e non mettersi mai al
volante dopo avere bevuto alcol o assunto sostanze che riducono la lucidità.
Anche la stanchezza è un rischio serio: fermarsi quando ci si sente affaticati
è un gesto di responsabilità verso se stessi e gli altri.
Per quanto riguarda i bambini, la tutela deve essere ancora più
rigorosa. È fondamentale usare seggiolini e sistemi di ritenuta omologati,
adeguati al peso e all’età, e verificare sempre che siano installati
correttamente. I bambini non dovrebbero mai viaggiare senza cintura o in
braccio a un adulto, neppure per brevi tragitti. Inoltre, è bene ricordare che
i più piccoli vanno protetti anche dal calore: mai lasciarli soli in auto,
nemmeno per pochi minuti.
La regola d’oro è che la sicurezza nasce dal rispetto delle norme
e dall’attenzione verso i passeggeri più fragili. Come ha sottolineato uno
studio pubblicato su Frontiers in Public Health (2024), la prevenzione
degli incidenti e la protezione dei soggetti vulnerabili come i bambini,
richiedono non solo infrastrutture adeguate, ma soprattutto comportamenti
consapevoli da parte dei guidatori.
Mettersi alla guida in modo responsabile significa non solo ridurre il rischio di incidenti, ma anche prendersi cura della vita degli altri.
Quali consigli si sente di dare ai ragazzi, che spesso sfrecciano con il motorino, non rispettando le norme di sicurezza stradale e a chi sempre più spesso non si ferma più, neanche in vista di pedoni sulle strisce pedonali?
-Rispettare i limiti di velocità. La velocità può dare
un’illusione di potenza, ma in realtà aumenta esponenzialmente il rischio di
incidenti. Guidare piano non significa rinunciare al divertimento, ma
proteggere la propria vita e quella degli altri. La vera libertà è arrivare
sani e salvi;
-Fermarsi sempre davanti ai pedoni. Sulle strisce ogni pedone è
vulnerabile e ha diritto alla priorità. Non fermarsi significa non riconoscere
l’altro come persona, ma come ostacolo. Il rispetto delle regole stradali è un
atto di civiltà e di umanità;
-Mai alcol prima di mettersi alla guida. Alcol e anche altre
sostanze stupefacenti alterano lucidità, riflessi e capacità di giudizio. Chi
guida sotto effetto di queste sostanze non mette a rischio solo se stesso, ma
anche chi incontra sulla strada. Un gesto di leggerezza può avere conseguenze
irreparabili;
-Cercare emozioni in modo sicuro. La voglia di brivido è tipica
dell’età giovanile, ma può essere soddisfatta nello sport, in attività
stimolanti e nell’amore. La strada non è un luogo per provare i propri limiti.
L’adrenalina può essere vissuta in modo sano, senza mettere a repentaglio la
vita;
-Gestire rabbia e impulsività. Molti comportamenti pericolosi
nascono da emozioni mal controllate. Imparare a riconoscere la rabbia e a
trasformarla in energia positiva è un segno di maturità. Lo sfogo non deve
avvenire attraverso il rischio, ma attraverso espressioni creative o fisiche;
-Ricordarsi delle persone care. Ogni volta che si corre un rischio
inutile, non si mette in gioco solo la propria vita. Dietro a un ragazzo che
guida ci sono genitori, amici e affetti che lo aspettano a casa. Pensare a loro
può diventare il freno più potente;
-Partecipare alle giornate sull’educazione stradale organizzate a
scuola, per ricordare sempre che i buoni comportamenti devono sempre
primeggiare sulle cattive abitudini;
-Mai usare lo smartphone alla guida, una minima distrazione può
causare danni irreparabili e traumi psicologici gravi;
-Guardare dentro se
stessi e trovare il coraggio di chiedere aiuto. A volte, dietro i comportamenti
a rischio ci sono disagio, ansia o tristezza che non trovano parole. Guardarsi
dentro con sincerità è il primo passo per riconoscere quello che si prova
davvero. Se la sofferenza diventa troppo pesante, rivolgersi a uno specialista o
ad uno psicoanalista, è un atto di forza e di premura verso se stessi.