Adolescenza e Disturbi dell'immagine corporea negli adolescenti: quando il corpo diventa lo specchio del disagio psicologico. Intervista ad Adelia Lucattini

 


di Marialuisa Roscino

Durante l’adolescenza, la formazione dell’identità personale si intreccia strettamente con l’immagine di sé e il rapporto con il proprio corpo. I mass media e i social network giocano un ruolo cruciale in questo processo, esponendo gli adolescenti a ideali di bellezza spesso irrealistici e standardizzati. L’esposizione a corpi perfetti, levigati, privi di difetti può generare un’eccessiva autocritica. Disregolazione emotiva nei Disturbi dell’Immagine Corporea negli adolescenti, approccio psicoanalitico, possibilità terapeutiche, sono dunque, solo alcuni degli aspetti importanti che abbiamo affrontato oggi in questa intervista con Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell'International Psychoanalytical Association.

Lucattini: “Esperti della Società Italiana di Prevenzione Cardiovascolare affermano da anni che “valorizzare la body positivity e condannare il body shaming è sacrosanto se intesi come ‘inclusività’ e guerra alla discriminazione del ‘diverso’, del non allineato ai canoni estetici mainstream. Ma per nessuna ragione dobbiamo far passare il messaggio che l’obesità vada considerata come una condizione ‘normale’, addirittura alternativa alla magrezza eccessiva o al normopeso”.

Dott.ssa Lucattini, quando si può parlare di disturbi dell’immagine corporea?

I disturbi dell’immagine corporea si manifestano quando un adolescente sviluppa un’attenzione patologica verso il proprio aspetto fisico e inizia a percepire il proprio corpo in maniera distorta. Il caso più emblematico è il Disturbo da Dismorfofobia, ragazzi e ragazze possono arrivare a ossessionarsi per difetti minimi o addirittura inesistenti, che agli occhi degli altri risultano impercettibili. È un disturbo che può comparire a qualsiasi età, ma che trova nell’adolescenza il terreno più fertile. Una recente ricerca pubblicata sul Il Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry (2025) ha stimato che interessa circa l’1% della popolazione giovanile complessiva, con una prevalenza che arriva fino al 1,9% negli adolescenti, evidenziandone anche la forte associazione con altri disturbi psichici e con episodi di autolesionismo. Si tratta di un vero e proprio scollamento tra corpo reale e rappresentazione psichica di sé che può diventare invalidante con isolamento, compromissione del rendimento scolastico o lavorativo.

Quale correlazione esiste, in particolare, tra disturbi dell’immagine corporea e disturbi del comportamento alimentare?

I disturbi del comportamento alimentare sono un altro fronte critico, in cui la distorsione dell’immagine corporea è centrale. Gli adolescenti con anoressia, si percepiscono “grassi” anche quando sono sottopeso, mentre nei casi di bulimia o binge eating può comparire la sensazione opposta, quella di essere “troppo magri” o “sciupati”. Una ricerca italiana pubblicata sull’International Journal of Clinical and Health Psychology (2025) ha evidenziato che la qualità della percezione corporea influenza direttamente la gravità dei sintomi alimentari e il rischio di binge eating.

Che ruolo hanno i social media?

I social media svolgono un ruolo sempre più centrale nella costruzione dell’immagine corporea degli adolescenti. Una ricerca pubblicata sul Journal of Youth and Adolescence (2025) ha dimostrato che le attività online centrate sull’aspetto, come il confronto con i coetanei o la ricerca di like su selfie e foto, alimentano l’insoddisfazione per il proprio corpo. A confermare questa tendenza è uno studio apparso sul Journal of Adolescence (2025), che ha analizzato la relazione tra attenzione auto-focalizzata e sintomi di dismorfofobia, ansia sociale e depressione. I risultati mostrano che l’aumento dell’auto-osservazione, spesso innescato dal confronto costante sui social, intensifica la vulnerabilità psicologica, soprattutto nei periodi di maggiore trasformazione corporea tipici dell’adolescenza. Questo legame è particolarmente forte nelle ragazze, più esposte alla pressione dei canoni estetici online.

Qual è la specificità del trattamento psicoanalitico negli adolescenti con disturbi dell’immagine corporea?

La psicoanalisi, in questo percorso, offre uno spazio unico: permette all’adolescente di entrare in contatto con la propria sofferenza e di esplorare il significato dei sintomi insieme a un adulto che funge da guida. Non si tratta solo di “curare” i sintomi, ma di aiutare il giovane paziente a conoscere il funzionamento della propria mente, riconoscere le proprie emozioni e costruire progressivamente un’immagine di sé più autentica e stabile.

La ricerca conferma l’efficacia di questo approccio, uno studio pubblicato su Research in Child and Adolescent Psychopathology (2025) ha evidenziato come nei ragazzi con dismorfofobia, esperienze precoci traumatiche e difficoltà emotive possano tradursi in distorsioni dell’immagine corporea, indicando la necessità di un trattamento che lavori in profondità sulla regolazione affettiva e sull’identità. Anche un articolo apparso sul Journal of Adolescence (2025) ha mostrato che l’attenzione eccessiva rivolta a sé stessi, spesso alimentata anche dai social, si associa a sintomi di dismorfofobia, ansia sociale e depressione, elementi che la psicoanalisi è in grado di affrontare nella loro radice inconscia, relazionale e identitaria. Il trattamento psicoanalitico si distingue perché non mira soltanto a ridurre i sintomi, ma accompagna l’adolescente in un percorso di maturazione e di costruzione di sé, aiutandolo a trasformare l’immagine corporea da “nemico” a parte integrante e amabile di se stessi.

Perché, secondo Lei,  la definizione dell’immagine corporea può essere un passaggio critico?

Se durante l’adolescenza si verifica una crisi, un breakdown evolutivo, la mente dei ragazzi tende a proiettare sul corpo le proprie fragilità. Il corpo, infatti, è ciò che si vede, ciò che cambia e ciò che si sente più fortemente. Quindi, l’immagine corporea è il luogo privilegiato dove si manifestano ansie, insicurezze e vissuti di inadeguatezza. L’adolescente deve anche affrontare il “lutto dell’infanzia”, vissuta inconsciamente come un’età dell’oro, e separarsi dai genitori per poi poterli ritrovare in modo nuovo, più adulto. Sono passaggi delicati e fondamentali per costruire un’identità autonoma e indipendente. Un recente studio pubblicato su Frontiers in Psychology (2025) ha messo in luce come i cambiamenti corporei tipici della pubertà, sommati alla pressione sociale e mediatica, aumentino il rischio di insoddisfazione per la propria immagine e disturbi correlati. I ricercatori sottolineano l’importanza di interventi clinici precoci e di approcci che integrino la dimensione psicologica con quella relazionale e identitaria.

Che cos’è la body positivity e perché se ne parla tanto?

La body positivity è un movimento sociale che promuove l’accettazione del proprio corpo e di quello degli altri, indipendentemente da peso, forma, colore della pelle, genere o abilità fisiche. L’idea di fondo è che nessuno debba sentirsi giudicato o svalutato per il proprio aspetto fisico, ma che il corpo vada rispettato e accolto nella sua unicità. Le sue radici affondano nei primi movimenti femministi di metà Ottocento: il cosiddetto movimento vittoriano di riforma dell’abbigliamento chiedeva la fine dei corsetti e di altre costrizioni fisiche imposte alle donne per adattarsi all’ideale del “vitino da vespa”. Oggi la body positivity ha ampliato i suoi orizzonti, diventando un fenomeno globale che mira a cambiare la percezione sociale e individuale del corpo.

Per gli adolescenti questo movimento assume un significato specifico poiché la percezione corporea influisce direttamente sul loro benessere psicologico. Una ricerca pubblicata su Body Image (2025) ha confermato che programmi ispirati alla body positivity possono favorire la fiducia in se stessi e il benessere psicologico nei giovani, soprattutto quando integrati in contesti educativi.

La body positivity è a Suo avviso, solo una moda o può rappresentare una risorsa importante per la salute psicologica?

La forza della body positivity sta nella sua capacità di mettere in discussione gli stereotipi estetici che influenzano negativamente l’equilibrio psicologico e il benessere delle persone. Promuovendo inclusività e opponendosi alla stigmatizzazione, il movimento contribuisce a ridurre la pressione sociale e favorisce un atteggiamento più sano verso il proprio corpo. Accogliere aspetti di sé anche non conformi agli ideali di bellezza dominanti, rafforza l’autostima e migliora l’equilibrio psichico. In questo senso, la body positivity agisce anche come fattore di prevenzione rispetto a disturbi come la dismorfofobia o alcune forme di disturbi alimentari, anche innescati da pressioni sociali.

Va chiarito, però, che questo movimento non può sostituirsi a un percorso clinico quando il disagio ha radici profonde nell’inconscio o in presenza di dinamiche familiari complesse. Un recente studio pubblicato sull’International Journal of Eating Disorders (2025) ha confermato che programmi ispirati alla body positivity riducono significativamente l’insoddisfazione corporea negli adolescenti e migliorano la fiducia nelle proprie capacità, suggerendo che interventi basati su questo approccio possano essere efficaci strumenti di prevenzione. Come affermato negli ultimi anni anche dagli esperti della Società Italiana di Prevenzione Cardiovascolare “valorizzare la body positivity e condannare il body shaming è sacrosanto se intesi come ‘inclusività’ e guerra alla discriminazione del ‘diverso’, del non allineato ai canoni estetici mainstream. Ma per nessuna ragione dobbiamo far passare il messaggio che l’obesità vada considerata come una condizione ‘normale’, addirittura alternativa alla magrezza eccessiva o al normopeso”.

Quali sono le differenze di genere nella percezione della body positivity?

La body positivity nasce come movimento inclusivo e si rivolge a tutte le persone, indipendentemente dal genere. Tuttavia, le pressioni sociali e mediatiche non si manifestano allo stesso modo per ragazze e ragazzi. Uno studio pubblicato sul Journal of Youth and Adolescence (2025) ha rilevato che le ragazze tendono a sviluppare maggiore insoddisfazione legata al peso e alle forme corporee, mentre i ragazzi risultano più vulnerabili rispetto agli ideali di muscolarità. Entrambi i generi, però, sono esposti durante l’adolescenza, a una pressione crescente legata all’uso dei social media e al confronto con immagini esteticamente “perfette”.

Per le adolescenti, il modello più frequente di confronto resta quello della magrezza estrema, un ideale apparso negli anni Ottanta e Novanta che trovava in top model anoressiche il simbolo più evidente, e che ancora oggi continua a riproporsi attraverso immagini mediatiche filtrate e ritoccate.

Per gli adolescenti maschi, invece, la pressione è sulla muscolarità e la forza fisica. Le immagini di attori e influencer scolpiti veicolano un ideale altrettanto irraggiungibile, che può condurre a pratiche rischiose come allenamenti eccessivi, diete iperproteiche o, nei casi più estremi, uso improprio di integratori e addirittura sostanze dopanti. In entrambi i casi, il pericolo nasce quando si perde la dimensione finzionale, cinematografica, tipica dei social, e quei modelli diventano parametri realistici e assoluti con cui confrontarsi. Questo fraintendimento può favorire disturbi dell’immagine corporea e disagio psicologico significativo, soprattutto in adolescenza, fase in cui l’identità è in costruzione.

Quali consigli può dare sia ai ragazzi, che ai genitori per riconoscere i disturbi dell’immagine corporea?

-Osservare se aumenta l’ossessione per l’aspetto fisico: passare troppo tempo davanti allo specchio, scattarsi continuamente foto o criticarsi senza tregua, possono essere un segnale d’allarme;

-Notare eventuali cambiamenti nelle abitudini sociali, come il rifiuto di uscire con gli amici, di praticare sport o di partecipare ad attività in cui il corpo è esposto;

-Prestare attenzione all’uso dei social media, soprattutto quando diventa terreno di confronto assillante con influencer e coetanei;

-Riconoscere comportamenti alimentari o sportivi estremi, come digiuni, abbuffate o allenamenti ossessivi;

-Proteggere da episodi di body shaming, online e offline, che possono amplificare la sofferenza e minare l’autostima;

-Promuovere una conoscenza equilibrata della body positivity, utile se intesa come accettazione di sé, ma pericolosa se trasformata in legittimazione di stili di vita non salutari;

-Rivolgersi a specialisti e psicoanalisti ai primi segnali di disagio. Chiedere aiuto non è mai un segno di debolezza, ma un gesto affettuoso verso se stessi e verso i figli. La psicoterapia permette di affrontare difficoltà e malesseri, e favorisce maturazione e crescita personale.


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