“Quel che è insostenibile nell’oggi, diventerà impossibile domani.” Seneca
Introduzione: il tabù infranto
Le parole pronunciate dal Cancelliere tedesco Friedrich Merz ad Osnabrück hanno fatto tremare i muri di Berlino e Bruxelles: “Lo stato sociale come lo conosciamo oggi non è più finanziabile.” Questo non è uno slogan politico leggero, ma una dichiarazione che scuote il cuore dell’identità europea. Una sola frase potente, diretta, dal capo di governo della locomotiva economica europea: un avviso di tagli massicci, di erosione sociale, di resa strategica del welfare.
Il contesto tedesco: difficoltà ma non disastro
Le sfide della Germania sono reali — invecchiamento demografico, spesa sanitaria crescente, pressioni migratorie — ma proclamare il crollo del welfare è una mossa politica con intenti precisi. Con un’economia forte, avanzo commerciale e margini fiscali, la Germania poteva optare per riformare con gradualità e protezione, non per spaccare. Il fatto che Merz abbia scelto la via del dramma ideologico fa capire qual è la direzione: ridurre lo Stato sociale per agevolare i mercati e il capitale.
La retorica del “non c’è alternativa”
Richiama le parole feroci di Thatcher: "There is no alternative." Ma chi decide che il welfare è un peso insostenibile? Qual è il calcolo politico dietro questa narrazione? Agguanta l’ala destra della CDU, rassicura le imprese, e sacrifica i vulnerabili. Un discorso che ingiustamente scambia riforma con smantellamento, e che rischia di far implodere il tessuto civile europeo.
Una Germania meno sociale, un’Europa più fragile
Quando il più solido sistema sociale europeo viene smontato, l’intera Unione trema. Italia, Spagna, Francia — già sotto pressione — potrebbero prendere spunto. Se Berlino si ritira dal patto sociale, l’Europa si indebolisce. E la frattura tra ricchi e poveri si allargherà, consegnando terreno alle populismi.
L’Italia di fronte allo spettro tedesco
Pensioni, fardello scandaloso
L’Italia spende ancora il 16-16,3 % del PIL in pensioni, tra i valori più alti in Europa . Un peso gigantesco per le casse dello Stato, frutto di politiche che hanno protetto pensionati, ma senza creare nuovi strumenti sostenibili per i giovani. E Merz ride: se ne va elogiando la flessibilità delle sue imprese, mentre qui lo Stato regge quel che resta del patto generazionale.
Sanità: sottofinanziata e allo stremo
La spesa sanitaria pubblica italiana è ferma al 6,2 % del PIL, contro una media europea dell’6,8 %: uno scarto che sta affossando il sistema. Medici e infermieri scioperano sempre più spesso per condizioni indecenti e stipendi ridicoli . I cittadini si rivolgono al privato per curarsi, ma non tutti possono permetterselo. Una falla nel sistema che Merz potrebbe cavalcare, solo per peggiorare le cose.
Povertà e disuguaglianze: numeri che gridano vendetta
Il 23,1 % degli italiani (13,5 milioni) è a rischio di povertà o di esclusione sociale, un lieve aumento rispetto al 22,8 % dell’anno precedente . In più, circa 2,7 milioni vivono in deprivazione materiale grave . I redditi nominali delle famiglie crescono (+4,2 %) ma il potere d’acquisto cala (-1,6 %), con il reddito medio a circa €37.500 l’anno .
Caritas batte un altro triste record: quasi il 10 % della popolazione (5,7 milioni) vive in povertà assoluta, e un milione e 295 mila bambini sono poveri . In un decennio, i poveri nelle regioni del Nord sono aumentati del 97 %, mentre quelli in Sud sono cresciuti del 12 %, riducendo il divario regionale .
Impoverimento del lavoro: il “working poor” avanza
Il 10 % dei lavoratori è “working poor”: lavora ma non basta a vivere dignitosamente . Donne, lavoratori precari e stranieri sono i più colpiti. Una spirale di precarietà che il welfare italiano non riesce più a spezzare.
Emigrazione giovanile, un esodo senza ritorno
Nel 2023, 21.000 giovani italiani tra i 25 e i 34 anni sono emigrati, in massa, verso Germania, Regno Unito, Svizzera e Spagna. Un esodo drammatico che prosciuga il futuro del Paese . Se Merz smantella il welfare tedesco, molti italiani non avranno neppure più la possibilità di guardare alla Germania come rifugio: il vuoto sociale e culturale continuerà.
Demografia drammatica: paese che invecchia e muore
Con appena 370.000 nascite nel 2024 e un tasso di fecondità di 1,18 (contro un EU di 1,38), l’Italia è un paese in lento suicidio demografico. Il peso sui conti pubblici esploderà nei prossimi anni, con pensioni e sanità che divoreranno bilanci e debito pubblico, che salirà al 137,6 % del PIL nel 2026 . E tutto questo mentre il welfare arretra.
Il rischio del welfare duale
In un futuro sempre più vicino, il welfare italiano prenderà la forma del privilegio: chi può pagarsi privato, chi no resta fuori. Una sanità a due velocità, pensioni integrative solo per i ricchi, scuole paritarie come unica alternativa. Un sistema sociale in cui assistere diventa un privilegio, non un diritto.
Una società sotto pressione
I giovani non hanno futuro, gli anziani vivono con pensioni da fame, famiglie ed educazione sotto assedio. Tagliare il welfare significa scavare un solco tra cittadini: qui e là, sani e poveri, inclusi e ignorati. Merz lo sa: attacca dove fa più male, smantella la rete di protezione. Qui in Italia, siamo già troppo oltre.
Conclusione: la battaglia che ci attende
Il welfare non è una voce di spesa, è un patto morale: lo Stato promette diritti, protezione, uguaglianza. Merz sta proclamando la fine di quel patto. Ma in Italia, già ferita, una svolta simile diventerebbe catastrofe. Per questo dobbiamo reagire: con mobilitazione, con cultura, con politica. Difendere quel poco che resta, per non far precipitare il Paese nella barbarie dell’indifferenza.
Se il welfare diventa “insostenibile”, allora la democrazia italiana — ed europea — rischia di diventarlo davvero.
Carlo Di Stanislao
Foto da Wikipedia by_Sandro_Halank