Terence Stamp, l’eleganza inquieta del cinema

 


"Un attore non interpreta un ruolo: lo abita."  Terence Stamp

Se n’è andato in silenzio, con la discrezione che accompagna i veri grandi. Terence Stamp, attore inglese dallo sguardo magnetico e dal fascino senza tempo, aveva 87 anni.

Con lui scompare non solo un interprete straordinario, ma un simbolo di una generazione. Negli anni Sessanta incarnò la bellezza misteriosa e ribelle di un’epoca che voleva cambiare il mondo. Quegli occhi azzurri, quasi di ghiaccio, erano in grado di raccontare da soli un destino. «Era capace di illuminare lo schermo anche solo restando immobile», ricordò Joseph Losey, che lo volle al fianco di Monica Vitti in Modesty Blaise (1966).

Nato a Londra il 22 luglio 1938, figlio di un marinaio, Stamp scoprì il teatro quasi per caso, fino a debuttare con Billy Budd (1962) di Peter Ustinov, tratto dal romanzo di Melville: subito una nomination all’Oscar e la consacrazione internazionale. Poi arrivarono i grandi anni: Il collezionista (1965) di William Wyler, dove la sua inquietudine gelida divenne leggenda; Via dalla pazza folla (1967) di John Schlesinger, che lo consacrò interprete moderno e tormentato; Modesty Blaise (1966) con Losey, che ne esaltò la versatilità.

Parallelamente, il cinema italiano lo accolse a braccia aperte: Fellini lo volle in Tre passi nel delirio (1968), Pasolini lo rese enigmatico e magnetico in Teorema (1968), Nelo Risi lo guidò in Una stagione all’inferno (1971), Giuseppe Patroni Griffi lo rese protagonista in Divina Creatura (1975). In quegli anni Terence Stamp era ovunque: sulle riviste, nei salotti, nei set più prestigiosi. Un uomo capace di unire bellezza aristocratica, eleganza naturale e un talento che pochi avrebbero più dimenticato.

A metà degli anni Settanta scelse l’India e la meditazione, lasciando il mondo del cinema e anche quello mondano. Una fuga che lo rese ancora più enigmatico, quasi una figura sospesa tra mito e leggenda. Tornò con potenza nel 1978 interpretando il crudele Generale Zod in Superman di Richard Donner, ruolo che riprese in Superman II (1980). Da quel momento la sua carriera si fece più selettiva: meno film, ma più intensi, spesso nei panni dell’antagonista. Indimenticabile la sua trasformazione in drag queen in Priscilla, la regina del deserto (1994), coraggiosa e poetica, che lo rese icona anche di una nuova generazione e aprì a Stamp una seconda vita artistica.

Non smise mai di sorprendere: apparve in The Limey (1999) di Steven Soderbergh, in cui offrì un ritratto dolente e magnetico di vendetta e redenzione, e nel suo ultimo lavoro, Ultima notte a Soho (2021) di Edgar Wright, dimostrò ancora una volta che il tempo non aveva scalfito né il suo talento né il suo carisma.

«Stamp aveva un dono raro: trasformava la fragilità in potenza scenica», disse PasoliniEdgar Wright lo ha definito «una leggenda capace di attraversare il tempo senza mai invecchiare davvero».

Le donne di Terence Stamp

Non solo grande attore: Terence Stamp fu anche uno dei seduttori più affascinanti della sua epoca. Il suo carisma e la sua bellezza aristocratica fecero innamorare dive, modelle e muse del cinema.

  • Julie Christie – attrice simbolo degli anni Sessanta, con lei visse una delle sue relazioni più note e passionali.
  • Jean Shrimpton – la supermodella più iconica della Swinging London, con cui formò una delle coppie più fotografate del decennio.
  • Brigitte Bardot – la diva francese, che trovò in Stamp un compagno affascinante e misterioso.
  • Ursula Andress – la prima Bond Girl, conquistata dal suo fascino magnetico.
  • Jacqueline Bisset – attrice elegante e raffinata, legata a Stamp da una breve ma intensa storia.
  • Le sorelle Loren – si parlò di flirt con Sophia e Maria, mai confermati ma sempre al centro delle cronache rosa.

Ovunque andasse, Stamp portava con sé quell’aura di bellezza e pericolo che lo rese non solo un attore indimenticabile, ma anche un mito di fascino maschile.

La sua vita è stata un romanzo fatto di cinema, passioni, fughe e ritorni. Non inseguiva la celebrità, ma l’autenticità. Non cercava ruoli comodi, ma personaggi che restassero nel cuore. Oggi, con la sua scomparsa, resta un vuoto profondo.

Ma resta anche la certezza che Terence Stamp abbia già conquistato il suo posto in quel pantheon ideale dove i grandi del cinema continuano a vivere.

Il paradiso, per lui, oggi non poteva che essere spalancato.

Epigrafe finale

“Terence Stamp
Attore, seduttore, uomo libero.
Il suo fascino non muore,
la sua arte non svanisce.”
Ideata da Italo Nostromo

Carlo Di Stanislao

Fattitaliani

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