Due pesi e due misure: Sala corre per il Leoncavallo ma abbandona 1400 cittadini onesti

 

wikipedia

"La giustizia non consiste nell'essere neutrale tra il giusto e l'ingiusto, ma nello scoprire da che parte sta il giusto e prenderne parte." Theodore Roosevelt

Introduzione: il paradosso milanese

Milano ama definirsi la capitale morale d’Italia, la città che traina il Paese e detta le regole del futuro. Ma la realtà che emerge dall’ennesimo scandalo amministrativo racconta una storia molto diversa, fatta di ingiustizie, di doppi standard, di cittadini di serie A e di cittadini di serie B.

Da un lato, il sindaco Giuseppe Sala si muove con una velocità sorprendente per garantire una sistemazione agli sfollati del Leoncavallo, storico centro sociale milanese. In poche ore, vengono trovate soluzioni, spazi alternativi, contatti, persino ipotesi di mediazione.

Dall’altro lato, ci sono 1.400 cittadini che hanno fatto ciò che ogni istituzione chiede loro: hanno seguito le regole, hanno acquistato case nuove con regolari contratti, hanno acceso mutui, hanno versato risparmi e fiducia nelle mani delle istituzioni. Eppure, da mesi e mesi, non riescono a entrare nelle loro abitazioni. Gli appartamenti restano chiusi, i cantieri bloccati, i sogni congelati.

La disparità è brutale: chi infrange le regole riceve attenzione immediata, chi le rispetta viene dimenticato.

La velocità miracolosa per il Leoncavallo

La storia è nota: il Leoncavallo è un simbolo della Milano alternativa, un luogo che dagli anni ’70 incarna la resistenza dei centri sociali, tra concerti, attività culturali, autogestione e, inevitabilmente, occupazioni abusive. Ogni sindaco ha dovuto fare i conti con questa realtà. Sala non fa eccezione, e come i suoi predecessori sceglie la via più semplice: evitare scontri, garantire soluzioni, concedere legittimità politica a chi vive da decenni ai margini della legalità.

In poche ore, dopo l’ennesimo sgombero, Palazzo Marino si è mobilitato. Assessori, dirigenti comunali, persino uffici regionali hanno trovato alternative. È bastato un colpo di telefono, qualche tavolo tecnico, un paio di incontri. Quando la politica vuole, sa essere rapida come il fulmine.

La domanda allora è inevitabile: perché la stessa velocità non si applica a chi ha fatto tutto per bene? Forse perché il Leoncavallo porta con sé un capitale politico e simbolico che nessun sindaco progressista vuole perdere? Forse perché è più facile occuparsi degli “occupanti storici” che di cittadini normali e arrabbiati, i cui volti non finiscono sulle prime pagine dei giornali?

Le 1400 famiglie dimenticate

Dietro il numero freddo “1.400” ci sono volti, nomi, storie. Ci sono giovani coppie che hanno deciso di mettere radici a Milano, spesso accendendo mutui ventennali che li legheranno per la vita. Ci sono anziani che hanno venduto la casa di una vita per trasferirsi in un appartamento nuovo, moderno, vicino ai servizi. Ci sono lavoratori che hanno fatto sacrifici enormi, tagliando spese e rinunce, pur di investire in una casa.

Oggi, però, queste famiglie vivono nell’assurdo: pagano mutui per case che non hanno mai visto, sostengono affitti per case che non possono lasciare, rinviano matrimoni e nascite perché la nuova abitazione non esiste ancora. Ogni mese è una ferita economica e morale. Ogni giorno di silenzio istituzionale è un colpo alla fiducia nella città.

Molti di questi appartamenti si trovano in zone di sviluppo urbano come Cascina Merlata, Santa Giulia, e altre aree riqualificate in cui il Comune ha investito per attrarre investitori e famiglie. Grandi progetti, presentati con fanfare mediatiche, con rendering accattivanti e promesse di “Milano europea”. Ma la realtà è ben diversa: cantieri bloccati, permessi edilizi incompleti, responsabilità scaricate da un ufficio all’altro.

La politica a due velocità

Il problema non è tecnico, è politico. Sala sceglie di muoversi con due velocità.

  • Per i centri sociali come il Leoncavallo, velocità supersonica: soluzioni rapide, disponibilità immediata, mediazioni a ogni costo.
  • Per i cittadini onesti, lentezza esasperante: promesse, comunicati vaghi, rimpalli burocratici.

Questa è la Milano di Sala: chi alza la voce e occupa, ottiene. Chi rispetta la legge, aspetta.

Ed è un messaggio devastante. Perché mina alla base il patto sociale: se le regole non servono a nulla, se la legalità non garantisce tutela, allora cosa resta? Resta la rabbia, resta la sfiducia, resta la tentazione di abbandonare il rispetto delle norme per farsi sentire.

Il mito della capitale morale in frantumi

Milano ama chiamarsi capitale morale. Ma quale capitale morale dimentica 1.400 famiglie e corre in soccorso di chi occupa abusivamente? Quale capitale morale lascia cittadini onesti a pagare mutui e affitti senza poter vivere nelle case che hanno acquistato?

La verità è che Milano, oggi, è la capitale del doppio standard. Da un lato, vetrine scintillanti, eventi internazionali, Expo, Olimpiadi, design week. Dall’altro lato, famiglie dimenticate, cantieri fermi, promesse non mantenute. È una città che funziona solo per chi serve all’immagine politica, non per chi ogni giorno lavora e paga le tasse.

La responsabilità politica di Sala

Il sindaco ama presentarsi come manager, come amministratore moderno, come uomo delle soluzioni pratiche. Ma qui non ci sono soluzioni. Ci sono solo ritardi, omissioni e silenzi. Sala scarica la colpa su Regione Lombardia, sui costruttori, sui tempi burocratici. Ma un sindaco che vuole davvero governare non si nasconde dietro le scuse. Fa pressione, impone tempi, si assume la responsabilità di difendere i cittadini.

Non può dire “non dipende da me”. Dipende eccome da lui, dalla sua volontà politica, dalla sua capacità di imporre il rispetto dei diritti. Un sindaco non è un notaio che registra ciò che accade. È un leader che interviene, che decide, che protegge i più deboli.

La sindrome da Batman sui social

C’è un altro aspetto che rende questa vicenda ancora più amara. Mentre 1.400 famiglie restano senza casa, il sindaco Sala trova il tempo di girare video per i social, presentandosi come una sorta di Batman di Palazzo Marino, pronto a correre in bici, a fare jogging per le strade di Milano, a mostrarsi come il custode notturno della città. Una narrazione costruita con cura, che lo ritrae come il sindaco presente, moderno, attento all’immagine.

Peccato che, dietro quella maschera da supereroe dei social, ci siano cittadini reali che non hanno più fiducia. Perché un sindaco non deve essere un influencer, ma un amministratore. Non serve mostrarsi come Batman se poi, nella realtà, non si riesce a garantire a 1.400 famiglie il diritto elementare di entrare nella propria casa.

I cittadini non hanno bisogno di un sindaco “da video”, ma di un sindaco che sappia sporcarsi le mani, affrontare i dossier difficili, costringere i costruttori inadempienti a rispettare i contratti, ridurre la burocrazia che paralizza i cantieri.

Milano non ha bisogno di Batman. Milano ha bisogno di giustizia.

L’ipocrisia delle priorità sociali

Sala e la sua giunta amano parlare di emergenza abitativa, di inclusione, di solidarietà. Ma allora la domanda è inevitabile: chi merita davvero priorità oggi?

Sono più fragili gli occupanti del Leoncavallo, che da decenni sanno di avere la protezione politica di una parte della sinistra milanese? O lo sono le 1.400 famiglie che rischiano di finire rovinate da mutui e affitti?

La risposta dovrebbe essere scontata. Eppure l’amministrazione sceglie sempre di voltarsi dall’altra parte.

Il segnale devastante ai cittadini

Il segnale che arriva è chiaro e devastante: a Milano conviene infrangere le regole. Se occupi, hai tutela e soluzioni. Se compri una casa con un mutuo, resti in attesa. Se protesti con cartelli e cortei, il sindaco corre al tavolo. Se scrivi lettere e segui le vie legali, il Comune ti ignora.

È un messaggio che scava un solco profondo tra cittadini e istituzioni. Un solco che alimenta rabbia e rancore, che trasforma la frustrazione in sfiducia politica.

Conclusione: la vera emergenza di Milano

Oggi la vera emergenza non è il futuro del Leoncavallo. È il futuro di 1.400 famiglie dimenticate, che ogni giorno si svegliano pagando mutui per case che non hanno. È la crisi di fiducia tra cittadini e istituzioni, che sta logorando Milano. È il doppio standard che tradisce la legalità e premia chi vive al margine delle regole.

Se Giuseppe Sala vuole davvero essere ricordato come un sindaco e non come un amministratore pavido, deve cambiare rotta. Deve invertire le priorità. Deve dare risposte concrete, non interviste patinate. Deve difendere i cittadini onesti prima di tutto.

Perché una città che protegge chi occupa e abbandona chi compra non è una capitale morale. È solo la capitale dell’ingiustizia.

Carlo Di Stanislao

Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top