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Stefano Brovetto |
Il tour si chiama L’Ultima Notte Rosa e ha un peso emotivo preciso: quello dell’addio alle scene live. Ma Tozzi non è apparso affaticato o nostalgico: è salito sul palco con una presenza solida, con una voce sorprendentemente in forma, capace ancora di reggere l’urto del tempo. I suoi acuti erano lì, la timbrica calda, la resa vocale emotiva e controllata - come se in quelle note ci fosse tutta la sua storia, ma anche tutta la sua voglia di raccontarla ancora una volta.
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Cosimo Buccolieri |
Il pubblico ha risposto con un entusiasmo che raramente si vede in uno show di addio. Ogni brano era un tuffo nel cuore. La folla non cantava insieme a lui: lo accompagnava, lo avvolgeva. In alcuni momenti sembrava quasi che fosse Tozzi a seguire la gente, più che il contrario. Tu, Ti amo, Stella stai, Gli altri siamo noi, Io camminerò … non erano solo hit: erano madeleine sonore che riportavano tutti, indistintamente, a un tempo in cui bastava una canzone per sentirsi vivi.
Ma è stato Dimentica dimentica a cambiare il tono della serata. Quando Tozzi si è seduto al pianoforte, l’atmosfera si è fatta intima, quasi sacra. Luci soffuse, il pubblico ammutolito, la voce che scivolava tra i tasti come se cercasse qualcosa di perduto. È stato uno dei momenti più alti dell’intero concerto. Una confessione, più che un’esibizione. Un frammento di verità emotiva, condivisa in silenzio.
La band che lo accompagnava merita una menzione a parte. Musicisti di grande livello, capaci di restituire l’energia degli arrangiamenti originali con gusto e modernità. Niente suoni plastificati, nessuna nostalgia fine a sé stessa: solo grande mestiere, cuore e rispetto per il repertorio. Ogni passaggio era calibrato, ogni crescendo ben costruito.
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Cosimo Buccolieri |
E proprio quando si pensava che il concerto avesse già dato tutto, sono arrivate le prime note di Gloria. È stato il momento in cui l’arena si è letteralmente trasformata. La gente in piedi, le mani al cielo, la voce di tutti a fondersi con quella di Tozzi in un’unica onda. Nessuna canzone italiana degli anni ’80 ha saputo attraversare il mondo con la stessa forza. Nessuna, ieri sera, ha saputo rappresentare così bene il senso di chiusura e di festa allo stesso tempo.
Tozzi non ha salutato con retorica, né con parole superflue. Ha lasciato parlare la musica. E in quel linguaggio universale, Agrigento ha risposto con gratitudine, con gioia e con la consapevolezza di vivere l’ultima pagina di un libro che non verrà più scritto, ma che potrà essere riletto all’infinito.
Una notte rosa, sì. Ma anche una notte luminosa, potente. Indimenticabile.